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Le firme, la linea editoriale, i perché
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Alcuni dibattiti estivi su queste pagine (dibattiti cui non ho potuto prendere parte perché ero fortunatamente via!) mi hanno convinto della necessità di portare a chiarezza alcuni temi che vedo ancora velati da una certa oscurità. Probabilmente la mancata comprensione è colpa nostra: sperando forse che una certa sintonia ci avvolgesse, abbiamo mancato di esplicitare dei percorsi. Ci provo ora, nella speranza che possa aiutare chi ha bisogno di spiegazioni. E per parlarne un po’. Rilassatevi: sarò lungo.

Il nuovo sito

"Era proprio necessario?" Si saranno chiesti alcuni. Sì lo era assolutamente. Ce lo chiedeva l'editore, che vedeva nelle sue scuderie un cavallo di sicuro valore che non correva abbastanza. Ce lo chiedeva la necessità di un adeguamento tecnologico. Ce lo chiedeva la necessità di offrire una struttura più chiara ai motori di ricerca. E lo speravamo noi che non vedevamo l'ora di mettere in atto nuove idee, nuovi strumenti. 

Guardate che l'alternativa non era restare come si era: era scomparire. Sappiamo che ci si immagina che il sito sia pieno di pubblicità e guadagni, ma nonostante quel che si pensa i costi sono molto alti e un sito per poter guadagnare vivendo di sola pubblicità deve sviluppare traffico e numeri impressionanti. Tanto più in tempi di crisi, dove i primi costi che le aziende tagliano sono quelli pubblicitari. 

La scommessa sembra vinta. FilmTv sta andando molto bene: cresce e crescerà ancora. Ma noi - che su questo oggetto tanto amato che abbiamo creato dieci anni fa investiamo la nostra vita professionale - non abbiamo mai perso di vista quel che ci è sempre parso essere un obiettivo condiviso e necessario: cercare di parlare di tutto il cinema - quello commerciale e quello artistico, quello d'evasione e quello impegnato - senza fanatismi, senza eccessi, senza snobismi, con competenza. E fare in modo che FilmTv mantenga quella credibilità e quella autorevolezza che, grazie anche all'aura della rivista alla quale siamo debitori, ci siamo guadagnati sul campo. 

 

Old School

La crescita del bacino di utenti non è però un fenomeno che un media possa affrontare senza delle riflessioni, senza prepararsi. Tanto più se si tratta di un sito che vive dell'apporto di una comunità. 

All'inizio, quando si è in pochi, è come essere in una bella casa insieme ad amici scelti, a noi simili. Ma se la casa si ingrandisce arriva altra gente e man mano il bel salotto sembra un mezzanino della metropolitana: è così che si finisce per pensare che quella "purezza" dell'età dell'oro si vada perdendo, fino a sconfinare nell'anonimato. 

Succede anche senza che cambi nulla, basta il tempo che passa. Succede in ogni umano consesso: chi c’era da prima sente di far parte della “old school”. Tutto era meglio, tutto era diverso. Figuriamoci quando è per di più in atto un “restyling”. La percezione della perdita si fa pressante: non basta ricordare che siamo gli stessi, che ci sono le stesse parole, le stesse interazioni (con qualche aggiunta). La percezione della differenza può essere così forte da imporre distacchi, abbandoni, solitudini. 

Sapendolo abbiamo provato a prepararci: abbiamo pensato di creare una sorta di protezione che creasse un recinto protettivo attorno a chi ci ha aiutato da sempre, a chi qui si è sentito sinora a casa, a chi ha dato tanto. E così sono nate le firme: non una kasta. Un gruppo aperto per premiare gli assidui, i meritevoli, i compagni di viaggio, ma anche un gruppo che tenesse insieme gli utenti che condividono con noi una visione: diffondere la cultura cinematografica, distinguere i valori, gli autori, saper cercare e saper guardare, discutere e appassionarsi. Qualche errore è stato fatto? Qualche nome si è perso per strada? Può darsi, sicuramente. Ma in buona fede. E si rimedia: il gruppo delle firme è aperto, ve lo dicemmo, lo diciamo ancora. Eppoi non è solo un premio o una medaglia messa sul petto: avere le firme serve! Pensate per esempio alle stelle.

 

Colpa delle stelle

Un media di cinema che si propone di offrire consigli e di fornire valutazioni attendibili sul valore dei film ha  bisogno di contare su un panel di recensori di cui si fida: voi siete i nostri. Abbiamo bisogno di conservare l’autorevolezza anche di fronte alla crescita. Per questo abbiamo distinto tra  il voto della critica e il voto del pubblico: perché con l’aumentare della base di utenti votanti aumentano anche quelli che votano spinti da motivazioni non critiche, ma fanatiche. E per questo abbiamo fatto sì che il voto della critica si basasse sul panel delle persone di cui sentivamo di poterci fidare.

Prendete il caso recente del film Colpa delle stelle. In un solo giorno un drappello di ragazzine si è registrato su FilmTv per dare 5 stelle al film del loro cuore. Possiamo dire loro qualcosa? No. Anche se non torneranno più, anche se quello sarà per loro il solo voto e la sola recensione, era comunque un voto vero: a loro il film piaceva tanto. Se non avessimo un voto critico a far da contraltare, ecco che Colpa delle Stelle passerebbe per un capolavoro. E così sarebbe per molti altri blockbuster a venire: governati dal marketing, spinti sui social network, invogliati dalle anteprime, nuovi utenti bussano alle porte pronti a plaudire a modelli di cinema che appunto vivono di marketing, di promozioni, di merendine, di props e gadgets allegati. 

Ci fa anche piacere che quelle ragazzine abbiano pensato di venire qui a spingere il loro film, ma abbiamo bisogno (anche e soprattutto) delle stelle di chi dà poche stelle a Colpa delle stelle.

 

La sottile linea editoriale

“Qual’è la linea editoriale?” ci è stato chiesto, con il tono con cui a Sophie chiedevano di scegliere. Proviamo a pensare in grande: pensiamo a YouTube. Credete che YouTube abbia una linea editoriale? E noi siamo diversi da YouTube? In generale, potremmo dire di no. E YouTube non guida, non sceglie: accoglie, registra. E così facciamo noi: in realtà se ci pensate bene il nostro compito è fondamentalmente tenere aggiornato il contenitore. Ma il contenuto “ricco” qui è il vostro, siete voi. E allora forse la domanda andrebbe fatta a voi: cari (super)utenti, quale è la linea editoriale?

 

Però c’è un però. Anzi diversi però

Domanda: quanti di voi vanno sulla home page di YouTube? Quanti vanno sulla home page di Wikipedia? E soprattutto la domanda cruciale è “quale è la home page di Facebook”?.

Il fatto è che un contenitore di contributi è come Los Angeles: una città senza piazze. E soprattutto senza il centro: senza agorà. 

O meglio ancora: un contenitore di contributi è un luogo dove ciascuno costruisce la propria piazza. Siete in potenza delle piazze, lo sapevate? Per questo abbiamo pensato di dotare il sito di strumenti adatti alla costruzione delle piazze personali, per stimolare l’urbanista nascosto in ciascuno di voi: non mi dilungo su questo, se volete ci torneremo, ma se guardate qualsiasi contenitore o social network vi rendete conto che ciascuno si scava i propri percorsi da sé.

Vedo subito che scatta la ribellione: “Si ma FilmTv una home page ce l’ha!”. Vero, quella è la differenza. Però avremmo potuto avere una home page come quella di prima, che in fondo era una directory: la spiegazione di cosa è il sito, di cosa ci si trova, un po’ di moduli di ricerca qua e là. Puro servizio. Però - siccome non abbiamo smesso né mai smetteremo di appassionarci a quella cosa che si chiama “sperimentare” - abbiamo pensato che sarebbe stato bello e appassionante avere nonostante tutto una agorà: una home page fatta da voi o almeno con voi. La nostra home page è una prova, un esperimento. Non è il luogo dove “facciamo i soldi”, è il luogo della nostra e vostra libertà. Vi dico una cosa tremenda: se in questo momento tornassimo a una home page di servizio - se smettessimo di pubblicare i nostri e vostri post in quella specie di magazine - l’impatto sul traffico sarebbe prossimo allo 0.5 per cento. Non è lì che si combatte la battaglia per il pane: quello è uno spazio di libertà. Oppure, se lo volete, un’opportunità unica.

Il punto sulla linea

E quindi se volete una linea editoriale, ecco la mia

FilmTv cresce sempre, non ha mai smesso di crescere. È un dato storico. Da quando siamo nati siamo sempre cresciuti, piano piano. Il grafico degli accessi dal 2003 a oggi è una lunga linea in salita. Senza sbalzi improvvisi, senza effetti wow, ma con un andamento solido, organico: è il grafico di una società sana, che non compie speculazioni e non fa trucchi, ma si conquista piano credibilità e successo grazie alla ricerca di qualità e completezza e migliora progressivamente. Stiamo arrivando quasi ad avere 100 mila accessi al giorno. Entro dicembre li avremo: è il mio pronostico.

Quando i numeri si fanno grossi vuol dire che c’è tanta gente che entra e che non è necessariamente appassionata al cinema come lo siete voi, come lo siamo noi: magari potrebbe diventarlo, magari no. Abbiamo quindi un’opportunità unica: raccontare a tutta questa gente il cinema amato da chi ama il cinema, raccontare come ama il cinema chi ama il cinema. Cosa ci vede, cosa ci legge, come lo vive. Provare a raccontarlo ai casuali, agli sporadici. Comunicare questa passione, indicare percorsi, trasmettere pensieri e idee. E abbiamo l’opportunità unica di farlo nei confronti di una audience molto vasta. È un’offerta che si può rifiutare: si può girare la testa, cercare il proprio salotto, tornare alla propria quiete. Magari aprirsi un blog o magari rifugiarsi nel covo dei nostri simili. Ma sarebbe un gran peccato, no?

La mia speranza non sta certo nella parte di magazine fatta con le cose che facciamo noi che sono banali, di servizio: mi interessano poco, anche se il botteghino o le uscite in sala sono, diciamo, il minimo sindacale. La mia speranza è che quelle cose, che pur servono, anneghino nelle cose che arrivano da voi, nelle vostre proposte. Ecco la linea. Punto.

Poi è ovvio che bisogna un po’ guidare, un po’ scegliere. È ovvio che se si deve parlare a tanti e interessarli lo si deve fare parlando una lingua a tutti comprensibile. Magari anche scegliendo gli argomenti in base alla possibilità che vengano recepiti e accolti. Se finiamo per scrivere solo di opere oscure e invisibili, se lo facciamo con linguaggio specialistico, allora stiamo tornando a imporre il modello “salottino dei pochi” e stiamo semplicemente sbagliando. Non penso che ci si debba piegare ai gusti dei più, non mi interessa e - come ripeto - il pane ce lo guadagniamo altrove, per fortuna: ma penso che non relazionarsi, nel linguaggio e nelle scelte dei temi, al pubblico che vogliamo conquistare e attrarre sarebbe probabilmente fallimentare. Una buona comunicazione si fa in due, anche quando non si conosce esattamente chi è l’altro. O i (molti) altri.

E, per finire, uno sfogo

A fronte di tutto questo, che è sincero, scusate ma ho uno sfogo da espletare: io proprio non sopporto chi se ne va, se ne è andato o si lamenta perché il journal non è esattamente come lo voleva o come lo pensava o come era prima. Non stiamo parlando di quello e vi prego di non farlo nei commenti qui sotto. I dettagli di usabilità sono importanti, importantissimi, ma non ne parliamo qui. Le cose si sistemano, le sistemiamo ogni giorno. Ma ci sono francamente rimasto male quando ho visto che alle volte si guardava solo a quelli e non al progetto generale. Qui guardiamo oltre e più lontano, ve ne prego. 

 

PS: questo post non va in home. Diffondete agli interessati. (se ce ne sono)

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