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Il nascondiglio del diavolo - The Cave

Regia di Bruce Hunt vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Il nascondiglio del diavolo - The Cave

di FABIO1971
4 stelle

Tra le profondità delle oltre 12000 caverne e grotte della Romania già alla fine degli anni Ottanta vennero scoperte nuove microecologie, caratterizzate da numerose e stravaganti specie animali, per cui, secondo il consulente scientifico del film, il dottor Christi Lascu, speleologo di fama internazionale nonchè editore della versione rumena del National Geographic, appare plausibile quanto i due sceneggiatori di Il nascondiglio del diavolo (Michael Steinberg e Tegan West) hanno previsto nel loro script: ovvero che un'equipe di speleologi e biologi si avventuri negli abissi di un sistema di grotte, scoperto decenni prima durante una spedizione di scienziati in una foresta dei Carpazi, e vi rinvenga feroci e terrificanti creature anfibie che si accaniscono contro di loro in una disperata lotta per la sopravvivenza. L'ammiccamento al diavolo è soltanto una forzatura del titolo italiano, per il resto ci troviamo nei territori abbondantemente sfruttati dell'horror claustrofobico: diretto dall'esordiente Bruce Hunt (già regista della seconda unità per Matrix) pescando a piene mani dalle suggestioni più terrificanti dell'ottimo The Descent - Discesa nella tenebre di Neil Marshall, il film perde anzi tutto il confronto con il modello ispiratore, di cui imita fiaccamente sviluppi drammaturgici e spaventi senza però riuscire a riproporne la suspense e la tensione insostenibile che lo percorreva. Poi annacqua le poche idee efficaci del copione sminuendo le pretese fanta-biologiche iniziali fino a ridurle esclusivamente ad un trito gioco al massacro, banalizzando, tra l'altro, il tripudio degli effetti speciali ed il lavoro degli stuntmen con frequenti inverosimiglianze ed insistenti errori di continuity (tipo i personaggi che parlano liberamente con l'erogatore dell'ossigeno in bocca). Spiccano, comunque, nella fiacchezza e nella prevedibilità dell'insieme, l'efficacia del prologo ed alcuni splendidi movimenti elettronici della colonna sonora curata da Reinhold Heil e Johnny Klimek. Il resto, nonostante il colpo di scena dell'epilogo prefiguri un sequel, rasenta, nel suo complesso, la noia.

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