2 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie
Petra. Ligure.
L’ossimorica Petra Delicato, ispettore di polizia con due divorzi alle spalle, trasferitasi da Roma (e da questo PdV potrebbe benissimo chiamarsi Rocca, nel senso di Schiavone: il rapporto con la Capitale è solo il più evidente fra gli elementi di derivazione diretta) a Genova e poi catapultata (senza il suffisso “-si”) dall’archivio all’azione dura e pura sul campo, come appena detto, lavora in Liguria, e quindi, ebbene sì, lo dico io prima che voi stessi facciate 2+2, si tratta di una... Petra Ligure. (Ma mai una volta però che per trasferta compaia l'Hotel ♥ Geppi.)
La serie investigativa (sviluppata per questa prima stagione lungo 4 episodi autoconclusivi per quanto riguarda le indagini e caratterizzata da una modesta orizzontalità narrativa) prodotta da Cattleya e Sky (con MiBACT e Regione Lazio), diretta da Maria Sole Tognazzi (“Passato Prossimo”, “l'Uomo che Ama”, “Ritratto di Mio Padre”, “Viaggio Sola”, “Io e Lei”) e sceneggiata -[basandosi s’un altra serie, quella (ancora in corso) di romanzi (che non ho letto) scritti da Alicia Giménez-Bartlett - composta, ad oggi, da 11 volumi licenziati a partire dal 1996, e pubblicati in Italia da (e chi se no?) Sellerio - e, in non so quale misura, sulla precedente ulteriore serie spagnola in 13 episodi del 1999 che metteva in scena, per forza di cose, i primi tre libri, ovvero quelli usciti sino ad allora]- da Giulia Calenda, Furio Andreotti e Ilaria Macchia e interpretata da...
...Paola Cortellesi (la più casta e pura fra le attrici italiane: “Macao”, “la Posta del Cuore”, “Mai Dire Gol”, “A Cavallo della Tigre”, “il Posto dell’Anima”, “Non Perdiamoci di Vista”, “Due Partite”, “Maraviglioso Boccaccio”, “gli Ultimi Saranno Ultimi”, “Figli”) e Andrea Pennacchi (teatrante e drammaturgo - “Trincee”, “Mio Padre” -, cinematograficamente in orbita Carlo Mazzacurati e Andrea Segre, e poi: “Leoni” di Parolin, “Suburra” di Sollima, “il Colore Nascosto delle Cose” di Soldini e “Resina” di Carbonera), condensa in ogni episodio di un’ora e venti un intero romanzo (i primi 4 della saga: “Riti di Morte”, “Giorno da Cani”, “Messaggeri dell'Oscurità” e “Morti di Carta”), e questo non le fa bene: a parte piccole ingenuità e semplificazioni nel veicolare la trama e nell’utilizzo (piegato a ciò) dei dialoghi -[impagabile la confessione di un colpevole che scandisce e sottolinea come la maniglia di una porta adoperata per sodomizzare una sua vittima fosse di ottone (“...e poi ho preso una maniglia di ottone…”: visto? Che vi avevo detto? Non parlo mica a vanvera, io! Eh!), e questo solo perché in precedenza la scientifica aveva identificato l’oggetto metallico usato per commettere quella parte dei crimine come composto da una lega di ottone: lo spettatore deve sempre trovarsi di fronte ad un pannello esplicativo che rechi la scritta "Voi Siete Qui"...]-, è proprio l’intera costruzione...
...a soffrirne: sceneggiatura e regìa (che ricerca, contiene ed esprime alcuni momenti alla “un Posto al Sole” tramite drone, ma sa anche scovare ottimi squarci e scorci di una Lanterna poco frequentata dal linguaggio audiovisivo) mostrano spesso la corda, e anche la recitazione (tempi stretti per le riprese?) segna spesso il passo, pur rimanendo, per contro e a sprazzi - assieme alla fotografia di Arnaldo Catinari (mentre il montaggio e le musiche - dei pur bravi Walter Fasano e Andrea Farri - spiccano di meno appoggiandosi molto al “genere”… chiamiamolo “fiction italiana media”) - uno dei punti forti del prodotto, che si lascia guardare.
* * ¾ (***)
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