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Venezia 2012, Concorso: Pietà di Kim Ki-duk
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A distanza di pochi giorni, ritorniamo a parlare di Pietà di Kim Ki-duk, in Concorso a Venezia 2012 e subito dopo nelle sale italiane, quasi in contemporanea con l'uscita coreana.

 

Dopo aver saputo che il film è pieno di rimandi alla simbologia religiosa e al sesso, scopriamo oggi altri particolari e, soprattutto, vediamo in anteprima mondiale 56 scatti di scena più il teaser poster italiano.

 

 

«Questa volta, la storia è molto familiare e più riconoscibile universalmente.

L’ho realizzata con il proposito che fosse per le masse. Mi chiedo quale sarà il risultato finale.

Comunque, non credo sia molto diverso dai miei film precedenti.

 

In una società capitalista, il denaro inevitabilmente mette alla prova le persone, e al giorno d’oggi le persone sono ossessionate dalla fantasia che i soldi possano risolvere tutto. Il denaro è il problema alla base della maggior parte degli episodi spiacevoli che accadono al giorno d'oggi.


In questo film, due persone che infliggono e subiscono punizioni legate al denaro, si incontrano, pur avendo poca probabilità di conoscersi, e formano una famiglia.

E attraverso questa famiglia, arriviamo a comprendere quanto siamo complici di tutto ciò che accade nel corso della nostra vita.

Finché le persone di quest’epoca non muoiono, il denaro continuerà a porci tristi domande.

In definitiva, finiremo per essere una moneta agli occhi degli altri e per frantumarci sull’asfalto.

Ancora una volta mi rivolgo al cielo, oggi, con una fede carente: Dio, abbi pietà di noi».

Kim Ki-duk

 


 

 

Il set era carico di tensione e la concentrazione era intensa

Pietà è stato girato nella zona di Cheonggyecheon da febbraio a marzo 2012. La produzione è stata tanto rapida che, se non ci si fosse concentrati sugli attori o sul regista, le riprese sarebbero immediatamente finite.

Per una maggiore efficienza, sono state utilizzate due macchine da presa. Il direttore della fotografia Jo Yeong-jik teneva la Cinepresa A e il regista Kim Ki-duk si occupava della Cinepresa B, utilizzate contemporaneamente in una filming ratio a 7:3. Le riprese sono avvenute a diverse angolazioni, senza interruzioni. 

Tuttavia, quando gli attori raggiungevano un picco emotivo, il regista Kim Ki-duk si avventava su di loro, quasi un’immersione, sempre più vicino, finché spesso la Cinepresa A non finiva per inquadrare altro che la schiena del regista assorbito nelle riprese con la sua Cinepresa B.

Gli attori hanno rivelato, in seguito, che spesso il regista rimproverava il direttore della fotografia per questo. Comunque, era una prova della profonda immersione di Kim dentro al film e dell’elevata tensione sul set.

Portando all’estremo l’efficienza produttiva, Kim Ki-duk ha ottenuto con successo un crescendo di concentrazione e istinti esplosivi da parte degli attori e della troupe.

 

 

Un altro personaggio del film, Cheonggyecheon: catturare un luogo che sta sparendo dalla storia

Dietro l’apparenza della cosiddetta matrice dello sviluppo industriale coreano passato, Cheonggyecheon oggi sta lentamente sparendo dalla storia. Rappresenta il luogo delle memorie infantili per il regista Kim Ki-duk, che da ragazzo girovagava spesso nell’area trasportando carichi pesanti piuttosto che la cartella di libri scolastici; ancora oggi, da adulto, frequenta il quartiere per affari.

Ha scelto di girare proprio qui per catturare le storie delle persone dimenticate, insieme alla storia di Cheonggyecheon.

Per trovare le perfette location per l’usuraio, la casa di Kang-do e le botteghe dei debitori, la troupe ha cercato tra le vecchie officine di Cheonggyecheon. Alla fine sono riusciti a scovare dei laboratori che avessero all’interno lamiere, torni, frese, presse, ecc., necessari ai diversi episodi nel film, e hanno cominciato le riprese, ma non riuscivano a decidere il luogo più importante che appare all’inizio della pellicola.

Avvicinandosi la data prevista per le riprese, la troupe si è stabilita nella zona che costituiva la seconda scelta per la scena. Il giorno prima di girare, hanno fatto un ultimo giro per il quartiere. Un moderno edificio davanti al quale erano passati un centinaio di volte improvvisamente ha catturato il loro sguardo. Attirati dalla costruzione hanno deciso di entrare.

Quel luogo conservava il passato di Cheonggyecheon completamente intatto. La troupe intera ha gridato estasiata e alla fine è riuscita a immortalare per il grande schermo questo luogo storico e sventurato.

 

 

 

Cheonggyecheon

 

Il quartiere di Cheonggyecheon, fino all’imponente opera di restauro urbano costata milioni di dollari americani e terminata nel 2005, non era altro che un corso d’acqua che scorreva sotto a un cavalcavia.

In un primo tentativo di rivalutazione territoriale, gli 11 km di fiume al centro di Seoul furono coperti dall’asfalto per una strada sopraelevata, ma la zona si popolava intanto degli immigrati in cerca di fortuna  – si era da poco conclusa la Guerra di Corea (1950-1953), contribuendo a creare una certa aria da periferia degradata.

La strada è stata rimossa nel 2003 e oggi il quartiere baratta la sua aria derelitta e il suo senso storico con i neon e la pulizia da centro commerciale, a favore quindi del turismo di massa e del mercato globale.

 

 

 

 

«Finora, recitando ho ricevuto soldi...Ma in questo film, ho guadagnato passione. È un film che mi ha trasmesso una grandissima energia» - Cho Min-soo.

 

 

 

 

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