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The Longest Nite

Regia di Patrick Yau vedi scheda film

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La recensione su The Longest Nite

di maurizio73
7 stelle

L'accordo tra due boss emergenti della Triade di Macau rischia di danneggiare gli interessi e l'influenza di un anziano leader ormai apparentemente fuori dai giochi. L'intraprendente e corrotto detective Sam, al soldo di uno dei primi due, capirà troppo tardi ed a sue spese che l'arrivo di un misterioso ed irreprensibile killer appena sbarcato sull'isola rappresenta l'inizio della fine di un consolidato ed immutabile sistema di potere.

 

locandina

The Longest Nite (1997): locandina

 

Accreditato al giovane Patrick Yau, ma diretto nella sostanza dal suo maestro e mentore Johnnie To, rappresenta uno degli esiti più felici del nuovo corso della New Wave honkongese sotto l'egida della rinomata casa Milkway, fondata solo un paio di anni prima dallo stesso To insieme al fidato Wai Ka-fai. Action-noir dai toni cupi e dalla claustrofobica ambientazione nella baia di Hong Kong, questo piccolo saggio sulla mefistofelica ineffabilità del potere rappresenta una efficace contaminazione tra l'estetica più classica del poliziesco cantonese con le istanze di un irriducibile nichilismo di ispirazione melvilliana, riproducendo un microcosmo di ambizione e cupidigia dove le pedine del gioco non hanno fatto i conti con le oscure trame e con le insinuanti macchinazioni di chi muove veramente i pezzi sulla scacchiera. Dietro le ingannevoli apparenze di un gioco delle parti in cui le normali relazioni di subordinazione assecondano il mantenimento dello status quo (con tanto di prembolo iniziale votato alla civetteria di una sceneggiatura apparentemente banale), emerge con prepotenza la frammentazione di un linguaggio filmico che, tra virtuosismi di macchina ed incastri di montaggio, finisce per condurci al di fuori delle normali regole del gioco, in una zona grigia governata da forze che nessuno sembra in grado di contrastare o comprendere fino in fondo e che attendono gli impassibili protagonisti nel cerchio rosso di un inevitabile rendez-vous di morte.
Non privo di un'artigianale ridondanza della costruzione narrativa insita nella sua natura di genere, il film di To procede nell'accumulo di una tensione emotiva che sembra iscritta nel volto e nelle movenze del suo straordinario e contraddittorio protagonista, in una ricerca della verità che si sposta sul filo del rasoio di uno spartiacque etico che confonde la legge con il profitto, il poliziotto col criminale, la vittima con il carnefice, incurante fino alla fine dell'implacabile dominio di una manipolazione del potere che farà calare su vincitori e sui vinti il suo inevitabile sipario. Se l'intuzione alla base di questa etero-direzione del processo narrativo non è certo nuova (Melville docet), con lo scrittore che sembra ritrovare nell'alter ego di una luciferina ed incanutita presenza in Changshan cremisi la sua ineffabile incarnazione, il film di To riesce a calarne l'essenza nella pittoresca singolarità dell'ambientazione cantonese, tra colorate architetture coloniali e sfavillanti grattacieli del vizio, conducendo la singolar tenzone tra comprimari quale scontro tra subalterni per cui non ci può essere nessun vincitore, tranne che per il Deus ex Machina che gli ha messo la pistole in mano e gli ha ordinato di fare fuoco, in uno scontro finale che sembra frammentarne l'identità e confonderne i ruoli, nell'ultimo viaggio di una fuga senza speranza e di un destito già scritto all'approdo dell'imbarcadero. Protagonisti all'altezza dell'ambizione di un film che mantiene un'identità forte e duratura, tra la maschera sorniona e disillusa del killer di Lau Ching Wan e la romantica disperazione di un insuperabile Tony Leung. Riconoscimento di valore per la Hong Kong Film Critics Society Awards e cinque nomination agli Hong Kong Film Awards 1999.

 

"Che peccato, quest'uomo era veramente qualcuno. Una persona può essere intelligente, ma non può essere più intelligente degli altri."

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