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In ( mini ) Serie ( 13 ) : " OLIVE KITTERIDGE " [ parte 2 ( di 2 ) : ep. 3 e 4 ( di 4 ) ] : " Not Yet ".
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" Solitary, poor, nasty, brutish, and short " ( Solitaria, povera, pericolosa/sgradevole, brutale, e breve ) : Olive Kitteridge è qui per stornare almeno un termine - il primo - da questa sentenza sull'esistenza umana emessa da Thomas Hobbes nel suo Leviathan, or : the Matter, Forme and Power of a Common Wealth Ecclesiastical and Civil ” [ con un'iperbolico paragone si potrebbe accostare questa presa di coscienza introspettiva ( che avviene per forza di cose naturali ) a quel che accade - per forza di cose innaturali - alla fine di " 4:44 - Last Day On Earth " di Abel Ferrara e di " Melancholia " di Lars von Trier ( ma più che un'iperbole questa è una rotta di collisione...) ].

Il dark side of the moon, il feeling blue di “Olive Kitteridge” è presto detto e non celato : a suo modo rientra in quel complesso sottoinsieme ( limitandoci alla serialità u.s.a. : Breaking Bad, Mad Men, BoardWalk Empire, Game of Thrones, Boss, Six Feet Under, Weeds, the Sopranos...) di opere che analizzano e scandagliano il fenomeno psico-sociale dei genitori che divorano i figli. Detto in modo più ampio, chi divora ( e fa del male, in/consapevolmente e/o colposamente, a ) ciò che ama. Chi non solo ugolinescamente fagocita i propri figli e le persone amate sbranandone l'esistenze nutrendosene per sopravvivere alle proprie debolezze, ma lo fa con la scusa e l'aggravante del classico complesso ( statunitense e cosmopolita ) dell'assenza ( più acuta presenza ) del Padre ( e della Madre ), il rimosso u.s.a. ( e non solo ) per eccellenza ( per rimanere alla contemporaneità nord-americana degli anni '90-'00-'10 : "Affliction", "About Schmidt"-"Nebraska", "the Straight Story"... E qui da noi, un nome a caso, “Che ora è” di E.Scola ).


Suddivisione del romanzo ( raccolta di 13 racconti ) e del film ( miniserie in 4 episodi ).
      Qui di seguito sono elencati i 4 episodi della mini-serie con i relativi racconti costituenti il romanzo, sia quelli utilizzati per la loro realizzazione degli espisodi sia quelli da essa estromessi ( salvo che per qualche baluginante impressione ).

I. Pharmacy
1. Farmacia

II. Incoming Tide
2. Marea Montante
3. la Pianista
4. una Piccola Esplosione

III. a Different Road
( 5. Fame )
6. una Strada Diversa
( 7. Concerto d'Inverno )
8. Tulipani
( 9. Cestino da Viaggio )

IV. Security
( 10. Nave in Bottiglia )
11. Sicurezza
( 12. Criminale )
13. Fiume

Un'introduzione generale all'opera in questione ( romanzo di racconti e miniserie ) l'ho già fatta nel post precedente, incentrato sui primi due episodi [ che si trova a questo link : //www.filmtv.it/post/30780/in--mini--serie--13---b-olive-kitteridge-b--parte-1--di-2/#rfr:user-47656 ], qui di seguito mi limito a ribadire qualche concetto minimo prima di dedicarmi all'esplorazione degli ultimi due episodi.
      Di Strout, Cholodenko e McDormand ( e di tutti gli altri attori ) ho già parlato e ne riparlerò in parte qui sotto, ora voglio solo ribadire una menzione per il lavoro svolto da Carter Burwell ( musiche originali ) e Frederick Elmes ( fotografia ) : lavorano entrambi di sottrazione e al ribasso e, beh, vincono a mani basse la gara per aggiudicarsi l'appalto sul miglior rapporto forma/sostanza.
Non ho parole per l'interpretazione di Bill Murray, invece riesco a trovarne qualcuna per l'ottima prova ( intensa, disadorna, naturale, disinvolta ) della bravissima ( e bellissima ) Audrey Marie Anderson, che interpreta la compagna di Christopher ( John Gallagher ), il figlio di Olive ed Henry.


Personaggi e interpreti :

Olive Kitteridge : Frances McDormand (1,2,3,4)
Henry Kitteridge : Richard Jenkins (1,2,3,4)
Christopher Kitteridge (adulto) : John Gallagher ((1,)2,3,4)
Jim O'Casey : Peter Mullan (1,2,4)
Jack Kennison : Bill Murray (3,4)
Kevin Coulson : Corey Michael Smith ((1,)2)
Rachel Coulson : Rosemarie DeWitt (1,2)
Denise già Thibodeau poi McCarthy : Zoe Kazan (1,2)
Henry Thibodeau : Brady Corbet (1)
Jerry McCarthy : Jesse Plemons (1,2)
Angela O'Meara : Martha Wainwright (1,2,3,4)
Louise Larkin : Donna Mitchell (1,2,3,4)
Suzanne ( ex-Kitteridge ) : Libby Winters (2)
Ann ( Kitteridge ) : Audrey Marie Anderson (4)
Patty Howe ( “Guardala, come vuole vivere, guarda come tiene duro“ ) : Rachel Brosnahan (2)

Cast tecnico :

Regia : Lisa Cholodenko
“Soggetto” : Elizabeth Strout
Adattamento e Sceneggiatura : Jane Anderson
Fotografia : Frederick Elmes
Musiche : Carter Burwell
Montaggio : Jeffrey M. Werner
Produzione : HBO / PlayTone


Part III  -  a Different Road.

Racconti  :  una Strada Diversa, Tulipani.

“...la vita avrebbe acquistato velocità, e poi sarebbe trascorsa quasi tutta, lasciandoti senza fiato, davvero.”

Dove eravamo rimasti : l'auto proclamatasi "bestia" Olive Kitteridge, espressione di una (non) comune passività osservatrice che diviene a volte suo malgrado interventista e decisi-va/-onale, tra la sua compassionevole crudeltà, il timido orgoglio per le proprie malriposte aspettative e la sua acerba, assoluta modernità ( il confronto con Kennison nell'epilogo del 4° ed ultimo episodio : le idee liberali e democratiche di lei contro quelle repubblicane e conservatrici di lui, ed il passo successivo : l'accettazione, l'amore, il bisogno...) deve ora affrontare da protagonista un caso di cronaca nera in corso che la vede vittima assieme al marito e ad altri sfortunati in/colpevoli, impegnata com'è a destreggiarsi tra il ridimensionamento delle proprie personali aspettative in un perpetuo, continuo e progressivo rimpianto [ ha affittato ad una famigliola di turisti la casa che lei ed Henry avevano costruito asse su asse e chiodo su chiodo per il figlio ( ora divorziato, ma non intenzionato a tornare a casa ) e la sua futura famiglia ( che si stabilirà a New York ) ].

Elizabeth Strout ne racconta le gesta con una scrittura composta da una resistente e taciturna reticenza a dire tutto e oltre, e dalla libertà autoimpostasi di non rimanere legata all'essenziale, ma di sconfinare nell'elusività dell'allusione, del para-circostanziale, del secondario, alla pari di autori ( connazionali o quasi ) come Harold Brodkey, Richard Yates, John Cheever, Raimond Carver e Alice Munro, “davvero”! [ per citare la stessa Strout ed un suo piccolo tormentone presente nel romanzo, un po' in tutti i racconti ( Concerto d'Inverno, Criminale, etc...), e non so quanto dovuto alla traduttrice e quanto aderente al reale del testo originale ], innestando vicendevolmente le gesta, i pensieri e anche solo la fugace ''casuale'' presenza sulla scena ( sia fisica quanto semplicemente rimembrata per un refolo di tempo da uno dei co-protagonisti, con una sorta di obliquo solipsismo ) della protagonista ( suo è il nome che campeggia in copertina ) con l'altro principale fusto narrativo ( le genti di Crosby, Maine ) : l'iconografia di quanto appena scritto potrebbe essere rappresentata dall'immagine di una pianta-madre composta da due tronchi cresciuti a spirale uno avvolto all'altro sin da fuscielli.

Non è la lunghezza ( le quasi 4 ore di tempo a disposizione per traslare le 380 pagine del romanzo ) data dal formato mini-serie a rendere questo film ( un complemento autonomo ) degno di un giudizio finale più che positivo [ ci sono film di meno di due ore che condensano alla perfezione romanzi più lunghi di questo così come ce ne sono alcuni della stessa durata che con la loro compulsiva, frenetica, parossistica potatura e riduzione del romanzo da cui sono tratti riescono solo a snaturarlo, incapirlo e sterilizzarlo ], è la bravura innanzitutto della sceneggiatrice, Jane Anderson ( autrice del 7° episodio della 2a stagione di ''Mad Men'', “the Gold Violin”, uno dei migliori in una serie che con ''the Wire'', ''Heimat'' e poche altre si contende in testa a me il titolo di miglior serie di tutti i tempi ) che, dopo aver fuso il romanzo ( provvedendo prima a scalpellarne via piccoli intarsi di pietre preziose : interi lacerti di dialogo ), provvede a risolidificarlo forgiandone di nuovo - secondo una differenta architettura, con un lieve cambio di prospettiva - le connessioni tra i personaggi, in secondo luogo dell'attrice protagonista, Frances McDormand ( che ha opzionato il romanzo di Strout, ha portato il progetto alla HBO [*] ed è anche co-produttrice con la stessa Jane Andeson, Tom Hanks e altri ), e poi della regista, Lisa Cholodenko ( the Kids Are All Right ), che traslano la letteratura e la incarnano in cinema come solo – in U.S.A. - Todd Solondz, Alexander Payne, Todd Haynes, James Gray e pochi altri, oggi, possono e sanno fare.

L'unica concessione alla semplificazione messa in atto da Jane Anderson – e non è piccola, non è roba da poco e non è sorvolabile con eccessiva noncuranza - è l'invenzione totale - rispetto al romanzo in racconti di Strout – del prologo (ep.1), ovvero la materializzazione di un tentativo di suicidio da parte della protagonista : questa a mio parere è l'unica grezzitudine dell'opera : questo corpo estraneo aggiunto per lo schermo e ''solo'' intuibile sulla pagina finisce per assumere nella mini-serie le valenze di una storpiatura delle intenzioni originali, di una saturazione eccessiva di sentimenti esposti, diviene l'equivalente di un ''classico'' bel pim!pum!pam! del peggior deleterio mainstream hollywoodiano, un bel cliffhanger che pone tutta la storia in flashback, un bel MacGuffin, un bel ''principio drammaturgico fondamentale della narrazione'', la Pistola di Cechov : “se compare un'arma da fuoco...prima della fine deve sparare”, e il fatto che tutti gli elementi similari a quella rappresentazione iniziale [ ovvero : la traiettoria del proiettile con cui il padre di Olive ( e la madre di Kevin ) si fece saltar via la testa, l'ultimo biglietto d'addio ( col senno di poi interpretabile così dallo spettatore ) scarabocchiato da O'Casey ( “salvaci dai fucili e dal suicidio dei padri”, un verso da una poesia di John Berryman, che un altro personaggio, Kevin Coulson, ricorda appena tornato a Crosby, con Olive che gli si è appena infilata in macchina accomodandosi sul sedile del passeggero, e un fucile come terzo incomodo – convitato di pietra malcelato sui sedili posteriori ) prima di finire con la macchina la sua vita contro un albero, la predisposizione dello stesso Kevin al gesto estremo/risolutore ] non facciano che richiamarne l'inveramento non per questo però ne sanciscono e giustificano in un certo modo l'esistenza.
      Ma qui intervengono Lisa Cholodenko e soprattutto Frances McDormand a rendere accettabile questa scorciatoia narrativa, quest'esca artificiale.

[*] Che leggendo la lista dei decessi [ suicidi [ due (tre) tentati, due (tre) riusciti ) ], degl'incidenti, dei sequestri, dei gatti spiaccicati, dei rutti ( invenzione di J.Anderson-F.McDormand ) e delle diarree esplosive deve aver pensato di avere tra le mani una via di mezzo tra Game of Thrones by Stephen King e the Sopranos versione LilyHammer/Salt Lake City...


Affinità e Divergenze, allora ( è un modo come un altro di ''vederla'' ), tra la pagina scritta per essere letta ( la raccolta di racconti in forma di romanzo ) e la pagina ri-scritta per essere messa in scena ( la mini-serie ), ovvero : facciamo un po' di confusione.

----- Tutto ciò che Jane Anderson toglie dal romanzo trasportandolo sullo schermo scrivendo la sceneggiatura [ com'è ovvio che sia, nella serie tv ci sono dei personaggi che compaiono per un attimo e ti fanno ripensare a dei caratteri ( che non sono proprio gli stessi, a volte sono uno spezzettamento, altre una fusione di più persone ) presenti nel romanzo di racconti in cui sono sviluppati maggiormente ] è compensato da una complessità maggiore data a certi avvenimenti ''minori'' : per esempio, 'intera vicenda del figlio dei coniugi Larkin [ Louise ( una Donna Mitchell che sembra Jessica Lange in AHS ) e Roger ], Doyle, che uccise la moglie con 29 coltellate, è racchiusa in un disegno gotico-splatter che il ragazzino – rimasto in classe con Olive e un'altra alunna a scontare una punizione – in un flash back disegna su di un foglio.

----- Piccolo esempio :
- Strout : Riflessione Introspettiva :
“ Mentre aspettava giunse le mani e si rese conto che tutte le volte che passava davanti a quell'ospedale le venivano in mente gli stessi due pensieri : che era nata lì, e che era lì che avevano portato il cadavere di suo padre dopo il suicidio “.
- Anderson : Dialogo con l'infermiera :
“ Sono nata qui, nell'ala vecchia. E portai qui il cadavere di mio padre, anche se non avrebbe potuto essere più morto di com'era già “
“ Oh beh...la gente può risvegliarsi dopo un infarto. E' già succcesso, qui “
“ No, no... Lui...si sparò in testa. Proprio morto-morto-morto “
“ Oh “.

----- La frase – d'importanza capitale, posta alla fine di questo 3° episodio - “ Ma chi cavolo mi credo di essere “, pronunciata da Olive a sé stessa come un rimprovero autocosciente, dalla pagina allo schermo passa dall'essere innescata da Mary Blacwell ad Angela O'Meara ( che raccoglie su di sé il compito ''in versione minore'' che ha la stessa Olive, ovvero quello di essre un fil rouge umano per le storie di Crosby, Maine. Potrebbe esserci un romanzo parallelo ad “Olive Kitteridge” intitolato “Angela O'Meara”.

----- La frase “ Adesso puoi anche morire, Henry “ nella miniserie ha uno spazio e forse una forza maggiori.

----- A proposito delle due frasi qui sopra : alla fine del racconto ''Tulipani'', la frase “Adesso puoi anche morire” rivolta alla fotografia / al marito e la frase “Chi ti credi di essere / chi sei “, rivolta a sé stessa, convergono e si collegano esplicitamente nero su bianco nella mente di Olive : chi ti credi di essere...per pensare che Henry sarebbe morto solo perché tu gli hai dato il permesso ? Sullo schermo questo rapporto di con-causa e contro-effetto è più compartimentato e difficile da cogliere, più segreto.

----- La frase “ Sposerai una bestia e l'amerai “ nel romanzo Olive la rivolge ad una foto di Henry trovata frugando tra i ricordi intoccati da tempo, nel film diventa “ Sei nato gentile e gentile sei cresciuto. E poi hai sposato una bestia e l'hai amata “, ed è detta direttamente al marito, stando stesa di fianco a quella massa resa inerte dall'ictus, né più né meno di una fotografia.

----- E ancora : Olive ed Henry quando sono ostaggio dei due balordi in ospedale nella miniserie si rinfacciano ognuno all'altro i propri modesti tentativi di tradimento, lui le rimprovera quello con O'Casey e lei quello con Denise, ed entrambi, urlandosi addosso e ridendo imbarazzati convengono che non sarebbero durati più di sei mesi, entrambi loro, coi loro rispettivi partner alternativi-sostitutivi. Nel romanzo questo elemento è più sfumato ( Olive non ricorda bene lo svolgersi degli eventi concitati di quella sera ) ed incentrato su loro figlio Christopher, e sul perché non vuole tornare a casa.

----- E ancora : immagini sparse presenti più precisamente sullo schermo che sulla pagina : le ciotole di legno intagliate da Henry; Olive che piange in veranda; il trenino che Henry va a scovare in soffitta quando Christopher dopo aver annunciato la separazione anzi il divorzio dalla prima moglie Suzanne ( la meravigliosa scena della telefonata, registicamente gestita benissimo ) aggiunge di non voler ritornare a casa; la dolce, paratica attenzione di Olive verso il cane è più presente nel film che nel romanzo; etc...

----- Un'invenzione tormentosamente bella di script/regia rispetto ad una fugace apparizione nel romanzo ( che ne consente la nascita grazie ad un'intuizione, un'immagine che Strout credeva conclusa e invece...) è quella dei pantacollant che Olive, durante il suo imprevisto soggiorno al pronto soccorso con visita ''forzata'', spogliandosi e vestendosi della vestaglia dell'ospedale, inserisce tra gonna e camicia per non farli vedere dal medico in arrivo...e che durante i concitati momenti dell'irruzione e della presa degli ostaggi diverranno protagonisti di una breve sequenza, strisciati e tirati dopo essere rimasti impigliati in un carrellino spinto dai tossici rapinatori sequestratori, seguiti dalla steadycam con una ripresa dedicata loro in ''falso'' secondo piano...

----- “Chi credeva mai di essere al mondo, in questo mondo strano e incomprensibie ? “ ( ep. 3 – da : “Tulipani” ) : ed è con questa frase terminale, invece, che romanzo di racconti e film a episodi comunicano direttamente con la propria, di fine : dalla testa poggiata sul petto del marito morente ( Henry Kitteridge - Richard Jenkins ) Olive passa a poggiare il capo sul petto dell' ''amante'' vivente ( Jack Kennison - Bill Murray ) :
in Strout, è ancora Riflessione Introspettiva : “ Il mondo la confondeva. Non voleva ancora lasciarlo “,
mentre in Anderson si esplicita ancora come un dialogo diretto : “ Mi sconcerta, questo mondo. Ancora non voglio lasciarlo “ ( ep. 4 – da : “ Fiume “ ).

Ecco una definizione della vita da aggiungere all'elenco di Hobbes, magari in sostituzione del vocabolo espulso, “solitaria” : sconcertante.

“ I tulipani morirono, gli alberi si colorarono di rosso, le foglie caddero, i rami rimasero spogli, venne la neve. “

 

---------- ------ -----------  Attenzione : quest'ultima parte contiene SPOILER  ---------- ----- ----------

 

Part IV - Security.

Racconti : Sicurezza, Fiume.

La gente ce la fa.
      Giusto per ribadire l'ovvio : gli adattamenti di un romanzo possono sconvolgere e stravolgere la pagina scritta, o per contro anche ''solo'' limarla : ed è questo il caso.
      Uno dei racconti migliori se non il migliore di tutto il romanzo è “Nave in Bottiglia”, e delle sue meravigliose 25 pagine forse solo una vaga impressione, un'immagine latente sulla retina del lettore, un'allucinazione di un ricordo sognato compare nella miniserie : “ Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi “ : frase [ pronunciata da Olive in classe ( in un corso che corrisponde più o meno alle nostre scuole medie inferiori ) durante una lezione ( di matematica ) ai suoi studenti, tra i quali c'era anche Julie Harwood, una delle due sorelle ( l'altra si chiama Winnie, e a lei spetterà una delle conclusioni più memorabili dell'intera raccolta : leggere per credere ) protagoniste del racconto ] che letteralmente rieccheggia l'altro fra i racconti migliori non utilizzati per lo schermo, “Fame” ( un altro ancora è “Criminale” : e per caso questi racconti sono anche quelli meno utilizzati per costruire la serie, dato che la protagonista vi compare solo per un breve passaggio, una battuta o un ricordo nella mente di un personaggio...).
      E proprio da “Criminale” si potrebbe estrarre un'altra frase che Olive Kitteridge ( in un'apparizione veloce, come tutte quelle cmpiute all'interno dei tre racconti succitati ) pronuncia verso la protagonista Rebecca ( che sembra uscita da ''Fanny e Alexander'', o ''Sarabanda'' di Ingmar Bergman, o meglio da una loro versione più...cupa ), notando qualcosa di strano nel suo comportamento : “ Se c'è qualcosa che vuoi dirmi, puoi farlo in qualunque momento “.
     Si passa così da una singola frase di salvifica speranza che mette in moto un'azione di accesa ribellione positiva (fuga) ad una frase rimasta inevasa, non corrisposta, senza seguito, che in parte contribuirà a mettere in moto una ribellione negativa, più spenta e pericolosa (implosione ed esplosione).

Palliativi e placebo.
      Olive è nel torto, e da figura sia ''eroica'' ( non nel senso ''ancestrale'' del termine ) che sostanzialmente positiv(ist)a [ nonostante quell'incipit (falsamente, ambiguamente) ''esplicativo'' ma (perché) decontestualizzato : il classico racconto a flashback insomma ], sia ''amalgamante'' quanto didascalicamente formativa, pedagogica ( è un'insegnante, e una madre, e una donna ) e morale, pian piano assume una valenza pienamente tragica e parzialmente negativa, e questo sia E.Strout che J.Anderson non lo ''rivelano'' se non alla fine. Ch'è di un'oggettività e di una bellezza annichilenti.
      Nel romanzo quasi sempre ( salvo rari casi contrai di cui s'è già parlato ) tutto è più preciso e netto – ''per forza'' di cose, di possibilità espressive : ma per la sintesi che può operare il cinema ( raccordi, ellissi, stacchi ) non sempre questa è la regola, come detto, anzi – ed esempi concreti a questo riguardo sono il fatto che Christopher sa con certezza che la madre amava ( prima di Jack Kennison ) Jim O'Casey ( Peter Mullan ) - c'è una scena che ricorda la confessione di Alice a Bill in EWS cristallizzata da questa frase che Kidman pronuncia a Cruise ( vado a memoria ) : “Se solo lui me lo avesse chiesto...io avrei mollato tutto : tu, nostra figlia, la mia vita perfetta del cazzo” : a proposito di Marea Montante ! ) - e lo scherzo che le fa quando lei è a New York per trovare lui e la sua nuova famiglia ( Ann - Audrey Marie Anderson, e i suoi due figli nati ognuno da una precedente relazione ), sullo schermo, è solo l'anticamera di una rivelazione.
      E poi c'è questo passaggio esplicito del romanzo ( contenuta alla fine di “Sicurezza” ) : è Olive che ricorda una frase dettale dal figlio : “ Davvero non ti ricordi queste cose ? Di questi tempi manderebbero a casa un'assistente sociale se un bambino si presentasse a scuola conciato a quel modo “ [ p.s. : interessante l'uso dell'apostrofo adottato per la traduzione ], cui fa seguito un osservazione del narratore : “ Perché mi stai torturando ? “ - aveva pianto Olive. “ Perché mi stai torturando ? Ti ho amato per tutta la mia vita. Ed è questo ciò che provi per me ? “.
      Passaggio che sullo schermo è traslato inscenando un buffetto dato da Olive al nipotino acquisito che la stava pedantemente infastidendo.

Poi, ad un certo dato momento e luogo, per l'appunto, ecco che (ri)compare ( dopo un'apparizione fugace nel 3° episodio ), Bill Murray. Arriva lui, e nulla sarà più come prima.
      I dialoghi sviluppati durante la parte iniziale dell'incontro tra Olive e Jack Kennison sono presi quasi di peso da J.Anderson, a momenti comprese le virgole, dal testo di E.Strout ( “ il talento copia, il genio ruba “ ), e messi in bocca ai due attori che...beh, è una scena magnifica, di un tragicomico che gronda lacerti di vita.

- E' morto ?
- A quanto pare no.
- L'hanno pugnalata ? Le hanno sparato ?
- No. Non che io ricordi.
- Riesce a muoversi ?
- Non lo so. Non ci ho ancora provato.
[...]
- Il colorito sembra normale. Non ha proprio idea di cosa le sia successo ?
- Stavo camminando. Ho visto la panchina, mi sentivo stanco. Non dormo bene. Perciò mi sono seduto e ho incominciato ad avere le vertigini. Ho appoggiato la testa tra le gambe e un attimo dopo mi sono ritrovato sdraiato per terra, con una donna che mi strillava : " E' morto ? "    


Olive Kitteridge : vitali tumuli di umanità eretti sulla scogliera di Spoon River.
      Ciò che tiene in vita Olive, a questo punto della sua moderatamente travagliata vita [ accade a tutti ], oltre al picco costante di lieve egoismo, è il fatto che continua ad innamorarsi, non solo di altre persone ( di Henry, per 40 anni, di O'Casey, per una stagione, ed ora di Kennison, accogliendo il tramonto ), ma della vita stessa : GUARDALA COME TIENE DURO !
      Innanzitutto, quando avrà voglia di alzarsi, per prima cosa bisognerà mettere i tulipani recisi nell'acqua.
      Non ancora, però. No, non ancora.

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