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Decalogo 8

Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film

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La recensione su Decalogo 8

di Aquilant
8 stelle

Squallore di muri scrostati dall’incalzare del tempo e due mani in primo piano. Un adulto ed un bambino in cammino verso un’ipotetica meta segnata dalla neve. Quindi un passaggio subitaneo nel verde con l’introduzione di Zofia, docente di filosofia morale, coprotagonista dell’episodio cardine dell'intera serie insieme ad Elzbieta, sua traduttrice americana. Ed il Decalogo 8 prende il via, rievocando in un’austera aula universitaria la situazione già descritta nel secondo episodio, nell’ambito di una ricerca seminariale su tematiche morali. Kieslowski sembra compiacersi di questi giochi di specchi fatti di sottili allusioni, di rimandi, di riproposizioni di soluzioni precedenti analizzate secondo differenti punti di vista.
L’analisi del tormentato passato di Elzbieta rievocato alla luce di un presente fatto di inevitabili e dolorosi confronti ripropone l’assillo determinato dalla volontà di non mentire di fronte a quel Dio che ci vieta di dire falsa testimonianza anche quando siamo al cospetto di una giusta causa. E’ possibile dunque essere misericordiosi col prossimo anche a costo di violare i dettami dei comandamenti divini, pur sapendo che la causa da noi perorata, legittima soltanto in apparenza, è in contrasto con i principi etici? E’ veramente possibile desistere per scrupoli di carattere morale dal tentativo di salvataggio di una bambina ebrea di sei anni a cui è richiesto come passaporto verso la salvezza solamente un certificato autenticato di battesimo?
Il drammatico confronto tra le due protagoniste è tutto intessuto sul filo di ricordi la cui rievocazione non manca inevitabilmente di provocare smarrimento ed afflizione. Rimembranze che fanno male, della stessa crudezza di una vivisezione di fatti legati ad un’obiezione di coscienza, riesumate con precisione chirurgica nella freddezza di un ambiente spietatamente impersonale.
Kieslowski divide l’umanità in due parti: quelli che possono salvare e quelli che possono essere salvati. La sua rigorosa dialettica attraversa sottilmente tutto il travagliato percorso esistenziale della vicenda. Ed è proprio dal catartico faccia a faccia tra le protagoniste che emerge un nuovo rapporto umano fatto di comprensione, chiarimenti, ravvicinamenti che sgombrando definitivamente il campo da malcelati equivoci e da pesi molto difficili da portare. Viene così restituito alla dignità umana il suo primitivo status naturale di innocenza, profondamente alterato da un pressante senso di obbedienza malamente interpretata, segno inequivocabile di una fuorviante interpretazione strettamente letterale ed univoca di un precetto inteso a disciplinare i rapporti di reciprocità tra gli esseri umani.








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