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Anton Karas e il terzo uomo
di ziacassie
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Ci sono cose che ti entrano dentro e non le scordi più, come alcune canzoni sentite in un film, fosse anche mille anni prima.

La musica del Il terzo uomo  è una di queste.

E infatti che questa particolare musica fosse la colonna sonora del film, c’è l’ho dentro sin da piccola, ed è una cosa strana perché in genere ricordo le colonne sonore a partire dagli anni ’70, questa invece appartiene alla mia infanzia ed è radicata quasi in modo ossessivo. Centinaia di volte ascoltandola dicevo “la colonna sonora del terzo uomo!”. Molti mi guardavano, perché neppure ricordavano il film, figurarsi la colonna sonora.

Del film ricordavo solo Orson Welles, il bianco e nero, le ombre, i chiaroscuri, un terzo uomo; per niente la Valli e Cotten, quindi praticamente nebbia…

Ma la musica…

Non mi sono mai interessata al compositore, poi dopo il post di un mio amico,  sono andata a fare una piccola ricerca e sul blog di Andrea Plazzi  ho trovato questo post a firma di Francesca Faruolo:


Anton Karas era un suonatore di zither che si esibiva abitualmente nelle birrerie viennesi per il pubblico locale. Nel 1948 il regista Carol Reed, che era a Vienna per girare Il Terzo Uomo, ebbe occasione di sentirlo suonare e rimase colpito dalle sue composizioni che non erano né valzer né musiche popolari.

Pensò che erano perfette per l’ambientazione del Terzo Uomo e propose ad Anton Karas di realizzare la colonna sonora del film. Senza immaginare lontanamente a quale destino andasse incontro, Anton Karas accettò. Nel 1949 Il Terzo Uomo uscì nelle sale e la colonna sonora riscosse un enorme successo tanto che in quello stesso anno il disco vendette mezzo milione di copie, numero davvero ragguardevole per l’epoca.

Anton Karas divenne da un giorno all’altro una star mondiale, ma non si adattò mai del tutto a questa nuova vita, provando nostalgia per l’ambiente da cui era venuto e per il suo vero pubblico. Nel 1966 decise perciò di abbandonare la scena, uscendo per sempre dallo sfavillante mondo delle celebrità in cui era entrato per caso.”

 

 

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