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Gente del PO, foto inedite e altro
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Comincia così Gente del Po, esordio cinematografico di Antonioni, girato nel 1943 e pubblicato fra il 1945 e il 1947.

Un om’, una dona, una putina nella casa/barcone che scivola sul Po verso il mare.

Siamo vicini al delta, dove il fiume, “dopo aver raccolto tutta l’acqua dalle Alpi e dagli Appennini, diventa navigabile…”

L’opera prima del grande regista torna di attualità in seguito al lancio di agenzia di ieri, 11 settembre:

(ANSA) - ROMA, 11 SET - Antonioni e i luoghi della sua infanzia lungo il fiume Po. Tre mesi fa la nipote Elisabetta, che ha fondato l'Associazione Michelangelo Antonioni, ha ritrovato tra le carte del padre foto mai viste prima, scattate dal regista ferrarese alla fine degli anni '30 quando pensava ad un film o ad un documentario sul Po e alla vita dura dei suoi abitanti.

Questi 8 scatti in bianco e nero saranno mostrati per la prima volta al festival Sole Luna Treviso Doc Film (15-21 settembre) di cui si dà notizia nel post pubblicato qui:

//www.filmtv.it/post/29949/sole-luna-film-festival-a-treviso/#rfr:user-43940

 _________________________________________________________________

 Antonioni iniziava così quel viaggio nel cinema che la grande mostra dello scorso anno a Ferrara, Palazzo dei Diamanti, ha ricostruito dedicandola al regista per il centenario della nascita.

Lo Sguardo di Michelangelo Antonioni e le arti, a Ferrara

http://www.indie-eye.it/cinema/strana-illusione/lo-sguardo-di-michelengelo-antonioni-e-le-arti-fino-al-9-giugno-a-ferrara.html

 

 

Diceva Resnais di Antonioni, con la lungimiranza propria di un artista quando giudica il lavoro di un collega:

“Le sue immagini sono molto ricercate, ma sempre necessarie. Antonioni maestro dell’astrazione al cinema? Io lo vedo piuttosto come un artista figurativo, perché fa sempre sentire con molta precisione dove ci troviamo”

E di Antonioni artista figurativo Ferrara ha dato ampia testimonianza esponendo alcuni esemplari della magnifica serie Le Montagne incantate.

L’intero corpus, 160 pezzi, era stato ospitato per la prima volta nell’ottobre del 2007, all’indomani della morte del regista avvenuta il 30 luglio di quell’anno, nel Forte Spagnolo de L’Aquila, quando ancora questa non era una città morta, sepolta sotto i suoi ponteggi post-terremoto.

 

 L’ispirazione figurativa di Antonioni va dunque sempre tenuta in conto, a partire dai  primi corti in bianco e nero come Gente del Po del1947, N.U. (Nettezza Urbana)1948, L'amorosa menzogna 1949, Sette canne, un vestito 1949, Superstizione 1949, La villa dei mostri 1950, La funivia del Faloria 1950).

La percezione ordinaria dello spazio é già messa in crisi in questi primi documenti visivi d’innegabile impronta neorealistica, che diventano ben presto anarchiche avventure dello sguardo, incursioni nella realtà che si fa immagine, spazio artistico “da vedere o da ascoltare”.

Detesto i film programmatici. Cerco semplicemente di raccontare, o, meglio, di mostrare delle vicende e spero che queste vicende piacciano, anche se sono amare”.

Parole di Antonioni che, applicabili all’intero sviluppo della sua opera, partono da queste brevi riprese, dove l’astrazione fotografica é la stessa delle grandi realizzazioni successive.

Come la pipa di Magritte non è assolutamente una pipa, essendo impossibile oltrepassare i confini dell’arte, un oggetto trasferito dal mondo materiale allo spazio artistico diventa un’immagine, da vedere o da ascoltare

Così Dmitri Kourliandski in Note di presentazione di Emergency Survival Guide, Biennale Musica Venezia, 2009, e torniamo allora alle parole di Resnais, da ripensare lungo gli 11 minuti di Gente del Po.

Verificheremo quanto questo sia vero e quanto queste immagini mostrino, non raccontino.

I convogli di barconi dal fondo piatto, carichi di merci e zavorra, entrano scivolando nel campo visivo ripresi dall’alto, affiancati come enormi Telamoni gettati in acqua.

Il fiume è gonfio, il bianco e nero lo dipinge con i suoi toni più veri, difficile immaginare un colore per quello spazio velato e uniforme, chiunque passi ancor oggi sul ponte dell’autostrada all'altezza di Chioggia lo sa.

Il lavoro di terra dei contadini si riversa sul fiume in decine di sacchi di juta, diventa quello d’acqua degli abitanti dei barconi, gente di fiume che vive in movimento “tra la riva emiliana e quella veneta, nella casa che cammina verso il mare”.

La distesa dell’acqua è piatta come l’asfalto… lavandaie sulla riva … malinconiche facciate di case di contadini… qualcuno si affaccia sempre dalle finestre a guardare il fiume…

Le barche affondano la chiglia in acqua e mandano il suono basso e lungo della sirena, bisogna aprire il ponte di legno, passa il barcone con su scritto MILANO.

Segue un intero treno di barche, fumo denso, nero, avvolge e si dirada, l’acqua torna lucente, riflette la sponda erbosa, rispecchia le sagome scure delle case.

Un cavallo solitario spunta tra i lunghi fili d’erba, scalcia libero e scompare in lontananza, la curva nera di una falce taglia lo schermo, contadini affilano la lama. Le donne, affiancate, larghi cappelli di paglia chiara, sarchiano la terra e a volte guardano il fiume…

Chi dai campi guarda passare il convoglio pensa forse alla felicità. Partire, viaggiare, cambiar vita… il mare é là, in fondo al viaggio…

Verso sera il convoglio attracca, si scende a terra. C’è il paesino dai tetti aguzzi, la chiesa bianca che invita alla preghiera serale, il povero paese dove la vita scorre lenta come le stagioni, come il fiume…

Dall’argine arriva un suono di fisarmonica, ragazze corrono, il giovane in bicicletta che sfrecciava davanti alla chiesa al va far l’amore in riva al Po…

Lo stelo sottile di un alberello sulla destra, una chioma esile, la donna corre giù dall’argine e fa cenno con la mano al suo uomo in barca, é stata in farmacia e ora torna a casa.

Visi seri, silenziosi.

La putina è a letto, la madre le dà uno sciroppo, è malata.

Visi segnati oltre la loro età,  una vita di gesti silenziosi, di doveri assolti col capo sempre chino, una vita uguale, senza speranza. 

Il fiume è la vita, ma è grande e minaccioso e la vita della gente del Po può diventare ancora più desolata…

Nei giorni di burrasca bisogna correre alle capanne in pericolo, mentre il vento sradica i tetti di paglia e l’alta marea cresce. Le madri raccolgono i piccoli dal fango, si chiudono dentro i tuguri, il cielo cade sul miserabile villaggio come una punizione divina.

In breve il villaggio è invaso dall’acqua, acqua dolce del Po, acqua amara dell’Adriatico

La ripresa finale è d’acqua e cielo, rantolo di tuono e orizzonte immenso.

L’uomo è scomparso, resta il silenzio del deserto.

 

Michelangelo Antonioni, Gente del Po, 1943/1947

_______________________________

Alluvione del Polesine, novembre 1951

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

 

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