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Claudio Santamaria: mi piaccio Brutto Sporco e Cattivo.
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La luce accecante del sole picentino sembra preludere all'arrivo di un supereroe e quando Claudio Santamaria irrompe in sala stampa, nessuno dei presenti si sorprende: l'onda emotiva di Enzo Ceccotti alias Jeeg Robot alias Claudio Santamaria vive in tutti noi.

 

Jeeg Robot ti ha cambiato la vita?

No, non direi. Ogni film, ogni esperienza importante, non è che cambia la vita ma di certo aggiunge qualcosa di positivo alla vita privata e professionale. Al di là del David, che regala visibilità pubblica e prestigio professionale, questo film mi ha dato tantissimo come attore. Questo è un lavoro in cui non finisci mai di imparare e avere un ruolo del genere, mi ha dato la chance di esprimermi come non mai. Poche volte ho avuto la possibilità di esplorare un personaggio e di allontanarmi così tanto da quello che sono io.

Nell'ultimo periodo hai lavorato anche in televisione

Da qualche anno a questa parte in televisione hanno cominciato a produrre delle cose di qualità, anche perché le persone vanno meno al cinema ma hanno esigenze sempre più sofisticate. I canali a disposizione aumentano per questo motivo anche le nostre reti nazionali, si sono messe a produrre con maggiore qualità. Io cerco copioni scritti bene, che mi piacciano e che abbiano qualcosa da dire. La TV ha dei limiti tecnici, sceneggiature più didascaliche, rispetto al Cinema l'immagine è un po' più sacrificata a vantaggio dei dialoghi, perché non hai a disposizione uno schermo di venti metri che ti permette dei campi lunghi memorabili, però si trovano delle cose ben fatte e ben scritte, insomma si può lavorare dignitosamente anche in televisione. Pensate che il film L'Assedio di Bernardo Bertolucci, che ho girato nel 1997 , era per la Rai e poi è finito in sala.

Si mormora che il tuo prossimo film sarà un grandissimo omaggio ad Ettore Scola, a Brutti Sporchi e Cattivi (1976)  ed al tutto il Cinema di quegli anni. Avrà lo stesso cinismo?

Magari.  Già il titolo del nuovo film sarà un po' un omaggio, a quel film che parlava di una situazione di totale emarginazione, e questo lo stesso. Io lo definisco la rivincita degli emarginati e dei reietti. Il mio personaggio è un mendicante senza gambe dalla nascita ed è sposato con una ballerina senza braccia. Fa il mendicante di "professione". Lei lavora al reparto intercettazioni della Polizia dove parla cinese. Se ne fregano totalmente di tutto e tutti e vanno dritti per la loro strada e non c'è nessuno sguardo di pietà verso questi personaggi. Il film è molto intrigante e quando ho letto la sceneggiatura ho detto questo diventerà un cult. Recito quasi tutto il film su una sedia a rotelle. Quando sono sul divano, ho le gambe inserite in appositi tagli fatti nei cuscini e si vedono delle piccole protesi di plastica che sembrano moncherini. Ci credo molto in questo film è sono certo che vi piacerà.

Tornando al ruolo di Enzo Ceccotti, cosa ti ha fatto dire lo faccio?

Appena ho letto la sceneggiatura avrei iniziato il film il giorno dopo. Ho chiamato Gabriele Mainetti e gli detto questo film è una bomba! Sapevo esattamente come sarebbe venuto, perché conoscendo Gabriele e il suo altissimo grado di preparazione non avevo dubbi. Pensate che Gabriele ha studiato recitazione, lì ci siamo conosciuti, per imparare a dirigere gli attori. Aveva il pallino della regia, studiava Storia della Cinematografia al DAMS a Bologna. Si è laureato ed è andato a studiare sceneggiatura, storia della regia e fotografia anche in America: è uno che veramente sa di cosa parla! Quindi sapevo che il film sarebbe venuto esattamente così come è venuto! Gli ho detto, senti Gabriè sto' film è na' bomba! Lo giro domani. È lui mi ha subito stoppato, prima devi fa' er provino. Non saprei dirti perché è per come ma ho avuto da subito che sarebbe stato un successo, che i ragazzi l'avrebbero visto e rivisto. Ma non solo che sarebbe stato trasversale a tutte le età, i ceti sociali e i gusti cinematografici. Io stesso l'ho visto nove volte! Ad ogni Festival o rassegna nel quale viene presentato, alla fine mi fermo a rivederlo con gusto. Non mi era mai successo prima. Jeeg Robot segna, a mio parere, uno spartiacque nel Cinema Italiano.

 

Eppure non aveva trovato produttori disposti a crederci.

Verissimo, gli avevano risposto ma che è sto film? la gente non vuole vedere film di genere, non gliene frega niente, non ci andranno mai, è una follia è una pazzia! Ma Gabriele non ha mollato e grazie anche a Rai Cinema che ha investito nella sceneggiatura, il film è stato fatto.

Facciamo un passo indietro. Cosa ti ha lasciato il tuo ruolo in Diaz?

Diaz è uno di quei film che mi hanno dato una mano a fare una grossa svolta attoriale e umana. Un film importante e potente perché ha toccato dentro ognuno di noi. Vi confesso che tra di noi c'era chi piangeva al monitor, durante le riprese sul set. Eravamo orgogliosi, ma anche scossi dalla vergogna, di essere noi a raccontare una pagina nera della nostra storia. Un film coraggioso che ha trovato in Domenico Procacci un produttore molto coraggioso. Un film che ha riacceso i riflettori su quella triste vicenda e sei conscio di non aver fatto solo intrattenimento, ma di aver svolto una funzione sociale molto importante.

 

 

E la tua passione per la musica?

Ho avuto l'onore di suonare con dei veri professionisti. Abbiamo girato l'Italia facendo concerti Jazz. Tutto è nato da Il Referendum per l'Acqua, ho fatto un pezzo con musicisti del calibro di Ares Tavolazzi, Giammaluga, Zeppetelli alla chitarra, insomma dei mostri del Jazz! Abbiamo detto facciamo qualcosa insieme e da lì abbiamo iniziato. Attualmente ho una banda più rock, facciamo cover perché mettersi a scrivere è un altro mestiere. Bisognerebbe essere come in America, che gli attori guadagnano molto e possono permettersi di stare fermi due anni, nei quali fanno dell'altro, magari incidono un disco! In Italia non lo puoi fare. A questo proposito sono felice di aver potuto fare Rino Gaetano o di aver provato la tromba con Avati. Ma l' Italia è anche quella che nei David di Donatello trovi lo stesso attore nominato per tre o quattro film diversi. In America non succede. Fai un film, le riprese durano minimo sei mesi e poi stai fermo un anno, un anno e mezzo . Qui da noi ci sono attori che fanno quattro o cinque film all'anno! In qualche nomination ci sarai per forza, come nella tombola più cartelle hai a disposizione!

 

 

 

 

Sorride di gusto Claudo Santamaria, mentre si toglie qualche sassolino dalle scarpe. Il bagliore solare nel frattempo ha ceduto il posto alle riflessioni del vespro e quando l'attore romano punta l'uscita, ho l'assurda sensazione che Enzo Ceccotti potrebbe essersi impadronito di lui e che il portone d'entrata crollerà con una spallata al suo passaggio.

 

 

 

Lu Abusivo dal Giffoni Film Festival 2016.

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