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Povere creature!

Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film

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La recensione su Povere creature!

di EightAndHalf
6 stelle

Sulle stridule già iconiche note di scordati strumenti a corde sapientemente composti da Jerksin Fendrix si snocciola la storia grottesca e squilibrata di Bella Baxter, dello scienziato Godwin che le ha dato vita a partire da un cadavere di donna incinta (mettendole il cervello del feto nel cranio) e dei personaggi imprevedibili che Bella incontra durante il suo viaggio per il Mediterraneo. Portogallo, Egitto, Francia e di nuovo Inghilterra: è il proverbiale viaggio “per scoprire il mondo” come lo farebbero in un libro di Henry James ma è stavolta dovuto a una fuga e a una rivendicazione di libertà da parte di una Frankenstein spinta dal sesso e dalla sete di conoscenza, un’Emma Stone straripante a cui Lanthimos concede tutto il vetriolo che può.

2 ore e venti, il regista greco più ricercato degli ultimi anni, un cast stellare, tanto sesso: il film è la definitiva parodia degli approcci entomologici, cinici e sfibranti della New Wave greca, abbandonato a una brillantezza caricaturale che non fa sconti a nessuno. Oscillando spavaldo fra i desideri carnali e poi intellettuali di Bella - e di come si incontrano, nelle montagne russe divertentissime della sezione parigina - Poor Things è un’operazione chirurgica su come quegli stessi desideri siano osservati, manipolati e sconvolti da più sguardi maschili e patriarcali, tanto deformanti da sembrare il perenne motore propulsivo dei ricorrenti fish eye lanthimosiani. 

Il film è chiaramente polemico con queste stesse matrici scopiche, che decidono per Bella per quasi tutto il tempo cosa sia giusto e decente e cosa non lo sia. Ma il vero punto è proprio il percorso di riappropriazione di Bella, e dell’esilarante modo in cui pesca a caso fra le esperienze del suo viaggio in Europa per decidere della sua ideologia, delle sue convinzioni e della sua etica. Ne deriva una messa alla berlina trasversale di credenze, concetti e filosofie che hanno attraversato l’Ottocento - socialismo, romanticismo, positivismo e chi più ne ha più ne metta - per una satira pungente, felicemente sconnessa ma sparata a rotta di collo su scenografie folli degne di Terry Gilliam e costumi oltre il fantasy. Con condimento di alcuni cammei, fra cui Hanna Schygulla, che fanno saltare dalla sedia.

In compenso, è davvero la volta in cui Lanthimos ha abbandonato ogni gratuità al servizio di un focus centrale, su cui il film concentra ogni sua energia. La riflessione sullo sguardo e sulla sessualità che viene da Poor Things, seppur sconnessa, porta allo snodo centrale della libertà di Bella - di scegliere, di concedersi, di sbagliare - insistendo su questo punto con l’insistenza della didascalia. Anche e soprattutto nella parte finale, quando Lanthimos deve chiudere tutti i punti e quindi si ritrova costretto a caracollare pazzerello per altri buoni 40 minuti. Le conseguenze sul ritmo esistono, e derivano anche dal generale classico approccio lanthimosiano che piuttosto che svilupparsi dialetticamente fra le varie parti del film preferisce l’andazzo episodico, il singolo momento sbilenco e la singola battuta fulminante. Finché la satira e la parodia non sforano nella barzelletta intellettuale.

Con Poor Things davvero si ritrova un Lanthimos che come il Tim Burton di Mars Attacks! ha voglia di fare secche le aspettative dello spettatore con le cattiverie isteriche che si merita, sparando all’impazzata con un umorismo sardonico che non esclude la magia del fantastico. Peccato per quel passo arthouse che fa sempre singhiozzare e posare i più virtuosistici momenti di genio.

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