1 stagioni - 9 episodi vedi scheda serie
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Tra le serie che possono rientrare, se pur di sguincio, solo in parte e per alcuni versi, nel para-tedioso sotto/infra-genere à la Liane Moriarty style (e che, come ad esempio la bolsa “The Undoing”, non sono però tratte dai suoi libri, categoria che comprende invece “Big Little Lies”, “Nine Perfect Strangers” e “Apples Never Fall”), questa “Your Friends & Neighbors” (che ha ben poco da spartire con l’omonima opera seconda del mai troppo dimenticato Neil LaBute), creata da Jonathan Tropper (romanziere per 6 volte, poi showrunner di “Banshee”, “See” e “Warrior”, autore degli script dell’auto-trasposizione di “This Is Where I Leave You” e dell’adattamento di “Kodachrome” e aggiustatore delle precedenti versioni dei copioni di “the Adam Project”, più sceneggiatore di una mezza puntata di “Vinyl”: quindi… boh!) per Apple e dipanantesi attraverso 9 episodi lunghi dai 45 ai 60 minuti, è la migliore in circolazione perché, senza in alcun modo giungere ai livelli stilistici di “The White Lotus”, si dimostra dal PdV dei contenuti mediamente abbastanza adulta, e poi, vuoi per Jon Hamm, [“Mad Men”, “the Congress”, “Black Mirror: White Christmas”, “Baby Driver”, “Legion”, “Lucy in the Sky”, “The Jesus Rolls”, “Richard Jewell”, “Good Omens”, “No Sudden Move”, “Corner Office”, “Confess, Fletch”, “Maggie Moore(s)”, “Fargo 5”, “LandMan”], vuoi per Amanda Peet ("Melinda and Melinda", "Studio 60 on the Sunset Strip", "The Romanoffs: Expectation", "The Chair"), vuoi per Olivia Munn ("Magic Mike", "The NewsRoom", "Violet"): insomma, ci siam capiti.
Jonathan Tropper dirige solo l’ultimo episodio affidandone 2 a Craig Gillespie (“Lars and the Real Girl”, “United states of Tara”, “I, Tonya”, “the Better Sister”) e 3 per ciascuno a Greg Yaitanes (“House M.D.”, “Banshee”, “Quarry”, “Manhunt”, “House of the Dragon”) e Stephanie Laing (“Made for Love”, “Physical”, “Interior Chinatown”, “the Better Sister”), mentre oltre all’ultimo scrive anche i primi tre lasciando gli altri 5 ad altri 6 sceneggiatori.
Chiudono il cast Lena Hall (che sforna un paio di rimarcabili prestazioni sonoro-canore), Randy Danson (tanto teatro e tv), Aimee Carrero, Isabel Gravitt e Donovan Colan. Fotografia di Zack Galler (“Manhunt”, “Piercing”, “the Act”, “the Girlfriend Experience”, “Extrapolations”, “Lessons in Chemistry”) e musiche di Dominic Lewis, che firma anche con Hamilton Leithauser, che la canta, “The Joneses”, la canzone che accompagna la sigla d’apertura creata da John Likens dei Method Studios (“The Night Of”, “Godless”).
La stagione si conclude con un finale compiuto se pure aperto ad un prosieguo necessario però solo qualora si avesse qualcosa da raccontare di ulteriore (la serie comunque è già stata rinnovata per una seconda annata, e poi sarebbe interessante conoscere le quotazioni sul mercato nero di "Study for a Pope", l'olio su tela ("ex" collezione privata) del 1955 di Francis Bacon) senza ripetere lo schema già tracciato: i personaggi sono disegnati/ritratti bene e impersonati/interpretati meglio e potrebbero sostenere gran parte dell’impresa, ma non tutta.
* * * ½/¾
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