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Il fenomeno Zalone
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Siamo al terzo giorno di proiezione e "Quo Vado?" macina record su record: 22 milioni di euro di incassi e, facendo due conti, circa un milione di spettatori al giorno, finora. Ci si chiede dove arriverà. Ma soprattutto, se lo merita? E ancora: come mai piace a tutti?

 

Analizziamo con calma e precisione e partiamo dall'inizio.

L'esordio televisivo di Luca Medici in arte Checco Zalone comincia nei primi anni 2000 su una tv pugliese locale, Telenorba (ormai diventata "internazionale" dall'avvento del digitale). Per chi, come me, lo è riuscito a vedere sin dai suoi esordi televisivi, si sarà apprezzata sicuramente la sua vena comica che in Puglia forse non si vedeva da Toti e Tata (Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo rispettivamente) che guardacaso erano in stretta collaborazione con Gennaro Nunziante, regista dei film di Zalone. Altre epoche, altra tv.

Cos'è che colpiva di Zalone all'epoca? Faceva ridere a crepapelle, con divertentissime ed esilaranti imitazioni di Nichi Vendola e Fitto, all'epoca in battaglia politica per la regione, di cui vi propongo un video:

Li prendeva "semplicemente" in giro, e lo faceva benissimo: i due si scannano come dei bambini, come un leccese contro un barese con i rispettivi accenti (imitati quasi alla perfezione, tra l'altro).

 

Poi, il successo: arriva a Zelig e spopola letteralmente. Prima come cantante neomelodico, poi come cafone, tamarro e zotico. E anche qui, ci si piega dalle risate. Perchè? Perchè tutti in fondo in fondo ci riconosciamo in lui? Perchè rappresenta l'italiano medio? Non credo sia questa essenzialmente la ragione: vedendo gli sketch, si capisce che lui nel ruolo ci crede, quindi è un bravo, bravissimo interpretatore di quel particolare personaggio che era al momento unico e anche abbastanza originale nella sua essenza. Insomma, quando si va a teatro tra le tante cose che si imparano, una è credere nel personaggio che si sta interpretando (detto molto alla leggera) e Zalone il suo lo faceva eccome. Per non parlare delle divertentissime canzoni parodia che ogni volta proponeva, che credo siano il suo punto forte, anche in tutti i suoi film.

 

Nel 2006, successone con "Siamo una squadra fortissimi", dopo Calciopoli e durante i Mondiali di calcio vinti dall'Italia. E ancora sketch a Zelig.

 

Fino al 2009 dove Valsecchi ha avuto imprenditorialmente parlando un colpo di genio: sfruttare la popolarità di Checco Zalone e proporlo in un film. Nasce così insieme a Gennaro Nunziante "Cado dalle nubi", personalmente il film più riuscito dei quattro fatti finora. Perchè anche se la storia è esile, ciò che conta è il proporre il personaggio cafone, tamarro, zotico ecc... in una storiella e ogni scena è una gag, in ogni scena si ride, le canzoni si inseriscono alla perfezione. Non si punta sulla volgarità, non si punta sulla "scureggia", cinepanettoniamente parlando, altro punto a favore. Insomma, più che una commedia è un vero e proprio film comico, si ride e bisogna ridere e basta, la storia è anche superflua (quasi). Successo di pubblico. Assoluto. E la critica? Qualcuno comincia già a storcere il naso. "Visto come si è ridotta la commedia all'italiana?" "Ci sono solo luoghi comuni" "Zalone incita il pubblico ad essere come lui nel film". Ma pensiamoci bene: non è un po' lo stesso fenomeno accaduto già con Totò?

Ecco, vedetevi e vediamoci i film di Totò. Credo che vanti più di 100 titoli, da attore. Eppure non mi sembra che la storia dei suoi film sia così "evoluta" nella trama, a parte alcuni film come "La banda degli onesti" e "Totò, Peppino e la malafemmina". Quello che funziona è proprio Totò, genio assoluto, attore formidabile, battute spiazzanti, improvvisazioni eccezionali. Totò è il vero mattatore del film in cui è protagonista. Ma il suo valore è stato purtroppo riconosciuto quando era troppo tardi, dopo la sua morte.

Ovviamente non sto assolutamente paragonando Totò a Zalone, ci sono anni luce di distanza tra i due, come recitazione e tutto, ma il fenomeno dei film ad essi legati è esattamente lo stesso: "Fanno inutile e puerile commedia"

 

Nel  2011 arriva poi "Che bella giornata", nel 2013 "Sole a catinelle". Le opere minori, probabilmente. Il primo sembra una fotocopia di "Cado dalle nubi". Nel secondo invece si vuole dare accenno di trama, con situazioni portate troppo al limite dell'assurdo e che sinceramente stona col tutto. Da un inizio realistico si passa a vicende portate al limite, con troppe smorfie e battute scontate. Eppure record di incassi come film italiano. Il che vorrà pur dire qualcosa.

 

E arriviamo quindi a "Quo vado?" e alla domanda iniziale. Perchè tutti vogliono vedere Zalone?

E' una domanda posta quasi con accento "scandalizzante", ossia: delle cose, schifezze, del genere non possono piacere al pubblico. A tutti, poi. Eppure in "Quo vado?" c'è una ripresa, la si coglie. Innanzitutto adesso la storia esiste, c'è ed è più coerente con sè stessa. Si sono tolte le smorfie di Checco Zalone e la prima parte è assolutamente valida: un impiegato ha l'ossessione del posto fisso, e fa di tutto per mantenerlo. Si insiste su questo aspetto sociale, e non è affatto un male, anzi la cosa funziona. 

Anche qui: "Eh, ma non è vera critica sociale, la critica se c'è è banale". In realtà è la cosa che funziona del film. Fino alla canzone "La prima Repubblica", in stile Celentano. Assolutamente geniale, come idea e nelle parole.

Nella seconda parte si banalizza un po' il tutto, lo ammetto.

 

Insomma Zalone vuole rivolgersi a tutto il pubblico possibile, inserisce battute "intelligenti" (ma guai a chiamarla commedia intelligente, quella è roba del grande Woody Allen o dei film di Veber) a ciò per cui maggior parte del pubblico ride: basta un "e vafangùl" al termine di una conversazione insistita e cade giù il cinema. Personalmente preferisco più la parte "intelligente", non che non mi diverta blandamente la seconda, ma c'è più gusto, ed è quella che più si avvicina ai suoi esordi televisivi fino a Zelig.

 

"Ma la matrice è la stessa dei cinepanettoni", diranno subito i miei piccoli critici lettori. Non esattamente. Nei cinepanettoni ci si concentra più sulla già citata "scureggia", e la storia ruota sempre attorno a situazioni di vacanze dove il ceto più presente è quello alto-borghese che i registi prendono in giro, dicono loro. Quindi innanzitutto non sono popolari, nel senso stretto del termine, come lo è Zalone, perchè i suoi personaggi appartengono sempre a ceti medi. In più in tutti i film cinepanettoni si insiste sempre e comunque su battute becere e più che mai banali.

Anche Zalone lo fa, ma in maniera minore almeno.

E soprattutto, cerchiamo di non fare sempre gli pseudo-intellettualoidi che bistrattano, trascurano, i prodotti che involontariamente abbiamo già "etichettato". Vediamolo, il film, godiamocelo e se ci è piaciuto facciamolo sapere senza vergognarci del fatto che ci ha fatto ridere, anche se la risata che ci ha strappato è una sopresa rispetto alla idea preconfezionata che ci siamo fatti. E questo vale per tutto, sia per Zalone che per i cinepanettoni.

Sì, non sono il massimo. Sì, in termini assoluti non hanno una valenza cinematografica infinita. Ma se a uno diverte Bombolo, o Fantozzi o Lino Banfi degli inizi (presente in "Quo vado?" in un cameo) o, parlando più recentemente, se a uno diverte Zalone, che ce po fà? Che se po fà?

 

Si ride. E ridiamo, tanto è gratis e non fa male. O almeno così mi ha detto il medico.

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