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Love, Death & Robots

3 stagioni - 35 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 2

  • 2021-2021
  • 8 episodi

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mck

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La recensione su Love, Death & Robots

di mck
8 stelle

World Building.

 

Rispetto alla prima stagione, questa seconda annata di “Love, Death & Robots” (serie creata per Netflix da Tim Miller e David Fincher) vede diminuire il numero dei cortometraggi, che passano da 18 ad 8 (ma è già in fase avanzata di editing finale un terzo volume) e - perciò? - la qualità media, già medio-alta, migliora un poco, e, anzi, anche sensibilmente, per certi versi.

 

 

Lista Episodi.  
Quando non altrimenti specificato, le sceneggiature (ovvero gli adattamenti dei racconti originali) sono opera di Philip Gelatt, già autore degli script di “Europa Report” e - oltre che regista - di “They Remain”.

1. * * * ½
Incoerenza tecnologica e psicologica! Violazione delle regole prestabilite!
• “Automated Customer Service”, diretto da Meat Dept (Kevin Dan Ver Meiren, David Nicolas, Laurent Nicolas) e tratto da un racconto di John Scalzi (che lo hanno anche adattato).
Praticamente: “Wall-E” innestato con “Demon Seed” di Dean Koontz e Donald Cammell: diverte e fa paura.

2. * * * ¾
Mega-megattere nudibranchie d’altri mondi: spumeggianti balzi fuori dalla coltre di ghiaccio.
• “Ice”, diretto da Robert Valley (autore dell’ottimo “Zima Blue”, contenuto nel volume precedente di “Love, Death & Robots”, e come in quell'occasione il character design è in zona Genndy Tartakovsky) e tratto da un racconto di Rich Larson (autore di “An Evening with Severyn Grimes”, “Jonas and the Fox” e, soprattutto, il bellissimo “Innumerable Glimmering Lights”, parzialmente associabile a questo per alcune tematiche di world bulding: e la costruzione di mondi con poche “pennellate” digitali è la caratteristica primaria e il pregio principale della serie, con un pizzico di insoddisfazione dovuta al conseguente fatto che se ne vorrebbe sapere, conoscere e vivere sempre di più).
Un ragazzino normodotato va a vivere in una colonia mineraria s’una luna ghiacciata di un gigante gassoso extra-solare riunendosi alla sua famiglia di potenziati cyber-geneticamente e faticando ad adattarsi, perché sono tutti più forti, atletici e resistenti di lui, fino a quando alcuni ragazzi della compagnia del fratello più piccolo (ma molto più adatto di lui a vivere in quell’ambiente) lo sfidano a ad un “gioco”: sfuggire ai leviatani che ogni tot risalgono dagli abissi bentonici rompendo a colpi di maglio col cranio lo spesso strato superficiale della distesa congelata del mare…

 

 

3. * * * * ¼
Il gene egoista.
• “Pop Squad”, diretto da Jennifer Yuh Nelson (la trilogia di “Kung Fu Panda” e “the Darkest Minds”) e tratto da un racconto di Paolo Bacigalupi (il magnifico “Pump Six”, il bel romanzo “the Windup Girl” e il racconto che può esserne considerato al contempo un prologo e una variazione sul tema, “Mika Model”).
La vita semi-immortale rende gli esseri umani semi-dei e, quindi, disumani. [E una computer grafica che, in particolare sul protagonista, lavora da… dio (1/2).]

4. * * * *
Peculiarità e canone.
• “Snow in the Desert”, diretto da Leon Berelle, Dominique Boidin, Remi Kozyra e Maxime Luere e tratto da un racconto di Neal Asher (“the Other Gun”).
La fantascienza (immortalità rigenerativa congenita e rigenerata cibernetica) è un pretesto per una storia avventurosa (“Star Wars” impera) di sopravvivenza e d’amore. Carina la gestione dell’uso delle mascherine: anti-polvere e non anti-virus, ma la gestualità quella è: empaticamente riconoscibile. [E una computer grafica che, in particolare sul protagonista, lavora da… dio (2/2).]

5. * * * ½
Fino a una decina d'anni fa a San Siro non poteva succedere.
• “the Tall Grass”, diretto da Simon Otto e tratto da un racconto di Joe Lansdale.
Molto bello, in perfetto stile Lansdale-kinghiano, ma... senza alcun senso...
Una chicca la classica stilizzazione iconica tripartita sui titoli di testa (1/2) con… l’erba alta stormente.

 

 

6. * * * *
Perché devi fare il bravo bambino.
• “All Through the House”, diretto da Elliot Dear e tratto da un racconto di Joachim Heijndermans.
Il più breve, completamente assurdo e sconclusionato, e molto… divertente, oltre che… educativo ed istruttivo… Da far vedere ai maggiori di 4… 6… 8… 10… 12 anni (ha fatto paura anche a me...) la vigilia di Natale!

7. * * * ½
Micio, micio, micio!
• “Life Hutch”, diretto da Alex Beaty e tratto da un racconto di Harlan Ellison.
Sarebbe, seguendo la cronologia interna alla serie, una variazione sul tema del primo episodio di questo secondo volume di “Love, Death & Robots”, ma in realtà è uno dei capostipiti del genere: Harlan Ellison (del quale Mondadori ha appena pubblicato “Visions”, un’antologia-omnibus, nella collana da libreria Urania Draghi: non perdetevelo!) lo ha scritto nel 1956 (ed è, con quello di J.G.Ballard che chiude questa raccolta, l’unico racconto scritto pre-2000). Una chicca la classica stilizzazione iconica tripartita sui titoli di testa (2/2) con… due dita rotte, storte, maciullate.

8. * * * * ¼
Swift rivisitato da Ballard.
• “the Drawned Giant”, diretto e adattato dallo stesso co-creatore (con David Fincher) della serie, Tim Miller, e tratto da un racconto di James Graham Ballard.
Contenuto nell’antologia “the Terminal Beach” (la Spiaggia Terminale) del 1964, “the Drawned Giant” è reso “pedissequamente alla perfezione”, tra voice over narrante in prima persona e rappresentazione letterale di ciò che avvenendo... [qualcosa di magnifico - altro, alieno, diverso, superno - appare, al limine (la battigia) tra l'indicibile e l'incomprensibile, e tiene banco per un po', sino a quando, poi, il diuturno stupore - anche se, sin da subito, manifestamente becero - evapora lasciando il posto all'assuefazione del quotidiano che divora quel poco di anima (impossibile non riandare con la memoria a Béla Tarr e alle sue misticete/odontocete "Werckmeister Hármoniák", ma pure ai Simpson!) rimasta attaccata alle meningi delle orride genti] ...accade, da Tim Miller: il cinema al servizio della letteratura: un racconto illustrato: e un piccolo capolavoro.

 

                             

Illustrazione: Urania (le Antologie) n° 464 del 17 dicembre 1978, copertina di Karel Thole (900 lire), e “Tutti i Racconti - Vol. 2 - 1963-1968”, Fanucci, 2004 (poi Feltrinelli, 2016).

PS. Recensendo la prima stagione auspicavo che la seconda potesse contenere un adattamento da un racconto di Paolo Bacigalupi, Ted Chiang e/o Greg Egan. Sono stato accontentato per un terzo (vale a dire, come scritto, il primo dei citati).              

Rimanendo così un posto vacante sul podio dei desiderata, aggiungo speranzoso un nuovo nome: quello di Nancy Kress (una vasta mole di produzione, dai cicli di romanzi ai racconti brevi, sempre di altissimo livello: qui su FTV ho parlato di "PathWays", "One", "Dear Sarah" e "Canoe").         

 

- Stagione 1 (2019, 18 ep.)

- Stagione 2 (2021, 8 ep.)          

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