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Sciarada per quattro spie

Regia di Jacques Deray vedi scheda film

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La recensione su Sciarada per quattro spie

di joseba
6 stelle

Pascal Fabre (Lino Ventura), un agente inviato a Vienna per controllare il sospetto operato del suo collega e vecchio amico Margeri (Jean Bouise), si trova invischiato in una lotta tra servizi segreti per il possesso di uno scottante microfilm (custodito nel bastone di Margeri, detto "lo zoppo"). Tra pedinamenti, rapimenti e ricatti vari, Fabre si vede costretto ad usare le maniere forti più di una volta per cercare di salvare la propria pelle e quella dell'amico, che nel frattempo è stato sequestrato dalle spie nemiche.



Sesto lungometraggio del cineasta francese Jacques Deray (1929-2003), "Sciarada per quattro spie" è un'ingarbugliatissima spy story che mette a dura prova le capacità raziocinanti anche dello spettatore più motivato. Adattamento del romanzo "Au pied de mur" del giornalista e scrittore Gilles Perrault (classe 1931), "Avec la peau des autres" (questo il titolo originale, alla lettera "Con la pelle degli altri") ricicla situazioni e ambientazioni provenienti da "Il terzo uomo" (1949) di Carol Reed, aggiornandole in chiave francese. A contare sono soprattutto le interpretazioni di Lino Ventura, Jean Servais (l'avvocato Wegelt) e Jean Bouise: facce da polar che danno alla vicenda toni duri e malinconici, quando non apertamente tragici.



Ma al di là di una vicenda contorta all'inverosimile, in cui i personaggi stessi sono obbligati a fare spesso il punto della situazione aiutandosi addirittura con schemi disegnati, e di una galleria di facce da polar d'annata, "Sciarada per quattro spie" sfrutta decorosamente il set viennese, cogliendo ogni occasione per mostrare la capitale austriaca alla luce del giorno, in esterni notturni o nelle gallerie scarsamente illuminate. E se la pazienza dello spettatore non è travolta dai vertiginosi retroscena o dalla caterva di sorprese, è possibile gustarsi alcune sequenza girate con indubbio senso dello spazio (magari un po' compiaciuto ed estetizzante). Deray sa dove piazzare la macchina da presa e come giocare con le visuali offerte dal set, mantenendosi sempre a debita distanza dal cuore dell'azione e lasciando al montaggio il compito di assicurare la spettacolarità delle sequenze.



Ovviamente tutto il film, Servais e Bouais permettendo, riposa sulle larghe spalle del granitico Lino Ventura che, fresco della collaborazione con Jean-Pierre Melville in "Le deuxième souffle", qui è in gita premio: tra camminate perentorie sui marciapiedi viennesi e sguardi carichi di sospettosa severità, l'attore italo-francese (nato a Parma nel 1919) dà libero sfogo a tutte le sue doti attoriali, ora inchiodando i suoi occhi inquisitori sul volto del malcapitato di turno, ora producendosi in vigorosi corpo a corpo in cui mettere a frutto il suo passato di lottatore, senza peraltro disdegnare calibrati colpi di pistola equamente distribuiti tra agenti avversari, smidollati traditori e collaboratori caduti nelle grinfie del nemico. Tutto sommato un film guardabile, possibilmente con blocco degli appunti a portata di mano per riordinare la trama.

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