Regia di Bao Nguyen vedi scheda film
Gennaio 1985: Lionel Richie e Michael Jackson decidono di scrivere una canzone per ricavare fondi da devolvere alla lotta contro la carestia in Etiopia. Il progetto prende il nome di USA for Africa, il brano si intitolerà We are the world e cominciano a partire gli inviti per raccogliere la partecipazione di quante più popstar possibile. In studio si ritroveranno, tra i tanti, Harry Belafonte, Cindy Lauper, Bruce Springsteen, Huey Lewis, Stevie Wonder, Bette Midler, Paul Simon, Tina Turner e Bob Dylan.
Lionel Richie è al comando dell'operazione, esattamente come quarant'anni prima: per ripercorrere l'epopea di We are the world il principale narratore non poteva che essere lui, colui che ebbe l'ispirazione iniziale per il brano destinato a diventare uno dei maggiori best sellers della storia della musica. All'epoca Richie ebbe essenzialmente due punti di riferimento da cui partire: Bob Geldof, che aveva appena messo a segno una grandiosa iniziativa chiamata Band aid (per il medesimo scopo: la lotta alla carestia in Etiopia), e Harry Belafonte, da sempre impegnato anche attraverso la musica in importanti battaglie sociali. Inevitabilmente i primi invitati a prendere parte all'operazione, ribattezzata USA for Africa, furono loro due. E Stevie Wonder, ritenuto da Richie il miglior partner possibile per la composizione di una canzone ad hoc. Ma Wonder, inaffidabile di natura, risponde alle chiamate del collega solo tre settimane più tardi, quando We are the world è già stata scritta... ma con Michael Jackson. Mettendo da parte l'ego, come invita a fare Quincy Jones, produttore di quella storica sessione di registrazione, la collaborazione artistica dà frutti di incredibilmente alta qualità; anche perché lo stuolo di popstar convocate a cantare nel brano è da brividi: Springsteen, Tina Turner, Ray Charles, Paul Simon e perfino Dan Aykroyd, impegnato nei cori. In questo documentario targato Netflix Bao Nguyen (già regista di Be water, 2020, biografia di Bruce Lee, e di Live from New York!, 2015, storia del Saturday Night Live) mette insieme tutti i pezzi del puzzle di We are the world e racconta quella storica maratona notturna che portò alla registrazione del brano, dal punto di vista privilegiato dei partecipanti. Momenti di festa, momenti di tensione, momenti di spasso – tra tutti, il siparietto di Dylan che non riesce a cantare la sua parte; si apparta con Stevie Wonder, di cui aveva la massima fiducia, che gli canticchia il suo verso con un'intonazione 'alla Dylan' e Bob si illumina di colpo, comprendendo finalmente come deve cantare. Assurdo, ma nemmeno poi tanto. Come anche l'intervento di Cindy Lauper, disturbato da un rumore di sottofondo indefinibile; dopo alcune takes problematiche, si intuisce che il rumore è quello delle numerose catenelle al collo della cantante. Tolte quelle, buona la prima. In questi cento minuti viene raccontata la storia di una delle canzoni più famose della storia in una maniera (spesso) inedita, anche se rimangono due grossissimi dubbi: Prince e Madonna. Se il primo viene sbrigativamente descritto come troppo egomaniaco per prendere parte alla sessione (pur invitato ripetutamente), della seconda non si fa quasi accenno – pare non sia stata voluta, sempre per ragioni di spiccato egocentrismo, ma si sottolinea qui il 'pare'. Sarebbe stato bello avere risposte più chiare su queste due curiosità; per il resto tutto godibile e indiscutibilmente accattivante. 6/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta