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Sicilia Queer FilmFest 2014: Cortometraggi ed Eterotopie
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Dopo l'apertura del festival, avvenuta in data 4 giugno al Teatro Stabile Biondo a Palermo, un'apertura sfavillante che ha visto sul palco musicisti (La Rappresentante di Lista, Serena Ganci) e i più importanti rappresentanti del festival stesso (da Andrea Inzerillo alla madrina del festival Sabrina Impacciatore), che l'hanno oltretutto reso possibile, oltre che la proiezione del particolarissimo Peaches Does Herself, oggi 5 giugno si sono aperte ancora più ufficialmente le danze con un primo giorno ricchissimo di nuove visioni e di piccoli grandi film. 

Si è partiti alle 16,30 con un lungometraggio e tre cortometraggi turchi, su tematica lgbt o in generale a difesa dei diritti (umani in genere). Il primo in assoluto, ad essere proiettato, è stato Voltrans di P. Ulas Dutlu e Ozge Ozguner.

 

 

Della durata di un'ora precisa (raggiunta un po' a stento), Voltrans è un documentario informativo teso a rendere nota l'associazione di uomini trans della Turchia contemporanea, appunto "Voltrans". Tramite i racconti dei protagonisti di questa associazione, tutte donne sottoposte all'intervento necessario per la definitiva trasformazione in maschi (benché con ancora alcuni attributi femminili), veniamo a conoscenza della grande forza d'animo di queste persone, vittime di una politica e di una morale persecutoria che finiscono per attenuarne la forza vitale e per distruggerne la libertà. Si avverte palpabile un senso di ricerca e di concreta rivendicazione di libertà: meno si avverte il cinema, e se non il cinema, in sé il documentarismo, che pure è un genere che con il cinema ha sicuramente ha a che fare. Oltretutto questa associazione "Voltrans" ha finito per creare nuove distinzioni, fra trans gay, trans bisex e trans etero, fino a numerose altre classificazioni che rischiano, inconsapevolmente, di portare ad ancora più etichette, come nella speranza disillusa di razionalizzare le sfumature delle pulsioni e della sessualità umana. Sicuramente "utile", abbastanza serrato e poco dispersivo, diversamente da alcuni cortometraggi successivi. Voto: ***

 

Lambda Gunlukleri (di Melike Kasaplar) tratta di tematiche molto simili a Voltrans, certi volti addirittura ritornano in scena, ma il risultato è striminzito e, paradossalmente, ancora più dispersivo. Dopo le curiose informazioni riguardanti l'"intersessualità", ovvero la sessualità ambigua, che ha spinta la comunità LGBT a riscriversi come LGBTI, le notizie che ci vengono comunicate, ancora una volta tramite interviste e stavolta anche più riprese di piazza, di manifestazioni e simili, sono frammentarie, vaghe, non si aprono e non si concludono, non contengono un discorso unitario. Non che quest'ultimo sia sempre necessario, ma la sua presenza sarebbe gradita soprattutto quando necessaria per non far scivolare un film nel baratro dell'insignificanza. Un po' un piagnisteo vittimistico che non dice niente di nuovo. Voto: **

 

Sen Otobus (di Selvinaz Altunbas) è un piccolissimo documento informativo su un'autista donna che rivendica il diritto a ricoprire un ruolo normalmente affidato ai maschi, con la conseguente reazione (sempre positiva) della gente che la vede. Non mostrando mai la controparte offensiva, che invece la considera inadatta al ruolo, Altunbas non si rende conto di non aver pronunciato nulla di problematico, ma di aver solo fatto un piccolo utopico canto di gloria in cui la speranza trionfa troppo sulla serietà dei fatti narrati. Voto: **

 

Don Kichote, Don Kichote Bizmidir (di Dorota Ros, Onur Gulcuoglu, Can Turan) risulta, certamente, il miglior pezzo di queste Eterotopie del festival siciliano. Dopo un inizio spaventosamente coinvolgente, con We're not gonna take it dei Twisted Sister in sottofondo, finalmente dopo tante parole si riesce veramente a penetrare nel desiderio e nella lotta di coloro che rivendicano per sé diritti maggiori di quelli che la società normalmente riserva, a causa della discriminazione. Ci si distacca da un tema preciso, e viene presa in esame l'associazione del Gezi Park per riflettere sulle diverse iniziative che questo gruppo di persone propongono per spargere le loro idee: non solo manifestazioni (Lambda Gunlukleri) né solo riunioni tendenti a una chiusura ancora maggiore rispetto all'esterno (Voltrans), ma anche elaborazioni artistiche e ricostruzione di alcune palazzine dove, appunto, organizzare ritrovi costruttivi. Tra le attività artistiche proposte, una di quelle che colpiscono di più è il "Teatro degli oppressi", che sembra avvicinarsi alle sperimentazioni, per intenderci, dei personaggi del rivettiano Out 1. Si respira davvero quello che uno dei personaggi chiama "il vero primo periodo illuminista turco", si respira un clima di desiderio di rinnovamento, sempre con i piedi ben saldati per terra. E non semplici rivendicazioni illusorie simil-sessantottine, ma concrete proposte di cambiamento. Una piccola perla, nel genere, che rivela spesso la difficoltà della lotta, l'indifferenza dei nemici (il riferimento a Don Chisciotte, non inteso nel suo senso fondamentale, ovvero quello del cavaliere parodico e essenzialmente "ingenuo") e anche qualche piccola sperimentazione visiva (non solo l'inizio, ma anche un cartellone pubblicitario, alla fine, coperto da una schermata che avverte di un errore di un Sistema Operativo: certo, inaspettato!). Voto: ***1/2

 

Alle 18,30 si è iniziato, invece, con i cortometraggi in concorso, con la proiezione di ben 10 film brevi (dalla qualità alterna, a dire il vero), che verranno completati dalle proiezioni delle 22,30 del 6 giugno. Già parte qualche pronostico.

 

 

 

Caipirinhas en Ipanema è il primo, deludente, cortometraggio. Diretto da Antonio Hernandez Centeno, racconta dell'incontro di due uomini, entrambi omosessuali ma appertenenti a due coppie diverse: uno di loro, vedovo con un figlio adottato sulle spalle, l'altro intrappolato in un rapporto pieno di litigi e incomprensioni. Sarà un breve scambio di battute illuminante, ma anche abbastanza buonista, un bel po' campato in aria e senza reale partecipazione emotiva. Quasi patinato. Voto: **

 

Buffalo Death Mask, diretto da Mike Holboom, dritto dritto dal Canada, è la vera perla dei corti in concorso finora visti, il migliore ad oggi. Onirico, bizzarro, ellittico, racconta di un vero e proprio corto circuito fra immagine e suono, fra flusso di coscienza (della voce narrante intervistata, quella del pittore canadese Stephen Andrews) visivo e andamento quasi documentaristico dal punto di vista del sonoro. Nello straniamento più totale, siamo trasportati in visioni distorte e a volte allucinanti, spesso alternativamente accelerate e rallentate, a riprova di una cura formale davvero mastodontica (eccezionali incipit e excipit, con immagini in bianco e nero sovrapposte l'una all'altra, quasi delle fotografie a cui viene, prepotentemente, imposto il movimento). Come dice la voce, "ricordare è come tornare sul luogo del crimine": vediamo così il passato di Andrews, dalla contrazione dell'HIV fino alla morte del partner, con la conseguente delusione affrontata solo dopo anni e anni di rabbia e disperazione. Folgorante. Voto: ****

 

 

Eisprung mit Papa, di Paul Ploberger, fa giusto ridere. L'idea è già vista, tirata un po' per le lunghe, stiracchiata. Un uomo cerca di mettere in cinta la fidanzata lesbica della sorella per permettere alla coppia di avere un figlio, attraverso una piccola serie di equivoci fino alla battuta finale che desta certo il riso, ma nessun tipo di riflessione. Minimamente apprezzabile. Voto: **1/2

 

 

El Carro Azul è, istintivamente, il film che più sembrerebbe papabile, oggi, alla vittoria. Forse per il suo leggero buonismo, forse per la presenza un po' invadente ma corretta della malattia mentale, probabilmente per l'estetica ripulita e corretta, capace di trattare temi relativamente strazianti destando un patos delicato e certo agrodolce. La storia di Hansel che torna a Cuba per ritrovare l'affetto del fratello è diretta da Valerie Heine in maniera un po' scontata ma, in fondo, coinvolgente. Voto: ***1/2

 

 

Luigi e Vincenzo di Giuseppe Bucci scade subito nel banale e nel ridicolo più involontari e meno adatti. Si tratta della storia d'amore fra due anziani italiani, i Luigi e Vincenzo del titolo, costretti ad un amore latitante che certo in 4 minuti non prende né appassiona, a causa dell'imbarazzante mancanza di idee. Il finale, didascalico, merita il dimenticatoio. Vittimistico, già invecchiato. Voto: *

 

 

Rotulo di Felipe Cabral aguzza cinicamente la vista sull'etichettabilità sessuale: un gay e una lesbica, dopo una notte d'amore passata insieme, si ritrovano a confrontarsi in una discussione al vetriolo in cui esplodono mille (inutili, debordanti) contraddizioni. Dopo l'inizio lento, il breve film prende il volto con una piega inaspettata, e si conclude come un giochetto intelligente che giostra una bella idea in 12 minuti serratissimi. Voto: ***1/2

 

 

Balls, diretto da Mihee-Nathalie Lemoine, dura appena 2 minuti. A parte il fatto che basarsi unicamente sulla trovata del videoclip dei Gotye Somebody that I used to know è abbastanza ridicolo, ma pensare di fare critica alla virilità o discussione sulla carnalità con quell'immagine finale spiazzante dimostra poca consapevolezza sia del termine "accusa", sia di "virilità", sia di "confusione carnale". Voto: **

 

 

Two Boys and a Sheep di Lee Hyung Suk, cioè a dire il secondo cortometraggio più bello di questo affollato 5 giugno. Tra il grottesco e la commedia, la storia di due ragazzini che si addentrano in una catapecchia dove, precedentemente, un omiciattolo timido aveva inserito un biglietto d'amore dentro un palloncino legato ad una pecora per la proprietaria di quella stessa catapecchia. L'intervento della donna e di un poliziotto renderanno questa commedia degli equivoci una spiazzante e tenerissima storia di un doppio amore di cui, evidentemente, uno nascosto, e l'altro, ancor più esplicitamente, interrotto dalla timidezza. Di una delicatezza quasi surreale. Voto: ****

 

 

Gleisdreieck non è solo il titolo del cortometraggio di Maria José San Martin, della durata di 10 minuti e di produzione cilena-tedesca, ma è anche il nome delle ferrovie tedesche, come anche il luogo in cui la protagonista del corto passa un po' di tempo delle sue giornate per dividersi fra due amanti, a cui racconta esattamente le stesse cose e con cui fa esattamente le stesse esperienze, a dimostrazione di come anche l'apparenza più tenera ed affettuosa possa nascondere segreti abbastanza gravosi e importanti. Comunque un cortometraggio un po' sprecato, buttato lì, senza reale motivo di interesse, se non per il fatto che si sviluppi in due lunghi ed imponenti piani sequenza. Voto: ***

 

 

Taglia corto!: un coming out in un esempio interessante di Cinema-Verité. La telecamera riprende la vera reazione (o quantomeno vera ce la fa credere) dei due genitori del protagonista, forse proprio il regista, armato di telecamera e pronto a confrontarsi alternativamente con un padre sconvolto e incapace di comprendere e una madre che tramite la retorica cerca di rigirare la nuova "malattia" del film in un chiaro segno di solitudine esistenziale. Piccola perla, riscatta l'Italia dopo il terribile Luigi e Vincenzo. Voto: ***1/2

 

Alle 20,30 è stato proiettato il bellissimo L'inconnu du lac, che certo merita un discorso a parte. La presenza di Alain Guiraudie in sala, pronto a rispondere alle domande del pubblico, è stato un ingrediente in più per una gioranta all'insegna della cinefilia più sfrenata. 

 

Alle 22,30 è avvenuta la proiezione di Pelo Malo di Mariana Rondon, comunque facilmente recuperabile il 6 giugno nella replica delle 16,30. 

 

Il Queer è iniziato scintillando.

 

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