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La belle histoire

Regia di Claude Lelouch vedi scheda film

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La recensione su La belle histoire

di passo8mmridotto
8 stelle

Anno 1991. Un uomo e una donna, Gérard Lanvin e Beatrice Dalle, sono in Palestina, davanti al Muro del Pianto.

Non si conoscono, si scambiano uno sguardo, e ricorderanno quello stesso sguardo che si erano scambiati in un'altra vita, lontanissima, nel 33 dopo Cristo.

Uno sguardo d'amore, come intende Lelouch, che dura da due millenni, una fantasmagoria sull'eternità della passione.

Film "difficile", questo Lelouch che lo stesso regista ha definito "Un film gitano, un racconto di fate che si nutre di vecchie leggende e racconti mitologici".

Privo di sceneggiatura e di dialoghi preconfezionati, inventati durante le riprese, nei tanti luoghi citati nel racconto che parte da Israele, pochi giorni dopo la fine della Guerra del Golfo, per spostarsi al Muro del Pianto a Gerusalemme, nella scuola per toreri in Spagna, durante la corrida di Nimes, dentro una prigione femminile, nella basilica di Lisieux e dietro le quinte del Tour de France.

Il film è composto da tante storie che si incrociano e si accavallano, episodi della Guerra del Golfo si intrecciano con i racconti dei cacciatori di miele, dei centurioni romani nelle loro più crudeli espressioni, degli attentati agli aerei alle storie d' amore tra il Sole e la Terra e della reincarnazione di una giovinetta in un'ape.

E proprio l'ape e il miele sono cari a Lelouch, l'ape infatti è il simbolo del film, l'insetto si muove incessantemente di fiore in fiore, come i protagonisti della "bella storia" si muovono attraverso le ere e i millenni, come in una fuga d'amore, un vagabondaggio attraverso il tempo e lo spazio che potrebbe essere infinito.

Non per niente la durata del film supera le tre ore e trenta minuti, contro le originarie quattro ore, ma in base al materiale girato, il montatore avrebbe ricavato un'opera forse inaccettabile per l'eccessiva lunghezza.

"Difficile" anche da raccontare, data la complessità degli episodi e delle diramazioni che da ognuno di essi si dipartono, ritengo utile segnalare una delle parti più toccante del film, dove Lanvin-Jesus incontra Beatrice, quando Jesus visita uno dei campi di concentramento creati dai Romani in Palestina.

Lei ha il volto deturpato dalla peste, e incrocia il suo sguardo con quel Gesù misericordioso, sguardo che i due, davanti al Muro del Pianto, ricorderanno di avere scambiato in un'altra vita, tra la violenza e la disperazione della morte, nella sequenza più spettacolare del film, che Lelouch non ha potuto girare a Betlemme, dove era in atto la Guerra del Golfo, che impediva gli spostamenti della troupe.

Lelouch decide di girare la sequenza a Luberan, vicino ad Avignone, dove esiste una cava dismessa, la cui terra è colore ocra, che ricorda le atmosfere della Palestina, vi posiziona centinaia di comparse, truccate da appestati, mendicanti, mutilati.

In questo girone infernale, corrotto dalla pestilenza e dalla fame, i Romani compiono stragi inaudite, donne, uomini e bambini vengono sgozzati senza pietà, mentre una biga trascina una grossa palla infuocata all'interno delle gallerie dove si erano rifugiati i prigionieri, bruciandoli vivi.

Tra la folla terrorizzata c'è  Marie -Sophie Ponchat Lelouch, (moglie del regista), nella parte di una mendicante ricoperta di stracci. La povera donna cerca di scalare una ripida parete di sabbia, per raggiungere un alveare selvatico, ma la sabbia frana, e la donna rischia di essere sotterrata, ma Jesus compie uno dei suoi prodigi, trasforma la sabbia in roccia e la donna può agevolmente scalarla e nutrirsi del prezioso miele.

La splendida cornice musicale è opera di Francis Lai e Philippe Servain.

 

 

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