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Tra Cinema e Letteratura...il Marcovaldo televisivo di Nanny Loy
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Regista cinematografico e sarcastico innovatore del lingaggio televisivo ('Specchio segreto' -
1964), si contano sulle dita di una mano le volte di Nanny Loy come interprete di altrettante
pellicole di altri autori e stralunato protagonista di commedie dal graffiante retrogusto politico e
sociale. Tra queste quella meno legata al cinema in senso produttivo ed in certo senso più votata
filologicamente ad una rappresentazione in chiave cinematografica di un soggetto letterario non
originale, è proprio la memorabile interpretazione del Marcovaldo televisivo (1970) tratto
dall'omonimo romanzo di Italo Calvino (Marcovaldo ovvero Le stagioni in città - 1963),uscito sette
anni prima, e prodotto dalla Rai per la sceneggiatura di Manlio Scarpelli e Sandro Continenza e la
regia di Giuseppe Bennati (Congo vivo - 1962). Sulla scorta del successo della raccolta di racconti
del 1963, ma già entrata nelle antologie scolastiche italiane, l'adattamento televisivo di Bennati è
un piccolo gioello delle teche RAI dove si rintraccia tanto la qualità di una scrittura in grado di
rivolgersi 'pedagogicamente' ad un pubblico vasto e trasversale quanto la professionalità di
maestranze di prim'ordine in grado di coniugare le esigenze dell'intrattenimento con quelle di una
quanto più possibile fedele trasposizione del messaggio ecologista e sociologico insieme del
libercolo dello scrittore sanremese.

 

   
      
      
    

      

                              

Di questa felice e ruspante contaminazione dei linguaggi narrativi proprio l'allampanata e malinconica figura di un Nanny Loy , dalla zazzera bruna e le 'orecchie da bracco', nei panni di uno stralunato 'Candide' metropolitano dall'irriducibile spirito contadino, rappresenta l'elemento centrale ed il centro di gravitazione attorno a cui orbitano vicende e personaggi di un realismo favolistico in cui le paradossali ricadute di una modernità industriale e consumistica sono il paradigma di una inevitabile scissione tra Natura e Civiltà, nell'ironico e malinconico contrappasso di un villico inurbato che si ostina e rintracciare gli elementi residuali di una dimensione agreste tra le pieghe malsane e gli ingannevoli ammiccamenti di una grigia realtà di cemento e polluzione.

 

    
     

 

 

 

Frutto dei necessari adattamenti di una riduzione televisiva la struttura legata alla ciclicità stagionale dei racconti di Calvino, viene sostituita dai 6 episodi dello sceneggiato RAI che ripropongono le scene di vita quotidiana di un proletario che vive nell'affollato mezzanino di un seminterrato e fa il manovale alla SBAV, ditta di generiche quanto fantomatiche produzioni industriali, introducendo per ogni puntata gli episodi salienti del soggetto originale e riproducendo, nella pur riconoscibile ambientazione di una Torino dell'emigrazione 'terrona' e della Mole Antonelliana, le astrattezze di un indefinito paesaggio urbano affollato dalla varia umanità di figure improbabili dai nomi impossibili (Domitilla, Viligelmo, Clorinda, Tornaquinci,Diomira,Aligi) interpretati da attori teatrali di grande qualità (Daniela Goggi,Arnoldo Foà,Liliana Feldman, Didì Perego) e accompagnati dalla trascinante colonna sonora di Sergio Liberovici eseguite dalla Traditional jazz Studio-Praha e da Silva e i Circus.
 

 

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Introdotti da interviste in presa diretta ai veri emigranti (autoctoni e alloctoni) di questa Torino industrializzata e caotica nell'Italia del Boom, i sei episodi di questo sceneggiato a metà tra letteratura e documento storico seguono ciascuno il filo conduttore di un tema prevalente legato alle nuove consuetudini sociali ed economiche di una incipiente società dei consumi, rielaborando
narrativamente le vicende dei racconti originali secondo le principali attinenze all'argomento trattato (il lavoro, la mutua, il consumismo, la cementificazione, l'inquinamento, il conformismo). Visibili gratuitamente tanto sul sito della RAI (http://www.rai.tv/dl/RaiTV/ricerca.html? q=marcovaldo%203%20episodio) quanto su youtube, rappresentano l'occasione per la riscoperta del ruolo fondamentale della vocazione culturale e pedagogica della televione che fu e il canto del cigno di una società contadina che, come nello spirito più autentico dell'opera calviniana, era ormai assediata e sconfitta dagli inesorabili processi di urbanizzazione e industrializzazione nelle grandi aree metropolitane del Nord del Paese.

 

 

 

 

 

 

Nel Primo episodio le vicende che costituiscono il nucleo principale dei racconti ruotano attorno al tema del lavoro ed all'arte di arraggiarsi per far quadrare il sempre magro bilancio familiare: 'Il piccione comunale' sull'astuto quanto improvvido stratagemma di un cacciatore di tordi siberiani a corto di carabina ; 'Fumo, vento e bolle di sapone' sulla straripante ricaduta di una smania
speculativa per i tensioattivi con la scena surreale di una Torino inodata dalla piena di un fiume candido e schiumoso.

 

 

 

 

Nel Secondo episodio si prende di mira l'inadeguatezza di un sistema di previdenza e assistenza sociale (la mutua) incompatibile, per tempi e soluzioni, con le reali esigenze delle frange più povere ed esposte della popolazione: 'La villeggiatura in panchina' sulle peregrinazioni notturne dell'insonne abitante di un affollato mezzanino nella soffocante calura di una notte estiva; 'Luna e
gnac' sulla molesta invadenza di una pubblicità luminosa che oscura le meraviglie astronomiche del cielo estivo; 'La cura delle vespe' sugli effetti collaterali di una rudimentale ed economica cura omeopatica contro i reumatismi dovuti alle malsane condizioni di vita degli alloggi popolari.

 

 

 

 

Nel Terzo episodio il protagonista deve affrontare le insidie di un inquinamento ambientale che avvelena e ammorba tanto il cibo che mangia quanto l'aria che respira; e se scambiare un coniglio utilizzato come cavia in pericolosose sperimentazioni mediche ('Il coniglio velenoso') come la ghiotta preda di una insperata caccia metropolitana può portare ad un pericoloso allarme sanitario
ed alla quarantena per gli sfortunati condomini e vicini di casa del nostro, non lo è da meno il tentativo di ricercare nella bucolica evasione di una gita in collina ('L'aria buona') quel contatto con una natura incontaminata in realtà foriera di un possibile contagio tisico. Non resta allora che fuggire lontano alla ricerca di un esilio agreste che si rivelerà altrettanto deludente e avaro di soddisfazioni umane e professionali ('Un viaggio con le mucche').

 

 

 

 

Quarto episodio ancora una volta incentrato sulle venefiche ricadute di condizioni ambientali metropolitane sfavorevoli alla prosperità della vita vegetale nell'episodio tratto da 'La pioggia e le foglie' e la piccola parentesi di una sperequazione alimentare nel breve confronto di classe sociale tra 'La pietanziera' di un manovale in pausa pranzo ed il 'fritto di cervello' di un
bambino viziato e inappetente.

 

 

 

 

Quinto episodio all'insegna di una smania consumistica che se dapprima conduce all'ingorda scorpacciata dei velenosi e indigesti 'Funghi in città' ed alle conseguenti cure del caso, in seguito si tramuta nell'irrealistico cash&carry di uno spiantato 'Marcovaldo al supermarket' destinato ad una precipitosa e disastrosa fuga a mani vuote. Ma si sa, sognare non costa nulla, e dalle meravigliose illusioni in cinemascope si puo' facilmente scambiare 'La fermata sbagliata' di una Torino immersa nella nebbia per ritrovarsi catapultati nel clima secco e asciutto di una Tunisi da 'Poster' baglioniano.

 

 

 

 

Sesto e conclusivo episodio sulle contraddizioni sociali di un manovale disoccupato nel rigido inverno de 'La città smarrita nella neve' costretto dapprima a procurarsi la legna nel surreale 'Bosco sull'autostrada' fatto di cartelloni ed insegne pubblicitarie e quindi a spalare neve davanti al cancello della sua ex fabbrica, per poi trasformarsi nel fantozziano padre dei 'Figli di Babbo
Natale' tragicomico protagonista di alterne fortune del merchandising natalizio.

 

 

Finale forse un pò affrettato per uno sceneggiato (allora si chiamavano così) che si smorza nell' epilogo amaro di una piccola favoletta morale a sfondo sociale rincuorata dalla sigla 'a tema' dei titoli di coda ('Tran,tran') interpretata dal grande Nino Ferrer.

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