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Semaforo rosso

Regia di Mario Bava, Lamberto Bava vedi scheda film

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La recensione su Semaforo rosso

di cheftony
8 stelle

"Trentadue, sta' a sentire: ammazzeresti anche dei bambini per salvarti la pelle? Eh?"
"Certo che lo farei! Ci puoi scommettere! Che cazzo di domande fai?!"
"Ahahahahahah!"
"Non vi serve ammazzarci."
"Hai ragione. Ci potrete essere molto più utili...da vivi."

Rapina fulminea e violentissima ad un furgone portavalori diretto verso un'industria farmaceutica: i quattro delinquenti cercano di aprirsi un varco durante la fuga in automobile, ma la morte di uno di loro per mano della polizia complica i piani; i tre superstiti, ossia il violento psicopatico Bisturi (Don Backy), l'esaltato e perverso Trentadue (Luigi Montefiori) e il saggio e deciso capo Dottore (Maurice Poli) si rifugiano in un parcheggio sotterraneo, dove prima Bisturi sgozza a sangue freddo un ostaggio per poi portare via una ragazza, Maria (Lea Krueger), ed infilarsi a causa di un semaforo rosso nella macchina del malcapitato signore di mezza età Riccardo (Riccardo Cucciolla), rendendosi conto solo all'ultimo della presenza del suo figlioletto piccolo e gravemente malato sui sedili posteriori.
Ha così inizio uno scioccante sequestro di persona nell'angusto abitacolo di una Opel dirottata verso l'autostrada, durante il quale provocazioni, minacce e soprusi metteranno a dura prova i nervi dei disgraziati ma anche gli equilibri interni alla banda di malviventi...

Film dal destino assai ingeneroso, questo "Cani arrabbiati", titolo di lavorazione e una delle ultime opere del grande Mario Bava: bloccato nel '74 a causa del fallimento della casa di produzione, ha visto la luce più di vent'anni dopo grazie proprio all'attrice Lea Krueger e al figlio e aiuto-regista Lamberto Bava, poi è stato trasmesso in televisione (col pessimo titolo "Semaforo rosso") ed è uscito in DVD solo negli ultimi anni, regalandoci una piccola gemma postuma da non trascurare.
Il maestro italiano dell'orrore gira qui un thriller on the road feroce e nichilista con qualche pizzico d'ironia, girato quasi sempre all'interno di una macchina con la cinepresa "costretta" ad angolature funamboliche e perfette, andando ad immergere lo spettatore stesso dentro una vettura in cui si respirano marciume, sangue, ripercussioni fisiche e psicologiche.
Passiamo in rassegna pregi e difetti, partendo dai (pochissimi) difetti: alcuni dialoghi sono molto "costruiti", non credibili, è sostanzialmente un B-movie girato con quattro soldi e la fotografia, stranamente curata solo in parte da Bava, sembra risentirne; va detto che forse il carattere grezzo e sporco del prodotto è dovuto ad un approccio realistico e lontano dall'eleganza formale solitamente ricercata da Bava e questo in tal senso aumenta l'efficacia del film.
Dovendo parlare dei pregi, credo non si finirebbe più: la regia è eccellente, così come l'ossessiva colonna sonora di Stelvio Cipriani, gli attori sono intensi con menzione particolare per il francese Maurice Poli e per un sorprendente Don Backy, allora celebre cantante melodico fuoriuscito dal Clan Celentano; inoltre i personaggi trovano tutti felicemente la propria peculiare delineazione in corso d'opera grazie alle suddette prove recitative ma soprattutto grazie ad una sceneggiatura, curata dagli sconosciuti Alessandro Parenzo e Cesare Frugoni, che prevede uno dei finali più bastardi ed inaspettati che abbia mai visto.
Un cazzotto nello stomaco, ma uno di quelli che ogni tanto fa piacere ricevere.

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