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Paralleli. Padri e figli
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Due storie diverse, ma costruite intorno alla stessa idea. Un ragazzo e suo padre che si rincontrano, dopo tanti anni, a causa di una malattia che li colpisce da vicino. Due uomini, separati da una generazione, che amano le stesse cose (la musica leggera, il baseball), però non vanno d’accordo. Due percorsi intrecciati intorno alla difficoltà di essere come l’altro si aspetta: una difficoltà che può sfociare nel rifiuto (il vecchio che si irrigidisce, il giovane che si ribella) oppure in un precario compromesso (il sofferto tentativo di seguire le orme del padre), e che, in un caso e nell’altro, porta a compiere una scelta innaturale e sbagliata.  Salvo poi tornare  sui propri passi per rendersi conto  che non è necessario essere uguali per capirsi, sostenersi e volersi bene. Carlton e Kyle Garrett, Gabriel e Henry Sawyer, sono i protagonisti dei film The Open Road (2009) e The Music Never Stopped (2011), due produzioni americane non ancora approdate nelle nostre sale, che affrontano l’argomento dai due opposti versanti del cinema: quello di invenzione ed intrattenimento, e quello d’arte e di documentazione. Il primo, scritto e diretto da Michael Meredith, si rivolge ad un pubblico che ama il sentimento, ma con moderazione, perché lo vuole vedere calato nella realtà, dove i suoi acuti sono attutiti dalle contingenze materiali, ed in parte soffocati dalla scarsa predisposizione ad aprire il proprio cuore e rivelare le proprie insicurezze. Il secondo, diretto da Jim Kohlberg, ma sceneggiato da Gwyn Lurie e Gary Marks, è basato sullo studio scientifico compiuto nel 1977 su un uomo colpito da amnesia: si tratta di Greg F.,  di cui il neurologo Oliver Sacks descrive la patologia – provocata da un  tumore cerebrale - in un articolo incluso nel suo libro An Anthropologist on Mars (1995).  Ad unire le due opere è il desiderio di presentare il rapporto tra padre e figlio come una realtà che sfida il tempo, ma deve essere pazientemente (ri)costruita, adeguata ai cambiamenti causati dal passare degli anni, dal divario generazionale, dalla separazione conseguente alle incomprensioni.   L’automatismo e la presunta necessità dell’amore paterno/filiale sono sostituite da una volontà attiva e vigile, che si concretizza nell’impegno di accompagnare l’altro lungo un percorso esistenziale accidentato, reso ancora più arduo dalla diversità di vedute. Procedere insieme, nella stessa direzione, è un compito che richiede uno sforzo specifico e costante, nel momento in cui i rispettivi cammini tendono istintivamente a divergere, a puntare verso orizzonti distinti, e magari concettualmente antitetici. Trovare un traguardo comune comporta, oltre ad una buona dose di tolleranza e disponibilità al compromesso, la capacità di tacere e mentire, di risolvere gli inevitabili equivoci con la benefica arma della finzione, che nasconde la verità che divide, ed introduce una fantasia che unisce.  

Carlton, per convincere il padre Kyle ad abbandonare i suoi impegni di vecchio campione di baseball e venire via con lui, gli fa credere che le condizioni di salute della  madre siano molto più gravi di quelle che sono; Kyle, a sua volta, rimedia ad un errore, di cui si vergogna, simulando l’intervento di un amico inesistente. Fino a qui gli espedienti sono quelli classici che fanno funzionare la commedia, alimentandone gli ingranaggi volutamente ambigui ed ondivaghi, e circondando i personaggi di un pittoresco alone di debolezza.  La messa in scena, in altri termini, serve la causa della rappresentazione realistica dei caratteri umani e dei fatti della vita.   Nella storia di Henry e Gabriel, invece, essa diventa un’espressione letteraria ed onirica. È un impianto fantastico, realizzato ad hoc per fuggire da una situazione impossibile e senza speranza: la mente di Gabriel, mutilata da un’operazione neurochirurgica, riesce a vedere solo il lontano passato, che Henry cerca quindi di trasferire nel presente, procurandosi un giradischi ed una raccolta di vecchi dischi in vinile,  per riempire la vita del figlio dei ritmi rock degli anni sessanta.

In entrambi i casi, l’intesa è un risultato faticosamente raggiunto: è una dimostrazione di adattabilità, di capacità di dominare l’evidenza, sottomettendola al desiderio, nobile e creativo, di proiettare, nella vita a due, uno scorcio di mondo in cui poter abitare insieme.    

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