1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie
Nope! Nope! Nope!
Questo serial originale Netflix, che produce e distribuisce, è il compendio di cosa non si debba assolutamente fare in campo sceneggiativo, registico e recitativo: un “Servant” senza lo Shyamalan’s Touch. Creata con Rachel Miller e Andrew Wilder da Daria Polatin, l’autrice dell’omonimo romanzo da cui è stata tratta, “the Devil in Ohio” è una serie stilisticamente e contenutisticamente fuori tempo massimo, quindi bell’e pronta per il prime time su Rai Uno & Due o Rete 4 & Italia 1, appaninata tra Amadeus & De Filippi e Vespa & Costanzo (♦). Credo non esista recensione migliore di quella che riporto qua sotto: relativa ad una delle edizioni in lingua originale inglese del libro, è perfettamente applicabile alla serie sostituendo “pagine” con “palle” (e povera - ma non d’adesso - la carriera di Brad Anderson, regista di 2 degli 8 episodi da 40/45 minuti: 330 in totale, 240 - se non tutti - di troppo).
"Le pagine hanno iniziato a cadere non appena ho aperto il libro."
Emily Deschanel (“Bones”, 2005-2017) non ce la fa a salvare (il prodotto da) lo sfacelo, ed anzi contribuisce, complice il resto del cast [Madeleine Arthur (molto più a fuoco - paradossalmente, data la puzza di bruciato che si respira in quest’occasione - in “Color Out of Space”), Xaria Dotson, Alisha Newton, Sam Jaeger (“the HandMaid’s Tale”), Gerardo Celasco e Bradley Stryker], che al meglio è sufficiente (bravo Jason Sakaki) e al peggio è un pesce in barile fuor d’acqua, al suo subitaneo eppure continuativo affossamento.
Fotografia di Corey Robson (“Altered Carbon”) e musiche di Will Bates, con alcune canzoni co-scritte e/o interpretate appositamente - ed è l’aspetto più pregevole dell’intera operazione - da Maiah Manser e Bishop Briggs, ovvero Sarah McLaughlin, tra le quali la main theme song, ed altre preesistenti di Hole, Fay Wolf, Donna Blue, Blood Cultures, Southern Culture on the Skids, Peter, Paul and Mary, etc…
Sarebbe uno strascicato e risicato 5 di compromesso, perché con la bocciatura assicurata poi mi riciccerebbe fuori l’anno prossimo, perciò la rimando a settembre, epperò col 4.5 e l’impegno che l’anno venturo (nonostante un “cliffhanger” che sembra non altro che una giusta punizione divina per la protagonista, oltre all’esplicitazione di ciò che s’è intravisto lampante per tutto il tempo), col diploma in tasca, vada a lavorare.
♦ Fun (not true) fact. Oggi ho scoperto due cose: che Striscia la Notizia esiste ancora e che Henry Kissinger è ancora vivo.
* * ¼
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