Regia di Ferdinando Maria Poggioli vedi scheda film
Un pittore sposa una donna la cui famiglia è avversa a tale relazione; l’uomo nel corso di una lite uccide il cognato e finisce in carcere. Evade dopo qualche anno, ma la moglie si è ormai rifatta una vita e ha anche una bambina; al pittore non rimane che farla finita.
Per quanto l’origine teatrale del testo – un dramma di Paolo Giacometti – sia abbastanza comprensibile, il lavoro di sceneggiatura del tandem composto da Cesare Morgante e Vincenzo Talarico non è affatto disprezzabile, anzi; La morte civile (quarta versione per lo schermo dell’opera, prima nell’epoca del sonoro) è un melodrammone dalle forti tinte psicologiche, che scava a fondo nei personaggi e ne restituisce impietosamente le miserie agli spettatori, senza fare sconti o mostrare simpatie particolari. La morale è comunque semplice, nulla di tanto arzigogolato, e l’intreccio di un nero disperato, unito all’ambientazione in terra italiana, non dev’essere stato granché gradito alla censura di regime, dato che il film non risultò visibile fino al 1944, due anni dopo essere stato ultimato. In genere questo tipo di opere dagli argomenti spinosi e prive di speranza venivano traslate in Ungheria; gli autori hanno insistito per la fedeltà rispetto al testo di origine e questa è stata l’inevitabile conseguenza. Fernando Maria Poggioli è stato un regista dalla buona versatilità, con esperienze anche come montatore; qui compie il suo dovere senza strafare e confeziona con la fotografia di Carlo Montuori e il montaggio di Mario Serandrei un prodotto popolare di dignitosissimo livello. Tra gli attori a sua disposizione: Carlo Ninchi, Renato Cialente, Dina Sassoli, Greta Gonda, Tina Lattanzi, Elio Steiner, Vittorio Sanipoli e Achille Majeroni. 4/10.
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