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8mm. Delitto a luci rosse

Regia di Joel Schumacher vedi scheda film

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La recensione su 8mm. Delitto a luci rosse

di Eric Draven
4 stelle

 

8mm - Delitto a luci rosse del 1999. Venuto prima di Flawless del 2001.

 

Invero, se voleste e doveste andare a controllare su IMDb, ravviserete che questi due film di Joel Schumacher, secondo tale famosa enciclopedia cinematografica online, riportano come anno di produzione il 1999.

Falso. Flawless uscì da noi in sala nel 2001, almeno stando sempre al reportage, diciamo, cronologico di IMDb, mentre 8mm l’anno precedente rispetto al nuovo millennio.

Anche se sarebbe da appurare con esattezza la precisa data di release di entrambe le pellicole. Per sbadataggine, IMDb forse è stata approssimativa.

Se la memoria non mi tradisce, infatti, essendo il sottoscritto da sempre un fervido cinefilo mnemonicamente infallibile, mi ricordo con precisione chirurgica che il signor Nicolas Cage girò Al di là della vita di Scorsese ad Hell’s Kitchen negli stessi giorni in cui De Niro, con Schumacher, proprio nel celeberrimo, cupo e spesso criminoso quartiere newyorkese appena citatovi, spostandosi poi nelle location di Manhattan e del Bronx, interpretò il personaggio di Walt Koontz di Flawless.

Qui i conti dunque non tornano. Visto che Al di là della vita, sempre stando a IMDb, fu distribuito nei cinema italiani il 7 Gennaio del 2000.

Ecco, dopo questo lungo ma necessario preambolo, passiamo a 8mm.

Film unanimemente stroncato dalla Critica che, però, andò piuttosto bene al botteghino. Divenendo perfino un piccolo cult presso i suoi immediati seguaci. Che lo sopravvalutarono a torto. Come spiegheremo nelle righe seguenti.

Puntualizziamo innanzitutto ciò: sul finire degli anni novanta, impazzò, a Hollywood e non solo, una macabra mania cinematografica. Si fece difatti un gran parlare dei cosiddetti snuff movie. Nel 1997, fra mille polemiche e non pochi fischi, Johnny Depp presentò a Cannes la sua prima e sino a ora unica prova da regista, Il coraggioso. Un film che, peraltro, non avrebbe meritato lo snobismo dell’epoca e sarebbe invece quanto prima da rivalutare alla grande.

Il coraggioso fu un film indie davvero intrepido sia dal punto di vista filosofico-morale che in senso altamente impavido, cinematograficamente parlando. Un film magnificamente funereo e spettrale, davvero inquietante, sorretto dal carisma animalesco di uno “zombesco”, sofferente, zingaresco Johnny Depp magistrale e tetramente illuminato dal gigantesco cammeo d’un lugubre, agghiacciante Marlon Brando, al solito straordinario e immenso.

Che dire invece di 8mm? Proprio il contrario...

Questa, a grandi linee, la trama:

un investigatore privato di nome Tom Welles (Nicolas Cage, bravino seppur monocorde nella prima mezz’ora e poi, come quasi sempre, oscenamente a briglia sciolta, furibondamente scalmanato, inguardabile e follemente sguaiato sino alla fine) viene incaricato da una ricchissima, anziana vedova d’indagare in merito a uno snuff movie nel quale si assiste alle brutali sevizie perpetrate ai danni di una povera ragazza inerme poi addirittura barbaramente stuprata e uccisa.. La signora, sconvolta, vuole infatti arrivare alla verità per appurare se il materiale contenuto nel filmino sia orribilmente reale oppure se si tratti di pura, innocua finzione. Nulla, insomma, per cui preoccuparsi.

Il detective Welles sembra, inoltre, più scioccato ed esterrefatto di lei. E ciò a noi spettatori appare alquanto incomprensibile. Quando mai s’è visto, di fatto, un detective che, dinanzi a certe immagini, sebbene forti e violentissime, si scandalizza turbato come se, vista la sua professione, non si fosse mai prima di allora imbattuto in scene di questo tipo?

Detto ciò, andiamo avanti.

Welles, per vie traverse e grazie all’aiuto di Max California (Joaquin Phoenix), il semi-debosciato proprietario di un sexy shop a metà strada fra una bottega di articoli squallidamente pornografici e manufatti discutibili, fra una videoteca ridicolmente proibita e uno sgarrupato, clandestino negozio per adulti rintronati, s’intrufola negli ambienti più lerci, pidocchiosi e vomitevoli del mondo underground dei pervertiti sessuali.

Imbattendosi nello scriteriato, fantomatico, sedicente regista di hard-core ignobili, Dino Velvet (Peter Stormare), presentatogli dallo scopritore di talenti, si fa per dire, Eddie Poole (James Gandolfini).

 

Non vi sveliamo altro. Quello che possiamo esplicitarvi chiaramente è che Joel Schumacher, nonostante con mano ferma abbia diretto con grintoso piglio i primi tre quarti d’ora, indubbiamente serrati, morbosamente affascinanti, come sua cattiva consuetudine, puntualmente non s’è smentito anche stavolta. Aderendo indefessamente a quella che pare la sua incontrovertibile, inconcepibile, assurda linea registica.

Cioè sviluppare piuttosto efficacemente, con un discreto gusto delle immagini e delle inquadrature, la prima tranche dei suoi film, mantenendo un’apprezzabile misura formale e concettuale per poi tradire tutti i buoni assunti e propositi di partenza, arrostendo troppa carne al fuoco e distorcendo ogni etica, ogni estetica a favore della commerciabilità più reazionaria, moralista, fascista.

Inoltre, lo sceneggiatore Andrew Kevin Walker, il quale si dimostrò eccezionale per Seven di David Fincher, con questo script confusionario, stupidamente velleitario e impresentabile, non poco si complicò la carriera.

8mm, malgrado la pedestre direzione di Schumacher, la performance allucinatamente grottesca di Cage e la sceneggiatura pasticciata di Walker, tutto sommato, è un film guardabile.

Sì, lo è.

Peccato che sarebbe dovuto durare quanto, appunto, un filmino amatoriale, anziché 2h e 3 min.

Invece, nel suo campionario di repellenti trucidità e turpitudini sciocche, è diventato involontariamente la versione fake e mostruosa de Il silenzio degli innocenti.

 

 

 

 

di Stefano Falotico

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