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La guerra dei mondi

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su La guerra dei mondi

di champagne1
7 stelle

La versione di Spielberg dell'omonimo romanzo di Wells è tutta incentrata su Ray, operaio portuale con la sindrome di Peter Pan, che – divorziato dalla moglie – riceve per il weekend i figli con cui ha un rapporto più da amicone che da padre. Ma sarà proprio in quel weekend che i “Tripodi” decideranno di invadere il mondo ….

 

 

Questa è la terza pellicola del regista sul tema dell'incontro con gli alieni, che però stavolta sono i “cattivi”.

La difficoltà di Spielberg che aveva potuto conoscere da ragazzo sia la trasposizione radiofonica (con Orson Welles) che quella cinematografica (di George Pal) del racconto originario di fine '800 di H. G. Wells, era quella di rendere la spaventosità della storia che – come dimostrano le cronache del tempo – aveva creato il panico collettivo di per se stesso, addirittura nel radiodramma andato in onda nel 1938. Giocando quindi su un uso parco degli effetti speciali, peraltro con scarso contenuto di computer-grafica, e sullo stratagemma narrativo di potenti fulmini che disattivano tutti gli apparecchi elettronici ed elettromeccanici, tra cui orologi e autovetture, lo scenario in cui si muovono i protagonisti assomiglia molto alla società senza tecnologia del secolo precedente.

Prendendosi non poche licenze sulla trama, si cerca di non cadere negli stereotipi di genere (a partire dall'evitare la classica invasione aliena con sfoggio di dischi volanti o altri tipi di astronavi), pur rimanendo fedeli a certi elementi del racconto (i tripodi altissimi, le macchine belliche, ..). Spielberg  introduce modernamente  aspetti della società post-apocalittica, mostrando storie di solidarietà accanto quelle di lotta per la sopravvivenza, e genera un ritmo abbastanza sostenuto per tutta la durata del film.

 

 

L'elemento umano della storia si basa sulla metamorfosi di Ray, in termini di presa di consapevolezza delle responsabilità genitoriali, ed è ben recitato da Tom Cruise, attore che con Spielberg aveva già lavorato in Minority Report.

Al suo personaggio si oppone di contrasto quello complesso e adultizzato della figlia, interpretata da Dakota Fanning (all’epoca undicenne anche se non all'esordio), ma che grazie alla bella performance e a cotanto trampolino lancerà la sua carriera attoriale ad una pronta ascesa.

 

 

 

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