Espandi menu
cerca
Il ribelle di Algeri

Regia di Alain Cavalier vedi scheda film

Recensioni

L'autore

hupp2000

hupp2000

Iscritto dal 15 settembre 2005 Vai al suo profilo
  • Seguaci 60
  • Post 6
  • Recensioni 654
  • Playlist 27
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il ribelle di Algeri

di hupp2000
8 stelle

Un Alain Delon "d'annata" che va assolutamente riscoperto!

Sapendo che “La battaglia di Algeri”, realizzato da Gillo Pontecorvo nel 1966, fu proibito in Francia fino al 1971, è facile immaginare l’effetto he suscitò nel ’64 l’uscita del film di Alain Cavalier. Si può addirittura dire che il regista pagò il prezzo della sua insolenza per il resto della sua più che rispettabile carriera. Anche per questo suo secondo lungometraggio, fu costretto dalla censura a numerosi tagli. La guerra d’Algeria resta infatti in sottofondo nel racconto del rapimento ad opera di membri dell’OAS di un donna avvocato giunta ad Algeri per difendere in un processo due soggetti accusati di atti terroristici. Uno dei sequestratori, disertore dall’esercito francese unitosi all’organizzazione filo-colonialista, ormai disilluso e desideroso unicamente di rimpatriare, favorisce la fuga dell’ostaggio. Nell’azione, viene gravemente ferito, ma affronta un lungo viaggio per raggiungere il Lussemburgo, dove vivono sua madre e un suo figlio di sette anni, che non vede da sei. Senza documenti e inseguito dai suoi ex-compagni intenzionati a vendicarsi del tradimento, troverà un aiuto insperato nella donna che aveva fatto fuggire, ma sarà troppo tardi. Finale tragico e molto triste, commentato da una colonna sonora struggente del Maestro Georges Delerue.

 

Ecco un film che va senza alcun dubbio riscoperto, per più di un motivo. In primo luogo, la convinta e serissima interpretazione di Alain Delon, reduce da “Il Gattopardo” dell’anno prima e nel pieno del decennio in cui ha dato il meglio di sé. Più che sulla sua smaccata bellezza, l’attore punta sulla sua capacità di dar vita ad un perdente che cerca un riscatto esistenziale, avendo compreso di aver sbagliato tutto. L’amore che dichiara - e forse prova - nei confronti della donna che ha aiutato e dalla quale si fa aiutare è un lumicino finale e impossibile alla fine di un percorso senza via d’uscita. Al suo fianco giganteggia una delle migliori e più affascinanti attrici del cinema italiano. Lea Massari illumina il film con un ruolo in cui calibra  a meraviglia quello della vittima impaurita e quello della donna di carattere. Il suo volto riempie lo schermo, la sua naturalezza e la sua espressività nel recitare ne fanno un gigante, troppo poco ricordato e spesso trascurato da registi e produttori.

 

Il film è rapido e appassionante, come ci si aspetta da un “polar”. Trascura forzatamente il taglio politico che forse ne avrebbe fatto un capolavoro. E’ ben fotografato in bianco e nero dal figlio d’arte Claude Renoir e, come ho già sottolineato, è accompagnato da una colonna sonora firmata da un Georges Delerue particolarmente ispirato.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati