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Cannes 2016: Giorno 7
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Il 7° giorno è per antonomasia quello del riposo ma non per il 69° Festival di Cannes, che contravvenendo a ogni assioma biblico schiera ben tre titoli in concorso: Personal Shopper di Carlos Assayas, Julieta di Pedro Almodovar e Aquarius di Kleber Mendonça Filho. Assayas torna a rimettersi nelle mani di Kristen Stewart per un'opera in sospeso tra esistenzialismo e spiritismo, tra la letteratura di Victor Hugo e l'arte astratta di Hilma Af Klint: Almodovar torna invece a indagare l'universo femminile con il drama di una madre e una figlia che non si parlano da un decennio e hanno molto da dirsi; Mendonça guadagna infine la ribalta internazionale con un lungometraggio di ricordi, esistenziali e sociali, in cui si osservano i selvaggi cambiamenti del contemporaneo Brasile. 

Alla Quinzaine des Réalisateurs è poi il giorno di Fiore di Claudio Giovannesi, storia carceraria in sospeso tra fiction e documentario, come già il precedente film del giovane cineasta (Alì ha gli occhi azzurri).

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Personal Shopper

Diretto e sceneggiato da Olivier Assayas, Personal Shopper racconta la storia di Maureen, una giovane americana a Parigi che si occupa del guardaroba di una celebrità. Si tratta di un lavoro che non le piace ma non ha trovato una migliore retribuzione per il suo soggiorno nella capitale francese. Mentre attende che le si manifesti lo spirito di Lewis, il fratello gemello morto da poco tempo, Maureen inizia a ricevere strani messaggi anonimi sul suo telefono cellulare.

Con la direzione della fotografia di Yorick Le Saux, le scenografie di François-Renaud Labarthe e i costumi di Jürgen DoeringPersonal Shopper viene così descritto dall'attrice protagonista Kristen Stewart: «Non mi aspettavo di ritornare a lavorare così presto con Olivier Assayas dopo Sils Maria. Sapevo che gli piace lavorare sempre con le stesse persone, attori e tecnici che siano, e dentro di me speravo che potesse accadere presto. Quando mi ha chiesto di prendere parte a Personal Shopper ero più emozionata che sorpresa. Con Olivier ci capiamo al volo, è molto divertente essere diretti da lui: tra noi c'è una forma di comunicazione non verbale che è perfetta per il mestiere che facciamo. Sul set, non parla molto ma riesco a capirlo e a condividere i suoi centri di interesse e la sua curiosità.

La sceneggiatura di Personal Shopper è molto semplice ma anche frutto di una grande immaginazione. Si tratta di un'opera molto meditativa che evoca mondi a loro modo invisibili senza mai nominarli e richiama emozioni molto intime. Affronta temi poco comuni per il cinema francese, come i fantasmi o lo spiritismo, distinguendosi però molto bene dai thriller soprannaturali americani. Possiamo definirlo un film di genere che non cerca di spaventare con i fantasmi ma che vuole proporre una riflessione sulla realtà. La domanda che si pone è forse la più terrificante di tutta l'esistenza umana: siamo davvero completamente da soli o possiamo entrare in contatto con qualcun altro? Maureen è una donna molto sola, totalmente isolata e triste. Anche quando è circondata da altre persone, è come se non esistesse, immersa com'è nel suo dolore. Lavora come personal shopper e, nonostante non sopporti la professione, non riesce a fare a meno che indossare gli abiti della celebrità che serve, finendo con il rompere un tabù. Maureen è come affascinata da ciò che odia mentre vive la sua crisi di identità. Non si presenta come una femminista che critica la superficialità della società dei consumi ma il lutto per la morte del fratello che l'accompagna la fa sentire in colpa per l'attrazione che nutre per i vestiti. Del resto, le persone sono sempre state attirate da ciò che luccica, come delle piccole farfalle.

Personal Shopper parla di elaborazione del lutto ma è anche la storia dell'emancipazione della giovane Maureen, che cerca di liberarsi percorrendo un insolito cammino».

Tutte le foto del film

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Julieta

Julieta (2016): Trailer ufficiale italiano

Diretto e scritto da Pedro Almodovar a partire da tre storie brevi di Alice MunroJulieta racconta la storia di Julieta, una donna che vivea Madrid con la figlia Antia. Entrambe soffrono in silenzio per la perdita di Xoan, padre di Antia e marito di Julieta. A volte però il dolore, anziché avvicinare le persone, le allontana: così, quando compie diciotto anni, Antia abbandona la madre senza alcuna spiegazione. Julieta la ricerca in ogni modo possibile ma tutto ciò che scopre è quanto poco conosca la figlia.

Con la direzione della fotografia di Jean Claude Larrieu, le scenografie di Antxón Gómez, i costumi di Sonia Grande e le musiche di Alberto IglesiasJulieta narra delle lotte di una madre per sopravvivere a uno stato di incertezza. Parla anche di destino, di complessi di colpa e dell'insondabile mistero che porta ad abbandonare le persone che si amano e a cancellarle dalle proprie vite come se non avessero mai significato nulla o non fossero mai esistite. A spiegare meglio Julieta sono le parole dello stesso Almodovar: «Il film inizia con il primo piano di un tessuto rosso, che ben presto scopriamo avere il battito di un cuore, il battito di Julieta. La seconda immagine è quella di una scultura con la consistenza e il colore della terracotta. Rappresenta un uomo nudo seduto. Julieta colloca la scultura in una scatola di cartone la avvolge con cura, come un bambino che viene vestito dalla madre. È il 2016.

La scultura viene poi rivista dopo o, meglio, prima, nel 1985: la scultrice si chiama Ava, probabilmente in onore di Ava Gardner. Ava è molto bella e libera come l'attrice che ha interpretato Venere in Il bacio di Venere. Venere è la dea dell'amore, della bellezza e della fertilità, tre qualità molto presenti nello studio di Ava. La giovane Julieta del 1985 prende la scultura tra le sue mani, scultura che anche in questo caso ricorda la figura di un bambino nelle mani di donne che parlano del suo peso e della consistenza della sua pelle.

Nella sequenza successiva, Ava plasma una nuova figura con l'argilla mentre Julieta osserva. Il fango prende gradualmente la forma di natiche e gambe maschili. "Gli dei hanno creato gli uomini e gli altri esseri con l'aiuto dell'argilla e del fuoco", dice Julieta. Ava ascolta molto attentamente mentre continua a modellare. Julieta insegna letteratura classica, si preoccupa di raccontarle della creazione come fosse una storia e finisce per confessar che è incinta.

Le tre sequenze mostrano il potere delle donne in quanto creatrici dell'uomo. L'uomo rappresentato dalla scultura è molto piccolo rispetto alle loro mani. Se lo passano da una all'altra... La donna non solo dà origine alla vita degli uomini ma si dimostra più forte di loro nel combattere, amministrare, soffrire e godere, tutto ciò che la vita comporta. Solo il destino è più forte delle donne.

La vita di Julieta è segnata da un incontro in treno. Sono sempre stato affascinato da tale mezzo, capace di attraversare ogni genere cinematografico, anche se le migliori scene in treno che io ricordi appartengono alle opere di Alfred Hithcock e Fritz Lang. Sul treno, posto metaforico e pieno di significato, Julieta entra in contatto con i due poli dell'esistenza umana: la morte e la vita.. con l'amore fisico come risposta alla morte: le due volte che vediamo Julieta fare l'amore con Xoan qualcun altro muore.

Nel 2003, Antia, la figlia che Julieta ha avuto da Xoan, compie 18 anni e decide di andare via per un ritiro nei Pirenei. Julieta è distrutta dal separarsi dalla figlia, da cui non è mai stata lontana. La vede scendere dalle scale e sparire via, nascondendo il suo dolore come può. Questo è uno degli addii che deve affrontare nella sua esistenza, gli altri risalgono a tempo prima. Il primo risale al 1985 e allo sconosciuto che ha voluto suicidarsi sotto il treno. Il secondo invece all'ultima volta che ha visto Xoan, prima che questi - dopo una discussione - annegasse durante una battuta di pesca per via di una violenta tempesta. I due tragici addii hanno segnato inesorabilmente la sua coscienza.

Con Julieta sono tornato a esplorare l'universo femminile. Il cast del film è composto principalmente da donne e uno dei rischi che mi sono preso è stato quello di far interpretare Julieta da due diverse attrici - Adriana Ugarte (Julieta dai 25 ai 40 anni) e Emma Suárez (Julieta dai quarant'anni in poi) - mentre altri personaggi rimangono impersonati dalle stesse attrici, come ad esempio Ava, portata in scena da Inma Cuesta».

Tutte le foto del film

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Aquarius 

Diretto e scritto da Kleber Mendonça Filho, Aquarius racconta la storia di Clara, una vedova sessantacinquenne e critico musicale in pensione, nata in una ricca e tradizionale famiglia di Recife, in Brasile. Clara è anche l'ultima residente dell'Aquarius, un originale palazzo di due piani costruito negli anni Quaranta sul lungomare di Avenida Boa Viagem. Tutti gli appartamenti dell'edificio sono stati acquistati da una società che ha intenzione di riqualificare la costruzione. Tutti ad eccezione di quello di Clara, determinata a lasciare la sua residenza solo nel momento della sua morte. Per mantenere fede alla sua promessa, Clara inizierà una sorta di guerra fredda con la società, dando vita a un confronto che è insieme misterioso, spaventoso e snervante. La crescente tensione disturberà sempre più Clara e la sua routine quotidiana, fatta di ricordi dei suoi cari e pensieri sul passato e sul futuro.

Con la direzione della fotografia di Pedro Sotero e Fabricio Tadeu, le scenografie di Juliano Dornelles e Thales Junqueira, e i costumi di Rita AzevedoAquarius viene così descritto dal regista: «Ho iniziato con la voglia di fare un film sugli archivi e in un primo momento Aquarius avrebbe dovuto essere un lungometraggio sulla predilezione del conservare gli oggetti e sulla divergenza tra documenti e ricordi. Trovavo interessante avere come protagonisti una persona e un edificio che, più o meno della stessa età, si ritrovano in qualche modo in pericolo. Poi, per un certo periodo prima di iniziare a registrare, ho cominciato a ricevere tutta una serie di telefonate piuttosto banali da venditori di carte di credito, assicurazione sanitaria, tv via cavo e giornali. Mi sono sentito come attaccato dal mercato, che cerca con ogni mezzo di costringere la gente a comprare cose che non vogliono.

Partendo da ciò, mi sono concentrato su quanto sta accadendo a Recife da qualche anno e, in particolar modo, sulla speculazione edilizia che ha un forte impatto psicologico sugli abitanti. Prima che la recessione colpisse il Brasile, il mercato si è rivelato particolarmente aggressivo e gli speculatori si sono comportati come bestie fameliche. Il balletto di escavatori e bulldozer a cui ho assistito a Recife è stato tanto deprimente quanto affascinante. Ricordo anche di aver osservato da vicino l'evoluzione del destino di una casa e dei suoi proprietari: in un paio di ore, un bulldozer ha demolito una residenza che la famiglia aveva occupato, con la sua storia e i suoi ricordi, per decenni. Così, a poco a poco, Aquarius si è trasformato in un film in cui Clara, la protagonista, osserva quello che sta accadendo al suo spazio e al suo ambiente personale.

Il confronto tra Clara e la società che acquista l'Aquarius è in primo luogo un conflitto tra diversi stili di vita: da un lato, quello ultra-contemporaneo, caratterizzato dall'eccessivo consumo e dalla larga sanificazione; dall'altro lato, quello di una generazione precedente, che si aggrappava all'andare d'accordo e al senso di comunità. A Recife, ha vinto il primo stile. La città è stata completamente rimodellata per esigenze di mercato, anteponendo gli interessi commerciali al bene stesso della città e dei suoi abitanti. In poco tempo, sono stati distrutti 5 secoli di storia per promuovere un rinnovamento basato solo sull'idea di cancellare tutto ciò che era vecchio. Forse per questo motivo, posso ancora definire Aquarius un film sugli archivi, siano essi materiali o emotivi.

I metodi aggressivi della società si riflettono nell'incubo reale che vive Clara. Sola e in mezzo a una situazione per niente facile, è sottoposta a forte pressioni solo per rimanere nella sua abitazione, nel luogo in cui ha sempre vissuto. Improvvisamente qualcuno ha deciso che il suo spazio è privo di valore, obsoleto e destinato a essere eliminato. Con tante opinioni contro, anche all'interno della sua stessa famiglia, Clara si sente come se stesse perdendo la ragione. Mentalmente vulnerabile, apre le porte a sentimenti snervanti che contribuiscono a determinare un alone di mistero e dubbio su ciò che sta realmente accadendo, lasciando spazio a frammenti che possiamo definire 'fantastici'».

Tutte le foto del film

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Fiore

Diretto da Claudio Giovannesi e scritto dal regista con Filippo Gravino e Antonella Lattanza, Fiore è il racconto del desiderio d’amore di una ragazza adolescente e della forza di un sentimento che infrange ogni legge. La storia ha luogo in un carcere minorile, dove Daphne, detenuta per rapina, si innamora di Josh, anche lui giovane rapinatore. In carcere i maschi e le femmine non si possono incontrare e l’amore è vietato: la relazione di Daphne e Josh vive solo di sguardi da una cella all’altra, brevi conversazioni attraverso le sbarre e lettere clandestine. Il carcere non è più solo privazione della libertà ma diventa anche mancanza d’amore.

Con la direzione della fotografia di Daniele Ciprì, le scenografie di Daniele Frabetti, i costumi di Olivia Bellini e le musiche dello stesso Giovannesi con Andrea Moscianese, Fiore viene così presentato dal regista: «La realizzazione di Fiore, dalla scrittura alle riprese, è tutta basata su documenti, su un incontro con la realtà e la sua trasformazione in dramma e in storia per immagini, con lo scopo di creare un film il più realistico e credibile possibile. Ecco perché gli sceneggiatori e io abbiamo trascorso quattro mesi (da gennaio a giugno 2014) come docenti volontari presso l'Istituto Penale per i Minori di Casal di Marmo, carcere minorile di Roma. Abbiamo coinvolto i giovani, sia ragazzi sia ragazze, in una serie di laboratori sul linguaggio video e del cinema in modo da poter scrivere la sceneggiatura all'interno del carcere e basarla sulle loro esperienze e storie personali. All'interno del carcere, maschi e femmine non sono autorizzati a incontrarsi e non ci sono attività condivise ma, nonostante la detenzione e il divieto totale di incontro, possono stabilire relazioni: storie d'amore fatte di lettere, di sguardi da una cella all'altra e brevi conversazioni lontani dagli occhi vigili della polizia penitenziaria. Ci interessava concentrarci sui sentimenti di questi giovani, costretti alla detenzione.

Fiore è interamente girato con la prospettiva della protagonista diciassettenne, che vive contemporaneamente l'esperienza del carcere e del primo amore. È possibile viver l'adolescenza in un contesto carcerario? Aggrapparsi al fascino e all'innocenza di quell'età, pur essendo colpevole agli occhi della legge? Il punto di partenza per il progetto è stata una contraddizione, un paradosso: due adolescenti che vivono il potere del loro primo amore in un luogo in cui l'amore è proibito».

Tutte le foto del film

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