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Allucinazione perversa

Regia di Adrian Lyne vedi scheda film

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La recensione su Allucinazione perversa

di Gangs 87
7 stelle

Jacob Singer è un reduce della guerra del Vietnam. Come molti di coloro che sono rientrati da quell’atroce combattimento ha diverse turbe mentali che si manifestano attraverso allucinazioni e flashback che lo riportano in mezzo alla battaglia nella quale fu gravemente ferito. La sua situazione peggiora fino ad arrivare a mettere in discussione la realtà che lo circonda.

 

Adrian Lyne inizia il racconto partendo dalla causa scatenante delle visioni assurde che Jacob manifesta, il gravissimo ferimento all’addome durante la guerra del Vietnam che costrinse il soldato a tornare a casa, e che sballottano lo spettatore tra proiezioni di vita passata, quando l’uomo viveva con la moglie e i suoi tre figli, e cronaca della vita presente in cui l’uomo ha lasciato la moglie, dopo la tragica e prematura scomparsa di uno dei bambini, e convive con una giovane collega, ancora affranto dalla frantumazione della sua amata famiglia e sempre perseguitato dagli eventi bellicosi a cui a preso parte ma di cui ha un ricordo frammentario.

 

Singer è interpretato in modo convincente da un giovane Tim Robbins, nella fase ascendente della sua carriera, che ben suggella i due stati mentali del protagonista che se inizialmente sembra vittima di una depressione post-bellica dopo si scopre manipolato dall’esercito americano che sembra intenzionato a celare ciò che è accaduto realmente nella circostanza del suo ferimento: la sperimentazione di droghe in grado di alterare la percezione umana per aumentarne l’aggressività.

 

Il regista britannico alla sua quarta pellicola, crea un labirinto di situazioni reali ed immaginarie che confondono ma da subito catturano lo spettatore e si sciolgono solo nel finale che, seppur ad un certo punto diviene percepibile, solo negli ultimi minuti viene palesemente esplicato. Dopo tre film di successo l’impressione è quella che abbia sentito il bisogno di osare e lo abbia fatto raccontando una delle guerre più rappresentate al cinema in quel periodo, riducendola ad un solo punto di vista che spazia tra l’introspezione e la realtà complottista provata ma da sempre negata.

 

Una pellicola ben girata che si dilunga troppo nel finale anche quando ormai ci ha già svelato tutto ciò che è accaduto; non era necessario allungare il brodo ad un film ben costruito ma all’epoca andava di moda e mi sento di perdonare a Lyne quei minuti in più considerando il buon lavoro fatto in precedenza.

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