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Convoy - Trincea d'asfalto

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su Convoy - Trincea d'asfalto

di scapigliato
8 stelle

Spassoso. Sam Peckinpah rifà il mito di "Pat Garrett and Billy the Kid" con spirito e nostalgia. Si ride, si teme, ci si diverterte e ci si commuove, si fa il tifo fino in fondo per Anatra di Gomma e soprattutto si gode del "on the road way of life" che ci fa sempre bene.
Siamo nel vecchio West e si vede. Solo che al posto dei pistoleros anarchici abbiamo dei camionisti incazzati, che invece di montare sui loro cavalli hanno grossi camion da scatenare sulle lunghe highway. Al posto dei saloon abbiamo le stazioni di servizio in cui poter trovare anche donne capaci di rallegrare per qualche minuto il vagabondo che arriva da lontano. E invece di di uno spietato sceriffo e dei suoi sgherri, abbiamo un patrolman con la stessa perfidia che si aiuta con altri poliziotti sparsi tra Arizona e Texas. Nonostante non ci siano spargimenti di sangue (e nell'unico momento in cui ci potevano stare si scherza con il ketchup), e l'elemento nostalgico e malinconico non sia prepotente come in altri film, "Convoy" riduce il tema della sfida e della causa ribelle in un percorso preciso: il famoso viaggio dell'eroe. Con i suoi incidenti, le sue svolte narrative, i luoghi e i volti che incontra strada facendo, i cattivi che s'aggiungono al villain principale a cui è destinato però il confronto finale, questo viaggio ci arriva dritto dritto al cuore. E non solo Kris Kristofferson è immenso e con un physique du role adatto, ma anche Borgnine e la bella Ali McGraw sono icone di un cinema che stava sparendo, e che oggi forse proprio non c'è più. Lo ricorda lo stesso Anatra di Gomma/Kristofferson al suo nemico giurato, quel perfido Dirty Lyle interpretato con ispirazione da Ernest Borgnine: "Siamo rimasti in pochi". Sono sì rivali e anarchici, anche se in due dimensioni diverse, Kristofferson in quella libera del vagabondo, e Borgnine in quella rigida e repressiva dell'ordine e delle istituzioni, ma hanno in comune questo tratto mitico di chi risponde alla propria etica, nel bene o nel male, e che adesso o non ce ne sono più, o ce ne sono solo pochi. Forse Junior Bonner si è fatto in due e diventa contemporaneamente Anatra di Gomma e Dirty Lyle, oppure Billy the Kid (che è poi lo stesso Kristofferson) si rispecchia e si proietta ai nostri giorni attraverso due personaggi in opposizione. O meglio ancora, lo stesso Peckinpah si divide in due e per ognuno dei suoi mostri tratteggia un codice immortale e universale che li staglia su tutti gli altri, quasi ad autorappresentarsi. Il Caprara infatti ipotizza come "Convoy", meglio di "The Osterman Weekend", sia il testamento cinematografico del vecchio Sam, che da artista ribelle gioca e scherza con il Mito perdente, romantico e maledetto che lui stesso ha ricodificato da "Sfida nell'Alta Sierra" in avanti. Lo sbatte su un elemento di indiscutibile modernità, le autostrade di cemento, e gli consegna un compito difficilissimo: ribellati e vai per la tua strada, ma stavolta cerca di portare a casa il culo.

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