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Cantando dietro i paraventi

Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film

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La recensione su Cantando dietro i paraventi

di FilmTv Rivista
8 stelle

Ermano Olmi non finisce di stupire: infatti, chi si sarebbe aspettato, dopo il rigore austero e scarnificato di Il mestiere delle armi, la leggerezza colorata e intessuta di desiderio di questa fiaba piratesca? Cantando dietro i paraventi narra la storia della Vedova Ching, che per vendicare l’assassinio del marito divenne una temibile piratessa, una delle poche che aveva il coraggio di attaccare persino le navi sotto la protezione dell’imperatore. La racconta passando dal palcoscenico (e dalle alcove) di un piccolo teatro equivoco dove una compagnia mette in scena le avventure di celebri pirati ai luoghi dell’azione reale (o sognata), dove il maestro di cerimonie barbuto e fanfarone (uno straordinario Bud Spencer) cede il timone alla Vedova, esile e determinata. Il mare della Cina (che in realtà è un lago dell’Albania) si ricopre di navi e poi di aquiloni, ma quando la pioggia cade sull’acqua pare ancora di stare immersi in uno di quei paesaggi della bassa che tanto piacciono a Olmi. E questo è un motivo in più per provare tenerezza nei confronti di un film che di tenerezza e di rispetto è intessuto: rispetto per un mondo iconografico insolito (perché, sotto sotto, i sentimenti restano quelli di sempre: amore e guerra, sopraffazione e ribellione, desiderio di vendetta e bisogno di pace), al quale Olmi si avvicina con incuriosita meraviglia, e per una tempra di donna alla quale si inchinano anche il vecchio corsaro e l’imperatore; e tenerezza per personaggi che sembrano provenire dall’infanzia dell’umanità, con le loro cadenze omeriche e salgariane. E inaspettatamente, anche la sensualità trova un suo spazio (come spesso accade nelle fiabe, ma raramente in Olmi), non solo nel nudo perfetto dell’attrice che sulla scena interpreta la piratessa Mary Li, ma nei sogni, nei gesti e nel corpo ricoperto dalla cotta della Vedova, nella femminile eleganza con cui combatte, comanda e cede alle proposte di pace dell’imperatore. Come se Olmi tornasse all’infanzia, scoprisse il corpo femminile e, con esso, le possibilità di quiete e di riposo. Qualcosa che correva già tra le pieghe di Il mestiere delle armi, ma che veniva sopraffatto dalla ragion di stato e dalla disillusione maschile.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 44 del 2003

Autore: Emanuela Martini

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