Regia di Wayne Wang vedi scheda film
“Ci vogliono trecento anni di preghiere per attraversare un fiume in barca con qualcuno, ci vogliono tremila anni di preghiere per condividere lo stesso cuscino” è l’antico detto cinese che capeggia sul film, al che mi chiedo se il titolo della pellicola sia, o meno, una sorta di media tra le due o cosa.
Curiosità a parte, il film di Wayne Wang si può definire sicuramente delicato e trasporta sul suolo americano una tipica storia orientale dove i silenzi e le espressioni dovrebbero comunicare più delle parole, in realtà non tantissime.
Yilan (Faye Yu) vive ormai da anni negli Stati Uniti e da poco ha divorziato, così il suo vecchio padre Shi (Henry O) decide di partire dalla Cina per starle vicino e vedere come sta.
Il rapporto tra i due è complicato, diviso dall’età e dalle nuove abitudini di lei, oltre che da segreti non del tutto svelati e mentre Yilan di giorno si trova a lavoro, l’uomo vaga da solo per la città con curiosità e voglia di apprendere sempre cose nuove.
L’esperienza orientale mescolata ad una convivenza con gli stilemi americani produce un rapporto padre-figlia, che poi è anche vecchio-nuovo inteso come società che cambia nel tempo, che si dipana con lentezza aggiungendo di volta in volta qualche nuovo particolare che verso la fine completa un puzzle non proprio limpido, ma con alcuni aspetti caratteriali e di rapporti famigliari che sono abbastanza significativi.
Certo lo spirito poetico di opere similari non viene conseguito (penso a tanti film orientali che giocano con le stesse carte la loro partita), ma alcuni momenti sono incastonati piuttosto bene, penso agli incontri sulla panchina dell’anziano signore ed al suo sguardo sul mondo che viene aiutato anche da un attore che sa di vita vissuta.
Anche alcune immagini che fanno da sfondo a diversi di questi incontri sono di buon gusto, mentre è più ostico il personaggio della donna che non empatizza quasi mai con lo spettatore pur comunicando i suoi disagi.
Insomma rimane un film semplice nello sviluppo, abbastanza ben fatto, ma che mi è parso anche un po’ furbo (sarà anche per il nome del regista) e non sempre illuminato da uno sguardo realmente profondo e partecipe.
Pienamente sufficiente.
Intraprende un registro non facile e riesce bene solo in parte, ma compie comunque diverse scelte interessanti.
Decisamente convincente senza strafare come se stesse vivendo nei panni del suo personaggio.
Personaggio non facile, non rappresentato al pari del collega maschile, ma comunque offre ampiamente il suo contributo.
Accorta.
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