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i bambini li guardano: Thor
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I bambini li guardano è una rubrica settimanale di Cinerepublic in cui gli autori raccontano, in forma di cronaca dal salotto di casa, la visione di un film per grandi ad altri genitori audaci desiderosi di allargare gli orizzonti cinematografici dei propri figli.

 

Thor (USA, 2011)

di Kenneth Branagh
con Chris Hemsworth, Natalie Portman, Anthony Hopkins, Kat Dennings, Idris Elba, Stellan Skarsgård, Clark Gregg, Ray Stevenson, Tom Hiddleston, Rene Russo, Jaimie Alexander, Colm Feore, Adriana Barraza
Genere: Supereroi


Visto da Immorale con Asia (12 anni)

 

“Papà, mi vuoi bene ?” – fa un  vocina bionda, “No” - rispondo, e lei “Perché ?, “perché al tuo posto io volevo prendere una puzzola”. “Neanch’io ti voglio bene, allora” – aggiunge Asia dopo un attimo, “Bene, così non mi sento in colpa” – chioso io.

 

Di solito la scenetta si conclude con un suo sguardo, che vorrebbe essere torvo ma riesce solo ad essere buffo, lanciato verso di me con le mani sui fianchi alla Bette Davis e conseguente abbraccio, con io che poi le faccio il solletico e lei che si dà alla fuga ridendo, dopo una breve lotta.

La pausa estiva volge al termine, dunque, fra un po’ compirà 12 anni ed io devo scegliere un film da guardare insieme. Prendo nota mentalmente, quindi:

1.  continuare con l’atteggiamento tassativamente negativo e da orco circa la sua richiesta di avere per regalo un cavia, in modo da sorprenderla il giorno del suo compleanno;

2.  chiedere lumi sulla sorte del famigerato e illetterato adepto di “Comunione e Liberazione”, sedicente fidanzato di Asia, dal lei conosciuto in quei luoghi di perdizione che sono gli oratori;

3.  decidere se optare, per la periodica visione insieme, per un’attenta pianificazione “tattica” o se prediligere un  “assalto” guerrigliero improvviso, lasciandomi guidare dall’estro e dall’umore cinematografico di questo periodo;

4.  capire perché, recentemente, mi esprimo mentalmente con termini guerreschi (“tieni a guerra 'n capa”, direbbe un mio amico napoletano).  

 

E la scelta, fulminea e repentina, anche a causa dei tempi ristrettissimi della mia visita post-lavorativa al blockbuster causa moglie in attesa dell’auto, l’unica e scassatissima ma affidabile ammiraglia di famiglia, ovvero una Escort SW di berlusconiana memoria, cade sull’ultimo lavoro di Branagh, Thor. Uno dei più antipatici e tronfi supereroi dei fumetti, secondo solo, per arroganza, all’atlantideo Sub-Mariner e seguito, un gradino sotto,                 dall’”umano” Tony Stark. Perché no, mi dico, Branagh non è Michael Bay e la sua incursione in casa Marvel potrebbe riservare qualche sorpresa.

 

Torno a casa trafelato e in ritardassimo e, dopo aver subito un sacrosanto rimbrotto da mia moglie, comunico a lei e ad Asia: “Stasera guardiamo Thor”; la pargola mi guarda e dice : “Pdor, il figlio di Kmer ?”… maledetti Aldo, Giovanni e Giacomo, penso mentre rispondo: “No, questo è figlio di Odino”. Dopodiché loro escono e io assumo la posizione a “tre di bastoni” sul divano per un’oretta di meritato riposo post-lavorativo, accompagnato dagli ipnotici tappeti sonori del John Lee Hooker di “Endless Boogie”.

 

Dopo cena arriva il momento; sono ancora con il DVD in mano quando Asia, (s)comodamente seduta sul divano di fianco alla madre, mi fulmina: “Papà, io vado in camera a guardare qualcosa al computer, non ho voglia di guardare Thor”. Rimango un attimo inebetito, nella posa plastica dell’inserimento del dischetto nella PS3. ”Cosa ?” – bofonchio, “ho visto il trailer, non penso che mi piacerebbe”, conclude mentre si avvia verso la sua camera. Lo sbigottimento dura qualche minuto, dopodiché, prima di iniziare la visione, mi alzo e vado da lei; e la trovo a guardare un cartone ("Il castello di Cagliostro” di Miyazaky, con protagonista Lupin III) già visto decine di volte.

 

Ora, mi reputo e sono considerato quasi unanimemente un tipo ombroso ma paziente, sia al lavoro che nella vita privata, le mie arrabbiature sono considerate eventi storici, anche se più frequenti con alcuni soggetti (epiche le mie discussioni con i miei genitori, appunto) ma, questa volta, mi salta la mosca al naso, giusto o sbagliato che sia.

“Preferisci guardare una cosa già vista decine di volte piuttosto che affrontare una novità ?” – le dico con tono mediamente alto, “Ma perché sei così conformista nelle  tue scelte ? Non ti sto chiedendo di guardare un film russo in bianco e nero con i sottotitoli in eschimese, si tratta di un film di supereroi”. “Ho visto il trailer, non mi è piaciuto” – mi risponde, “E tu, in quindici secondi di immagini riesci a capire se un film è bello o no, senza controprova ? Ti proporrò come direttore di Film TV”, dico con tono acceso ed un lieve colorazione del derma facciale, non verde ma tendente al rosso.


 

 

Dopo la sfuriata torno in sala e mi siedo sul divano, dopo uno sguardo commiserativo/rassegnato scambiato con la mia dolce metà; prima dell’inizio, qual temporale a ciel sereno, arriva anche Asia e, con faccia noncurante e lievemente scocciata, si siede tra di noi. Ci guardiamo in cagnesco ed iniziamo la visione.


 

 

Il bello è che, poco dopo, inizia a divertirsi, ridendo sguaiatamente nelle fasi “slapstick comedy for semi-gods” o accigliandosi interessata nella fasi drammatiche; tale circostanza, che dovrebbe innervosirmi ulteriormente, ha invece l’effetto paradossale di tranquillizzarmi e di farmi ulteriormente sbollire l’”ira funesta” (già tarata antropologicamente sul minimo di durata) e cerco di concentrarmi sul film.

 

Titoli di coda e post-finale, è tempo di tirare le somme: sono rimasto mediamente deluso dalla  visione, il risultato delle fatiche di Branagh non si discosta di molto da prodotti analoghi di medio livello, senza scadere in basso ma anche senza mai entusiasmare.  La pecca più visibile è la mediocre qualità dei dialoghi, mancanti totalmente di enfasi e di quello spirito drammatico che ti aspetteresti da un regista scespiriano come Branagh alle prese con gli Asi, non pretendevo una scrittura operistica o pomposa ma neanche scambi di battute così triti; probabilmente le non eccelse qualità recitative (non fisiche, ha quel che si dice le “Phisique du Role”) di Chris Hemsworth, unite alla svogliatezza di una Natalie Portman che sembrava capitata lì per caso e ad alcuni snodi narrativi frettolosi e forzati (la troppo repentina conversione di Thor da arrogante Dio nordico a Ghandi “testosteronico” dopo appena un paio di giorni sulla terra ?!!!?) hanno contribuito a banalizzare ulteriormente il tutto. Il resto del cast fa il suo dovere, anche un convincente Anthony Hopkins nei panni di Odino, ma non risolleva, a mio avviso, le sorti di un lavoro solamente sufficiente.   

“Papà, quando esce il seguito”, “Non lo so, bisognerà aspettare un po’” - rispondo. “Speriamo non facciano passare troppo tempo” – mi dice con espressione soave ed innocente; la fulmino con lo sguardo e le dico: “dovevo proprio prendere una puzzola…”, dopodiché lei mi fa la linguaccia e si ritira allegra nella sua “stonza”.  

 

 

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