Regia di Florestano Vancini vedi scheda film
All’approssimarsi delle truppe garibaldine, nel villaggio siciliano di Bronte si scatena la rivolta dei contadini, che fanno strage dei possidenti; poi arriva Nino Bixio, che ristabilisce l’ordine con processi sommari ed esecuzioni. Il film, un po’ didascalico (in particolare si poteva evitare il fastidioso sottotitolo wertmülleriano) ma solido, ricostruisce una storia vera basandosi su una documentazione rigorosa: le fonti giudiziarie e memorialistiche vengono puntigliosamente elencate nei titoli di coda (dove però non compare la novella di Verga Libertà, che ne è la versione più celebre, esclusa forse proprio per il suo carattere letterario). Il risultato è una parabola gattopardesca dagli umori sessantottini, dove circola un’indiscutibile comprensione per i compagni che sbagliano: la prima scena, che mostra la terribile punizione del futuro capopolo reo soltanto di aver raccolto un po’ di legna, giustifica la sua successiva vendetta. Garibaldi, mai visto ma evocato continuamente, viene presentato quasi come un fantoccio degli inglesi; l’eroe è sicuramente don Nicola Lombardo, liberale e riformista che aveva partecipato ai moti antiborbonici del 1848, cerca di arginare la violenza ma finisce per diventare il capro espiatorio. I dialoghi fra notabili risentono probabilmente della collaborazione di Sciascia alla sceneggiatura; le scene d’azione, invece, sembrano appartenere a uno spaghetti western (genere non disdegnato da Vancini, che ne aveva diretto uno con lo pseudonimo Stan Vance): impressione accentuata dalle musiche simil morriconiane.
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