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Tre piani

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Tre piani

di zombi
7 stelle

si tratta di scegliere, ma la scelta può avere pesanti ripercussioni, su cui però si può lavorare

piano frontale del palazzo microcosmo dove si svolgono le storie a presentarci il protagonista principale della storia che andremo a vedere.

moretti mantiene una distanza siderale dai suoi personaggi, anche da quello che interpreta. 

sono figure raggelate, o forse appena scongelate, che si muovono catatoniche e a scatti, come se fossero marionette guaste, decrepite, impolverate, dimenticate dal tempo.

vecchi "guasti" vicini alla fine, ritornati bambini a causa dell'invecchiamento del loro meccanismo e giovani spaventati che vedono solamente il marcio dalle persone e che non hanno ben chiaro come muoversi nei confronti di giovani "guastate" da un diktat imperante che impone come essere accettabili.

ci sono madri al primo figlio terrorizzate all'idea di trasformarsi nella madre rinchiusa in un istituto per malattie degenerative e genitori professionisti che non hanno capito il loro unico figlio e dal quale non sono capiti.

ci sono momenti che sembra di vedere istanti, momenti o sensazioni di film thriller o horror tanto la fotografia è esangue e a tratti monocroma.

i visi dei protagonisti sono ossuti e praticamente sconvolti da spasmi di (in)sofferenza come la brava elena lietti, con gli occhi di fuori come la shelley duvall nei meandri dell'overlook hotel, oppure segnati dalle rughe della disperazione come quello della buy, consapevole di aver già fatto la scelta che gli si chiede, ma sconvolta di averla fatta.

il viso e il corpo infantile di alba rorhwacher, insicuro e fragile come una bambola di porcellana maledetta, sicura di essere colta dallo stesso male che affligge la madre, sola nel grembo-appartamento.

e visi segnati dal male della vecchiaia, quando la vecchiaia diventa un male, come quello di bonaiuto e graziosi.

e quando sono tondi e levigati come quello di scamarcio e tantucci, sono inesorabilmente forieri di insicurezze che li condannano ad azioni controproducenti e dannose, verso se stessi e gli altri.

e quindi in tutto questo ineluttabile sfacelo che non parla di pandemia, ma non fa che ricondurci a questi due anni maledetti chiusi nelle nostre case a pensare a quando saremmo potuti uscire, mentre altre menti sconvolte urlavano di complotti e trame più o meno occulte, l'unica ipotesi di salvezza ci arriva dai bambini.

il film si chiude con la bella stagione, con il caldo, con buy che si libera dei suoi vestiti tutti uguali e compra un bell'abito fiorato e cerca un nuovo contatto con questa unica vita e terra che abbiamo.

contatti e affetti che si danno per persi, perchè troppo presi da quello che abbiamo e dobbiamo fare.

moretti cerca una nuova via la proprio cinema e per me l'ha trovata.

quel sorriso che i personaggi pensavano di poter esprimere solamente nei confronti di un bambino, e spesso un falso sorriso, un sorriso sforzato fatto solo con la bocca, mentre gli occhi seguitavano nella loro folle ricerca di qualcosa che va a sapere cosa!, ce lo trasmette proprio nanni ascoltando un vecchio nastro di segreteria.

un film pessimista, ma che vuole coltivare una speranza.

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