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Il mio Torino Film Festival
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Ecco il resoconto della mia trasferta torinese.

THE DRESSMAKER

Jocelyn Moorhouse torna al cinema 18 anni dopo “Segreti” e confeziona una commedia grottesca, sgargiante e colorata, come gli abiti ideati dalla sua protagonista (una travolgente Kate Winslet). Scritto con il Paul J. Hogan di “Le nozze di Muriel” e “Il matrimonio del mio migliore amico”, “The dressmaker” gira a mille nella prima parte, complici i ripetuti battibecchi tra Kate Winslet e la madre, solo all’apparenza rincitrullita, Judy Davis (sublime), poi ha una inattesa svolta drammatica che porta ad un accumulo di eventi forse troppo caricato ed eccessivo per approdare quindi ad un finale letteralmente incendiario. L’intrattenimento è garantito e il cast in gran spolvero: ci sono anche uno scatenato Hugo Weaving, poliziotto fanatico di piume e paillettes, che torna in zona “Priscilla” – e il cinema dell’australiano Stephan Elliott sembra un altro chiaro rimando – e un seduttivo Liam Hemsworth che si concede uno spogliarello. Forse furbetto ed ammiccante, ma decisamente delizioso.

***1/2

KILO TWO BRAVO

Soldati inglesi in Afghanistan. Una mina fatta esplodere involontariamente. Una missione di salvataggio. Tensione alle stelle ma anche tanta ironia per un film ispirato ad una storia vera ed implacabile nel suo dettagliato resoconto di un giorno di guerra in un campo minato. Non privo di immagini molto crude e non esente da qualche lungaggine e da una certa retorica, specie nel finale, resta un’opera che, pur non raggiungendo le vette di “No man’s land”, rivela un’efficace e solida compattezza narrativa.

***1/2

RAPPORTO CONFIDENZIALE

Narrativamente un po’ ingarbugliato, dotato di un indiscutibile fascino noir, non rientra comunque tra i miei film preferiti di Orson Welles. Maestoso come messa in scena, anche ad una seconda visione, sia pure a distanza di anni dalla prima, continua a lasciarmi una strana sensazione di incompiuto. Resta comunque un’opera importante, divenuta immortale per il celebre racconto della rana e dello scorpione.

***1/2

IT HAPPENED HERE

40 anni prima della serie Amazon “The man in the high castle”, tratta da “La svastica sul sole” di Philip K. Dick, il film immagina l’Inghilterra occupata dai nazisti, alla fine della seconda guerra mondiale. Fantascienza intelligente ed inquietante, dallo stile quasi documentaristico, capace di rendere credibile e spaventoso l’incredibile.

***1/2

IDEALISTEN

C’è sempre del marcio in Danimarca. Un giornalista radiofonico scopre un accordo segreto tra il suo paese e gli Stati Uniti volto a coprire un incidente nucleare avvenuto in Groenlandia nel 1968. Vicenda appassionante e ricostruzione meticolosa per un film di impegno civile forse scolastico e meccanico nella sua progressione drammatica ma di sicura presa. Per molti di stampo televisivo, peccato che la Rai da tempo non faccia più film così.

***1/2

LA FELICITA’ E’ UN SISTEMA COMPLESSO

Dopo “Non pensarci” Gianni Zanasi ritrova Valerio Mastandrea per un film che purtroppo conferma l’incapacità ormai cronica della nostra commedia di raccontare il presente. Mastandrea è in palla, pure troppo, Battiston sacrificato, Hadas Yaron incantevole. E’ però soprattutto la sceneggiatura a convincere poco con situazioni pretestuose (per esempio tutta la vicenda proprio con protagonista Hadas Yaron) o estremizzate (l’operaio che si dà fuoco in piazza), personaggi macchiettistici (il padre di Battiston), un finale fumoso ed evanescente. Troppa carne al fuoco per un’opera che ripetutamente dà l’impressione di girare a vuoto.

**1/2

SUFFRAGETTE

Il sacrosanto diritto al voto per le donne al centro di questo dramma inglese accademico e prevedibile, impreziosito dalla presenza magnetica della brava Carey Mulligan. Ricostruzione accurata, interpretazioni puntuali, regia di mestiere, una Meryl Streep in fugace comparsata, ma il film paga una rappresentazione troppo manichea e schematica dei caratteri. Utile più che altro per approfondire una pagina di storia spesso trascurata.

**1/2

IL DOTTOR STRANAMORE

La mia personale prima volta al cospetto del classico di Kubrick. Irresistibile satira dominata da un triplo Peter Sellers da applausi e con un formidabile e militaresco George C. Scott. Le telefonate tra il presidente americano e quello russo sono da antologia al pari dei deliri anticomunisti del generale Ripper di Sterling Heyden. Ironia a getto continuo per un film che merita, come tutto Kubrick, più di una visione. Prezioso, ma al momento non rientra nella mia top list dell’autore di “Arancia Meccanica”.

***1/2

THE WAR GAME

Sorprendente film di breve durata (meno di 50 minuti) ma di dirompente forza che descrive gli effetti devastanti di una guerra nucleare. Immagini impressionanti e molto crude per un’opera che mette spalle al muro nel suo implacabile e terrificante assunto.

***1/2

BLADE RUNNER

Il film che ha riscritto la fantascienza moderna nella sua versione originale. Il monologo finale di Rutger Hauer non perde un grammo della sua commovente ed ineluttabile lucidità, Harrison Ford in uno dei titoli che ne hanno creato il mito: il loro duello finale raggiunge toni epici. Ridley Scott dirige in stato di grazia un noir ambientato nel futuro di avvolgente fascino e struggente malinconia, cui le immortali musiche di Vangelis conferiscono un’aura ancora più ipnotica. Splendide Sean Young e Daryl Hannah, finale immortale che magicamente si collega allo “Shining” di Kubrick.

****

HIGH RISE

Ben Wheatley non riesce ancora a convincere. Alle prese, per la prima volta in carriera, con una produzione importante, un cast di prestigio e un soggetto non originale, il coccolato autore di “Kill list” si impanata nella densità narrativa dell’opera ballardiana. Va senz’altro riconosciuto che trasporre in immagini l’omonimo romanzo di J. G. Ballard era impresa ambiziosa, ardua e piena di rischi, ma a conti fatti il film si rivela didascalico, asettico e tremendamente monotono. Tra tocchi splatter, vezzi d’autore e ridondanze inutili, la storia procede senza guizzi ed in modo convenzionale a rivelare la natura ferina dell’uomo, recluso in un condominio/zoo a scatenare i suoi peggiori istinti. Pur non privo di un suo innegabile fascino visivo, il film paga una messa in scena derivativa (evidenti e un po’ banali rimandi kubrickiani), una recitazione piuttosto apatica (il migliore è Tom Hiddleston, svogliato Jeremy Irons, decorativa Sienna Miller, esagitato Luke Evans, sprecata Elisabeth Moss), un ritmo congelato, un’allegoria telefonata e stantia. Il tutto così, dopo un incipit accattivante, si perde in una narrazione contorta e sprofonda in una seconda parte affrettata e posticcia, in un delirio ben poco ipnotico, tanto caro al suo autore, ma indifferente ed algido per lo spettatore. Poco amato anche da chi è fan della prima ora del regista.

**1/2

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