Il vero, il finto, il verosimile
Di recente, nel corso della lunga e appassionata discussione che si è svolta su Whiplash (che poi ha tra l’altro vinto ben tre Oscar) ci è capitato di leggere una frase buffa e garbatamente polemica che - in risposta alla levata di scudi di molti musicisti e appassionati di musica che si sono ribellati al modo in cui sono raccontati nel film i rapporti tra musicisti, l’idea di educazione musicale e la musica stessa - diceva
Quindi, mi chiedo: solo un musicista può - ovvero ha il diritto di - giudicare correttamente "Whiplash"?
E, di conseguenza: solo un coreografo professionista può giudicare "Black Swan?" E un astrofisico "Interstellar"? E un serial killer o un criminologo "Il silenzio degli innocenti"? Un padrino "Il padrino"?
Un uccello "Gli uccelli”?”
La frase è di M Valdemar, una delle nostre firme. Al di là dell’ovvio tono scherzoso stimola una riflessione. Quanto conta il verosimile in un film? Quanto è importante, per voi, che la definizione del contesto (naturalmente parliamo di opere dotate di un certo realismo o di film che, pur raccontando vicende più legate a singoli personaggi, le collocano in un preciso ambiente) corrisponda a una rappresentazione, se non fedele, quantomeno informata e corretta? Quanto chiudete gli occhi (uno solo o tutti e due) nei confronti delle forzature narrative o quanto vi ribellate se e quando vi accorgete che qualcosa irrimediabilmente stona ai vostri occhi?
È importante che chi racconta una vicenda all’interno di un contesto, sappia fino in fondo di cosa sta parlando? Quanto trovate digeribile il luogo comune (o, vista con altri occhi, la semplice verità) di colui che al pignolo di turno risponde “Ma dai! È (solo) un film!”.
Ogni riflessione è benvenuta.
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