Espandi menu
cerca
The Curse

1 stagioni - 10 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

L'autore

mck

mck

Iscritto dal 15 agosto 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 206
  • Post 133
  • Recensioni 1085
  • Playlist 313
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su The Curse

di mck
8 stelle

Inesistenzialismo.

 

 

Sgradevoli e respingenti, tutti, dai protagonisti ai comprimari, vuoi perché stupidi e impreparati/inetti/inadatti (alla vita?), vuoi perché egoisti, indifferenti, inani o ammantati d’una folta schiera di sfumature di cattiveria, eccoli: sono i personaggi che muovono le loro traiettorie incrociate/intrecciate lungo il dipanarsi di “the Curse”, la serie in 10 ep. da 40/65 minuti l’uno creata da Nathan Fielder e Benny Safdie per A24 e ShowTime e da loro kafkianamente scritta (con la saltuaria collaborazione di Carrie Kemper), eccellentemente (anche grazie al senso di disgusto che riescono ad infondere e a far percolare e suppurare dalle loro precise e devastanti caratterizzazioni stakanovisticamente reiterate percussivamente su quel tono comportamentale) interpretata (con una magnifica Emma Stone nel ruolo principale) ed inventivamente diretta (da Nathan Fielder per 7 ep. e dai David & Nathan Zellner di "Kid-Thing", "Kumiko, the Treasure Hunter", "Damsel" e "Sasquatch Sunset" per i restanti 3) che sino a 2/5 del finale di stagione (e di serie?) non concede alcuno scampo all’irreale, all’implausibile, all’inconcepibile, allorquando si tuffa letteralmente – bypassando “Teorema” di Pasolini (Laura Betti in estatic’ascensione, dopo la rinuncia dei beni terreni, sulle tegole storte dei tetti in disfacimento della Cascina Torre Bianca nelle campagne tra Pavia e l’Olona inferiore/meridionale), “Solaris”, “lo Specchio” e “Sacrificio” di Tarkovsky (tra microgravità e abbracci), “l’Humanité” di Dumont (il santo-assassino che si libra sulla misticanza di rucola e cicoria), “Tokyo Godfathers” di Satoshi Kon (l’intervento della folata divina anti-kamikazesca), “Take Shelter” di Jeff Nichols (la stanza a straniante soqquadro), “First Reformed” di Schrader (onirici abbracci epifanico-salvifici), “Jupiter Holdja” di Mundruczó (il cielo sopra i campi profughi) e “Something in the Dirt” di Benson & Moorhead (con precipitevolissimevole ritorno al suolo) – nell’Elevation kinghiano, saccheggiandone l’assunto di premesse, sviluppo e soluzione.

 


"Qualche ora o qualche anno di attesa è lo stesso, quando si è perduta l'illusione di essere eterno." — Jean-Paul Sartre, "le Mur", 1939.


In estrema sintesi: c’è una coppia eterosessuale d’idioti che fa progettare e costruire (coi soldi “sporchi” dei genitori di lei) ecosostenibili case termopassivamente autonome (la cui principale caratteristica è quella d’essere ricoperte di specchi così da praticamente trasformarle in roccoli per la cattura dell’uccellagione, con passeri e volatili vari che si schiantano quotidianamente sulle vetrate spezzandosi l’osso del collo) in una porzione in via di gentrificazione della valle del Rio Grande in New Mexico, e la cosa meravigliosa è che gli autori attendono il 2° ep. per far sapere agli spettatori che frotte di pennuti si sfracellano su di esse come se non ci fosse un domani: la maggior parte - o così almeno si spera - di essi (degli spettatori, non degli uccelli) già lo sapeva per esperienza e buon senso e così può godere dell’ignoranza di quella parte minoritaria - o così almeno si spera che sia - che dalla rivelazione rimane stupita imparando qualcosa, e poi tutto va, costantemente, progressivamente, indefessamente a rotoli com’è giusto che sia.

 


Oltre ad Emma Stone (“SuperBad”, “Magic in the MoonLight”, “BirdMan”, “Irrational Man”, “the Favourite”, “Maniac”, “Poor Things”, “Kinds of Kindness”), Nathan Fielder (“Nathan for You”, e qualche inq.ra di troppo del suo pene) e Benny Safdie (“Good Time”, “Uncut Gems”, “Licorice Pizza”, “Stars at Noon”, “Oppenheimer”) il cast è completato da Constance Shulman, Corbin Bernsen, Nizhonniya Luxi Austin, Barkhad Abdi, Christopher D. Calderon e Gary Farmer, più un cameo di Vincent Pastore (Salvatore "Big Pussy" Bonpensiero in “the Sopranos”) nei panni di sé stesso.

 


Fotografia di Maceo Bishop e musiche di John Medeski prodotte dal grande Daniel Lopatin (aka Oneohtrix Point Never), con un juke-box ultra-cool da urlo dominato da Alice Coltrane.

 


Forse l’oggetto più straniante della stagione seriale 2023-2024, “the Curse” merita la giusta attenzione e partecipazione.

 


“Mi spiace solo che ci siano voluti 400 anni per capire come sconfiggerli.” (Vignetta incorniciata e appesa alla parete di un ufficio dirigenziale di un casinò nativo americano.)    

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati