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Genius

4 stagioni - 35 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2017-2017
  • 10 episodi

L'autore

supadany

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La recensione su Genius

di supadany
6 stelle

«Il tempo non è assoluto. Quando un uomo è seduto vicino a una ragazza carina per un’ora, gli sembrerà che sia passato solo un minuto. Fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà di essere lì da un’ora. Questa è la relatività».

 

Per l’esordio di una serie antologica che si pone l’obiettivo di sviscerare in ogni stagione un personaggio bigger than life, i produttori di Genius hanno mirato in alto e puntato sul sicuro, scegliendo Albert Einstein, ondeggiando tra la sfera d’interesse pubblica e quella privata, coprendo un periodo storico tumultuoso, quando guardare al futuro con totale apertura mentale era un atto ostracizzato.

Così, la prima stagione non corre rischi, promuove il massimo grado dell’assorbimento, con uno schema che tende maggiormente al rispetto della formula matematica (E=mc2), uno spirito convenzionale poco allineato con quanto smuoveva il suo protagonista, con l’obbligo di racchiudere grandi eventi in pochi minuti, senza comunque rinunciare ad alcune visioni che aprono gli orizzonti, testimonianza tangibile dell’immaginazione di un poeta applicata alla scienza, d’altronde «la mente è come un paracadute, funziona solo se si apre».

 

Geoffrey Rush

Genius (2017) (2017): Geoffrey Rush

 

La portata è inconfutabilmente ricca, tra formule matematiche e la Storia, una vita privata che spesso ha relegato in secondo piano rispetto a capacità cognitive fuori dalla portata comune e che, proprio nei termini più banali, mostra quanto chiunque possa essere fallace.

Dopo un episodio pilota - diretto da Ron Howard – che presenta ottime connessioni tra l’Einstein anziano e la sua versione giovanile, assemblando uno spirito divulgativo con una predisposizione al racconto e la promulgazione di qualche insegnamento di vita, la direzione diventa principalmente cronologica.

Dai primi segnali di un animo irregolare che vuole già guardare oltre ignorando i dettami comuni, si passa alla sfera sentimentale, con l’irruzione dell’amore, un secondo innamoramento che guarda oltre l’aspetto fisico e un terzo che sfida la pudicizia sociale. Nel frattempo, l’Europa è sconvolta da due conflitti mondiali e il tragitto scientifico di Albert conduce a delle scoperte che rivoluzionano la società, mentre la sua attenzione ai legami di sangue è etichettabile come discontinua ed emerge una volontà iconoclasta, che gli consentì di sfidare con acume, e senza ricorrere a sotterfugi, chi lo sminuiva o combatteva biecamente, senza badare al proprio interesse, fino alla fine, con ostinazione.

 

Geoffrey Rush

Genius (2017) (2017): Geoffrey Rush

 

Questa prima stagione non è realizzata per stupire, ma veicola il coinvolgimento, contempla spaziature colte per come condivide l’importanza della scoperta scientifica (ma il concetto vale universalmente), riuscendo talvolta a chiudere gli occhi e far volare l’immaginazione, considerata la pietra angolare, anche oltre la conoscenza stessa.

In questo modo, condivide la genesi delle più mirabolanti intuizioni, uscendo dalle aule accademiche per sondare la ridefinizione dell’universo (ad esempio, con l’effetto delle onde sonore), senza esasperare i classici aforismi del protagonista, pur non omettendo citazioni filosofiche. Questa composizione permette di elevare il valore dei pensieri, un aspetto centrale per cercare di capire e scardinare le regole, infrangere le pareti delle prigioni, prima di tutto mentali, con un indottrinamento che produce rigore, e sociali.

Di contro, mostra anche quanto vivere al fianco di un genio, in grado di partorire invenzioni come un mago può tirare fuori conigli da un cilindro, possa creare sofferenza, come la predisposizione per la scoperta possa essere inversamente proporzionale all’attenzione verso la famiglia. Intorno al nucleo fondativo, è anche politico per l’indole del soggetto, ma anche per come rievoca l’avvento di Hitler, implicitamente un monito che mette in guardia sulla pericolosità degli estremismi, oggi più di ieri.

Dati questi tratti distintivi, il materiale è abbondante, e non poteva essere altrimenti. Anche per questa ragione, a volte balza da un capoverso all’altro con transizioni irruente, rischiando di disarcionare la narrazione, con finestre che si aprono e chiudono in archi troppo brevi, quasi fugaci soprattutto nelle diramazioni affettive, ma puntualmente viene in soccorso l’atto creativo, un’impellenza non procrastinabile.

Per raccontare questi sviluppi, adopera un linguaggio che ricerca un equilibrio tra finezza e facilità di comprensione, una scelta congrua ai tempi e rispettosa delle sue origini, semmai il richiamo all’ordine rischia di essere asfissiante. Proprio per questo, quando nell’ottavo episodio rimane bloccato tra quattro mura descrivendo l’interrogatorio sostenuto da Einstein e consorte per ottenere il visto per gli Stati Uniti, brilla maggiormente di luce propria, lasciando il più ampio risalto alle parole e alle idee, conglomerando lo spirito dello scienziato umanista e le limitazioni politiche inferte dal sistema.

Così, anche l’interpretazione carismatica di Geoffrey Rush, esperto in mutazioni fin dai tempi di Shine, trova la miglior sintesi, ma non è sottovalutabile nemmeno l’impegno di Johnny Flynn che, restituendo l’immagine del giovane Einstein, pone l’accento su ardore e incoscienza.

 

Johnny Flynn

Genius (2017) (2017): Johnny Flynn

 

In ogni caso, la differenza di classe tra i due interpreti, così come l’immagine scolpita dello scienziato in età avanzata, non poteva essere in discussione, semmai pesa di più lo scarto tra il passo e il polso della regia di Ron Howard nel primo episodio e le successive, per quanto gli automatismi raramente scadano sotto il livello di guardia.

Alla resa dei conti, l’esordio di Genius è lucido e colloquiale, per quanto poi entri in conflitto con la figura stessa che esamina, essendo più pratico che teorico, ordinato nel rappresentare un disordine geniale, necessariamente lascivo su alcuni fronti, con una prima parte di stagione non equiparabile alla seconda per tempistiche e densità.

Convenzionale come spesso accade ai biopic, ma anche esuberante, come lo sguardo furbo, perennemente fanciullesco e mosso da una curiosità irrefrenabile del suo indomabile protagonista.

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