Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film
Ozu, maestro indiscusso del cinema orientale, con questo film affronta un discorso massimamente lucido sulla temporalità, allo stesso tempo individuale e storica, dell’esistenza, senza alcuna volontà intellettualistica. Il punto di forza del film è proprio quello di riuscire a condurre il pensiero ad una riflessione sulla vita, il tempo, la vecchiaia e la morte attraverso uno sguardo immanente, basato su delle verità non postulate, meramente teoreticistiche, bensì vissute, incarnate. Le verità che fungono da trampolino di lancio per la riflessione filosofica sono, in questa pellicola, radicate nell’esperienza esistenziale dei personaggi in quanto esseri umani; esse, pertanto, in qualche modo, si impongono come elementi pre-teorici della vita umana, verso i quali tutti i tentativi ermeneutici vengono recisi in partenza.
In questo scenario pre-riflessivo l’interpretazione viene a cadere, perché quelle verità risultano essere, in quanto pre-teoriche ed extra-linguistiche, incontrovertibili, costituendo, proprio per ciò, un a priori ontologico per ogni possibile lettura interpretante.
Ozu, pertanto, esplora il terreno realistico dell’esistenza umana, mettendo in scena diversi tipi esistenziali e rapportandoli proprio a quel terreno. Da questo rapporto sorgono i differenti valori morali dei personaggi(dal soddisfacimento egoistico dell’ambizione personale di Keizo e Shige fino ad arrivare al misticismo di Noriko), dai quali il cineasta giapponese prende le mosse per intraprendere un discorso morale sull’atteggiamento esistenziale che meglio permette un contatto armonico con quelle verità incontrovertibili della vita umana, esemplificato dal personaggio di Noriko.
Il risultato filmico è dunque quello di un’esplorazione della realtà attraverso una lente pre-filosofica; il tutto corredato da immagini fortemente immersive e da un respiro generale di carattere rituale e contemplativo.
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