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Il segreto di Vera Drake

Regia di Mike Leigh vedi scheda film

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La recensione su Il segreto di Vera Drake

di FilmTv Rivista
8 stelle

Meticoloso, gentile, accorato: tre aggettivi che si adattano contemporaneamente allo stile della regia di Mike Leigh e alle caratteristiche psicologiche della sua nuova protagonista, Vera Drake, piccola inglese di mezza età, con mani piccolissime (come racconta una delle sue “pazienti”) e una dedizione infinita nell’accudire famiglia e vicini di casa, parenti e ragazze nei guai. Della storia di Vera Drake, vincitore del Leone d’oro e della Coppa Volpi per Imelda Staunton all’ultima Mostra di Venezia, si sa già tutto: nel 1950, a Londra, una quieta casalinga, nel poco tempo libero che le resta dal lavoro di domestica e dalle incombenze familiari, pratica aborti senza chiedere denaro; un giorno, una ragazza finisce in ospedale per un’infezione, e Vera viene identificata e arrestata. In realtà, quello che conta è come Mike Leigh racconta questa storia, cioè come una storia qualunque, senza nulla di eccezionale, e, al tempo stesso, una storia resa assolutamente speciale dai suoi protagonisti. Da sempre, questa è la grande abilità dell’autore inglese: la capacità di scavare tra le pieghe più “normali” della società, diseredati ma non troppo, proletari e piccolo borghesi dalle spalle incurvate, nuovi ricchi petulanti e vecchi ricchi arroganti, parrucchiere, postini, fotografi, casalinghe, tassisti, cassiere, tutta quella gente il cui volto non rimane impresso nella memoria quando vi passa accanto, e di tirarne fuori l’unicità. I protagonisti di Mike Leigh sono bruttini anche quando sono belli (le ragazze di Naked e di Ragazze, le donne di Bleak Moments e di Dolce è la vita) e sono teneri fino alla bellezza anche quando sono obesi (gli adolescenti di Tutto o niente), sciattoni (il loro padre, la protagonista di Segreti e bugie), goffi e insignificanti (le famiglie di Belle speranze e dell’ultimo film). Qui, la piccola Inghilterra del dopoguerra, quella grigiastra e un po’ insaccata, tutta tazze di tè e preziosi pacchetti di zucchero eccedenti il razionamento, si accende della faticosa luminosità della solidarietà, di un buonumore strappato alla pioggia e ai disagi e di un buon senso che strappa al destino incontri felici (la figlia di Vera e il vicino altrettanto impacciato che diventerà il suo fidanzato). Leigh inquadra gesti, interni, volti con l’affetto di un osservatore asciutto ma non estraneo, sfugge la retorica e il buonismo, registra esitazioni ed espressioni e, tessendo la sua lucida “cronaca”, ci offre un preciso giudizio morale, nel quale un’intonazione della voce, uno sguardo, un’affettazione denotano baratri di classe e di genere, nel quale la violenza e il potere regolano il mondo sotto la sua superficie. Mai platealmente “politico”, mai paternalistico, Mike Leigh rischia di essere uno dei pochi cantori superstiti di una “pietà” in via di estinzione

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2004

Autore: Emanuela Martini

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