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A nudo: Yume - La lunga strada verso il cinema
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Premessa

Questo post è stato scritto nei giorni antecedenti il 23 c.m.

Poi sono successe cose tremende nel mondo, non più di quanto accada costantemente ogni giorno, ma a volte  si resta inebetiti più del solito, per qualche oscura ragione.

Avrei voluto evitare la sua pubblicazione, oggi, visto il tono leggero dell’insieme che mi sembrava inopportuno.

Ma, si sa, la vita continua e the show must go on.

Nel cuore, però, nessuna croce manca.

____________________________________

Parlerò di strade, ma sappiate che non sfiderò la prosa immaginifica di Travis nè quella fluviale e lussureggiante di spopola, tendo alla sintesi, che sconfina a volte nella laconicità, da piccola ero addirittura muta e anche se qui dentro avete assistito ai miei eroici furori scrittori, nella vita mi piace più ascoltare che parlare.

Oltre a ciò, non ho una fantasia creativa, mai scritto romanzi o poemi, resto troppo soggiogata da quello che hanno scritto altri, certi altri, o dipinto o composto per pensare di farlo io.

Non è falsa modestia, ci ho provato e ridevo mentre lo facevo, e forse la mia carriera letteraria finì prima ancora di cominciare quel giorno lontano in cui strappai la lettera che mi diceva “hai vinto” per chissà che concorso, neanche ricordo.

Il bello è che mammà e papà vennero a saperlo e, apriti cielo! una figlia con chiari segni di pazzia?

Forse, o forse partiva da lì la mia stradina zen.

Mi piace ridere, oh sì, trovo spesso il lato umoristico delle cose, è spontaneo.

Un’amica da vent’anni, che adoro per la sua vis comica inesauribile, sa che finirebbe la nostra amicizia se diventasse una persona seria.

Ciò detto non vi tedio oltre col mio stream of…ecc. casereccio e passiamo al terzo grado che il buon Spaggy ha imbastito per me.

 

Voleva sapere i dati anagrafici.

Scordatelo, gli ho detto, la data di nascita mai, perché, come dice un buon amico, tutto può cambiare ma “alle donne non si chiede la data di nascita, è una regola che regge ancora e reggerà sempre”, e io mi fido dei pareri degli amici.

E poi, sono tanti gli indizi che spargo in giro che con un po’ di fiuto da segugio si potrebbe indovinare perfino a che ora sono nata (attenti ai depistaggi, però).

Per il resto sarò più malleabile, sono una Gemelli, la cosa mi piace per la sua simmetria classica ed è l’unica per cui l’oroscopo mi sembra una buona istituzione.

Segni particolari: fisici, non so, credo di essere all’interno di un sano anonimato, qualche avatar l’ho messo con foto, scegliendo accuratamente, ovvio, quando non ero incazzata e allora ricorrevo ai manga, fate un po’ voi, qui nella virtualità conta poco (però, più avanti, Spaggy mi chiede qualcosa a proposito di passaggi dalla virtualità alla realtà. Ciò è avvenuto, qualcuno mi ha visto, chiederò se hanno notato segni particolari…forse un’aureola?!?)

Segni caratteriali, tare psichiche, altro…nella media, maschere in quantità, ma innocue, e soprattutto trasparenti.

____________________________________________

Ma parliamo di cinema, siamo qui per questo.

 

INTERVISTA (a cura di Pietro Cerniglia)

 

"La strada". Luogo di incontri e di avvii verso mille direzioni. Dove e perché inizia la strada che ha portato Yume verso il cinema.

Tutto cominciò il giorno in cui mio padre mi portò a vedere La strada.


Per l’occasione, visto che la considero una pietra miliare, mi sono imposta di scrivere qualcosa.

Ne è venuta fuori una cosetta che si prefiggeva di essere alla Carver (che lui mi perdoni) ma più che ambientarne una parte in cucina, come spesso lui fa, non ho saputo combinare.

Ve la propongo e siate magnanimi.

 Titolo:

Film per bambini

 

-Oggi ti porto al cinema-

La voce baritonale del padre entra nel suo cerchio di luce.

Gioca sul pavimento della cucina, vicino alla finestra.

Strana quella cucina, ha tre finestre, ma è sempre buia, tra i palazzi del centro la luce entra piano dalla porta fino all’angolo opposto, un risucchio d’ombra dove si perdono il lavello e il gas, sul fondo.

Al centro un grande tavolo, lì fa i compiti, copia le pagine del libro, l’ha ordinato la maestra dall’occhio storto, le copia in stampatello, perché per lei copiare vuol dire copiare, e non c’è stato verso di convincerla a non scrivere in stampatello.

E poi la penna, tenuta in quel modo strano, tra indice e medio, e anche lì, caparbia, nessuno l’ha convinta che non è così che si tiene.

Ora va al cinema.

Non sa cos’è, si fida.

Stringe la mano del padre, grande, vicino a lei, è contenta, cammina veloce, parla poco, è tanto contenta.

Inverno, già quasi buio, è contenta e non ha freddo.

 

C’è un gran manifesto sul muro del cinema, il cinema Apollo (parrocchiale, ma sempre buono).

Quel nome le piace, le viene in mente il nano ciccio in prima fila nel libro di favole, i nomi sembrano suoni, questo è un grosso sbadiglio che si arrotola morbido su sé stesso.

Il padre fa i biglietti, lei guarda il manifesto, cerca di leggere, poi smette e guarda le figure.

Una buffa faccetta di pagliaccio, un uomo che sorride, hanno il cappello in testa.

Dietro, più in alto, un uomo con la faccia cattiva.

Affonda nella poltrona di legno della platea, vede tutto senza colori, non capisce perché, quella musica è strana, la fa piangere un po’.

Non capisce, vuol vedere il circo, sì, il pagliaccio c’è, ma dov’è il circo?

Sente parole strane, ah, sì, ecco, c’è l’uomo sul filo, oh, cade, no, non cade… e quella musica….ma è il pagliaccio, suona la tromba. E prima suonava il tamburo.

E quell’uomo brutto con la moto e la carrozza dietro che fa? perché dà pugni a quello che rideva?

C’è il mare, e poi la neve e poi il mare buio, le ondine con la schiuma sulla riva.

Piange, quell’uomo brutto…

 

Escono dal cinema Apollo.

E’ buio, via, via, a casa per cena.

Stringe forte la mano, corre un po’, si va di fretta.

Ha tanto freddo ora.

________________________________________

 

Cominciò così un grande amore futuro, su quella strada fredda, e io mi sono sempre sentita un po’ Gelsomina, magari agli altri dò più l’idea di Zampanò, chissà, ma io lo so di essere Gelsomina.

________________________________________

 

E da allora immagino che la strada sia stata sempre più in discesa. Quali sono adesso le sensazioni provate di fronte alle pellicole viste allora? Ne è cambiata la percezione cambiata con il trascorrere del tempo?

Non ricordo se e cosa vedevo allora, forse niente, andare al cinema era un fatto strano, fuori dall’ordine naturale delle cose (leggendo la biografia di Paul Schrader mi sono consolata, lui ha visto il primo film a 17 anni, a me è andata meglio, almeno da quel lato) la paghetta non bastava e allora si faceva altro, scrivevo e mettevo in scena, in cortile, commediole e favole con i ragazzini della strada.

Vico della Luna era la mia strada a fondo cieco (e anche lì ci vedo un segno premonitore), si prestava come set, io facevo la regista, molto tirannica e incazzusa, grembiule nero della scuola come divisa e gran successo di pubblico (i genitori sono sempre tanto cari).

Ma anche quella carriera finì sul nascere, la mia vita è fatta di tanti segmenti autosufficienti, procede per accumulo di esperienze fini a sè stesse.

La vita da spettatrice invece è fiorita ai tempi dell’Università, a Roma.

Un mondo da scoprire tutto davanti a me, e quello che ho visto allora lo rivedo con la stessa emozione.

Qualche ricordo?

Tanti, allora infilarsi nelle tane dei cinema d’essai faceva tanto figo e ricordo Edoardo (mi hanno sempre affascinato i nomi, questo era nella top ten e poi studiava geologia, cosa romantica assai)

Amava Brando e mi fece vedere Queimada.

Chissà se ora è diventato grasso e pelato come il suo idolo? Non posso pensarci.

Su Arancia meccanica rischiai di essere diseredata, cosa mi venne in mente quel giorno non so, ma trascinai mia madre in non so quale sotterraneo dalle parti di Fontana di Trevi, fumoso e trucido.

Fu una specie di contrappasso involontario, giuro, La strada film per bambini contro Arancia meccanica, film per mamme!

Difficile crederlo, ma è vero, le piacque molto, era in gamba mammina (e l’eredità fu salva).

E Addio fratello crudele? Quasi svenni fra le braccia di Roberto (quello dopo Edoardo, nome troppo comune, lo lasciai per questo, non lo sopportavo).

Ero una fragile fanciulla in fiore, allora, potevo mai pensare che un giorno sarei felicemente approdata a Kitano?

 

Mancavano i giapponesi, sì, quel traguardo è stato molto tardivo, ahimé, una strada lunga e tortuosa da percorrere!

…the long and winding road…

Ecco, la passione per i giapponesi (roba che a pensarci mi fa schiattare d’invidia, visto che non riesco ad avvicinarmici) mi spinge a chiederti quali sono gli elementi che deve avere un film per "emozionarti"…

Come definirlo? ogni volta è diverso, io so solo che sto lì, come su una navicella spaziale, parto con loro, lui, lei, chiunque sia sullo schermo, sono molto attenta al primo fotogramma, la prima inquadratura, voglio controllare se è coerente con l’ultima.

Bisogna però che arrivi all’ultima, e non sempre accade.

Infatti, se qualcosa non funziona, è il segnale, comincio a fluttuare in assenza di gravità e…mi addormento.

A qualsiasi ora io mi metta di fronte ad un film, a casa o al cinema, se non va crollo addormentata, è incredibile, mi vergogno, sono la favola dei miei compagni di cinema e cerco di mimetizzarmi con mezzucci vari, ma loro si accorgono, i maledetti!

 

Ma, se dovessi scegliere tra cinema americano, italiano o orientale, dove andresti e dove invece non ti avvicineresti mai?

Ecco, magari rispondendo a questa domanda riuscirò a dire meglio cosa mi emoziona.

Da Yume di Kurosawa (imperatore a cui ho eretto un altarino in casa) il cammino sulla strada verso Oriente non si è più fermato e continuo a chiedermi come abbia potuto aspettare tanto.

E’ raro che un film dell’Estremo Oriente non mi piaccia, spesso invece gli italiani e gli americani mi deludono, dunque dev’esserci un feed particolare (reincarnazione?) che mi porta a sentirmi più in sintonia con quel mondo.

Ho conosciuto alcuni giapponesi, sono proprio come li vedo nei film, mi piace la loro riservatezza, quell’inchinarsi, quell’accovacciarsi a terra, quella leggerezza di gesti, la scioltezza con cui si alzano e si accucciano a tutte le età, ignari di artriti e dolori al menisco.

Sorridono, quasi sempre, tranne Kitano, ma fa lo stesso, lui sa che lo capiamo bene sotto la sua ruvida scorza, lo adoro, più vuol fare il cattivo e più lo adoro.

Andrò a Tokyo appena riesco, intanto la mia strada mi porterà a Bangkok dopo la stagione dei monsoni (un nipote che ha avuto la buona idea di sposare una bangkokiana), anche se mi hanno avvertito che il ritorno a Fiumicino è sconvolgente, si può anche morire.

Una scultrice conosciuta da poco, Izumi Oki, artista del vetro che riesce a far diventare aria, mi ha detto con un sorriso: “Voi siete aggressivi”.

Porca miseria, ci ho pensato per giorni! E’ vero, lì anche se tagliano teste a colpi di katana non  mi  creano quel fastidio che provo se vedo un american gangster movie o se uno fa il furbo nella fila al supermercato.

Ciò detto, c’è anche tanto che non perdo dalle nostre parti, soprattutto i francesi e i tedeschi (e Reitz non lo cambierei con nessuno nel mondo occidentale).

 

E, passeggiando passeggiando, abbiamo visto anche Cose Turche

Sì, mi piace fermarmi, a volte, lungo la strada, e il Vicino Oriente mi trattiene con le sue armonie all’ombra dei minareti, mentre il muezzin intona la sua preghiera dall’alto, e lo senti dovunque, da un capo all’altro la voce rimbalza fra le cupole dorate, mentre calpesto i soffici tappeti delle Moschee, guardo ipnotizzata quella preghiera di uomini seri, bruni, che tendono le mani, si inginocchiano, si prostrano, si rialzano e poi di nuovo, la fronte a terra,  in una infinita circolarità di gesti,

Il sound of Istanbul, triste e gioioso insieme, mi attrae, con i tramonti sulle rive del Bosforo a bere çay o del buon raki, e quel tempo fermo fra i dirupi dell’Anatolia mi ricorda le gole selvagge del mio Abruzzo e le donne antiche dei paesi di montagna.

 

Dove non andrei mai?

Posso andare dovunque, se non mi piace dormo, l’importante è che non sia Borat, lì divento feroce.

 

È anche chiaro che la visione di certe opere sia quasi clandestina. Come riesci a recuperarle: videoteca, sala d'essai, multiplex, download, amici smanettoni?

Nessun limite alla divina provvidenza, il recupero è a 360°, finché posso, e di amici smanettoni sono sempre in cerca, chi vuole si faccia avanti.

In graduatoria di preferenza la sala cinematografica viene al primo posto, se singola o al massimo triplice.

Le multisale le evito, stranianti come un aeroporto, ma se proprio non c’è scelta… (l’ultima volta fu per Frankenstein junior, risate in dolby surround, poltrone stracomode, insomma un’esperienza da fare di tanto in tanto)

Sale d’essai? Una volta, ora no, troppi saputelli di ultima generazione convinti di aver inventato loro il cinema, bastano i siti di cinema per questo, preferisco stare fra la gente comune, come me.

 

Solletichiamo un po’ la tua vena critica. Sei stata di recente al cinema e hai visto un film che ti è rimasto sulla pancia…

Non ho scritto niente per non litigare, ma tanto ho litigato lo stesso…The Tree of Life (fenomeno di catalessi di cui sopra, e ch’aggia fa?)

 

Ah, colpo al cuore per “chi chiede”, visto che forse (il forse è un eufemismo) c’ero anch’io tra i litiganti. Ma non mi basta ancora…Dicci almeno due film che secondo te sono uno sopravvalutato e l’altro sottovalutato.

Per non citare di nuovo Malick ora mi spremerò le meningi: dunque, il sopravvalutato…(il problema è che poi mi tocca sempre litigare con qualcuno, uffa!) …eh sì, Amadeus, mi spiace, ma Wolfy era ben altro, non me lo toccate (Emidio perdonami!)

Quello sottovalutato faccio più fatica, a volte non si tratta di sottovalutazione ma di scarsa visione, tipo The Good Heart di Dagur Kàri (Noi Albinoi ha avuto miglior fortuna) non abbastanza visto e commentato per il gioiello che è.

 

Metti caso che per uno scherzo del destino o per contrappasso dantesco sei costretta a prendere parte a un cinepanettone. Hai la possibilità di scegliere: Boldi o Christian De Sica? Dove vai e perché?

Boldi, nessun dubbio. E non c’è un perché, chiedi troppo, pure un perché a tanto orrore? Sono costretta, l’hai detto tu.

 

Dai, ti levo dagli impicci dell’ “usa e getta” e ti dico che una grossa casa di produzione ha in mente di girare un film basato sulla tua vita. A te il compito di scegliere, però, genere, regista e cast. A chi andrebbe il tuo ruolo? Chi meriterebbe di rappresentarti?

Qui all’alta fantasia mancò possa, non riesco proprio ad immaginare un film sulla mia vita, Ozu è morto da un pezzo, sarebbe l’unico a osare tanto col Mu, il nulla. A quel punto, però, solo Hara Setsuko nella mia parte, minimo!

 

Facciamo, poi, che il film abbia successo e tu decida di passare dietro la macchina da presa portando in scena un romanzo ancora “vergine” o di riadattarne uno maltrattato da altri.

Non uno, tutti i romanzi di Amélie Nothomb, e fra questi il primo assoluto Sabotaggio d’amore.

Una che scrive cose di questo genere: “Che una cosa incantevole, felpata, dolce, ondeggiante, leggera quanto la neve si possa trasformare così presto nel suo contrario – un ammasso grigio, vischioso, denso, pesante, ruvido – è una porcata da cui non riesco a riprendermi.” dovrebbe avere una fila di registi alla sua porta che aspettano che lei ne scelga uno e invece devo vedere Il riccio, La solitudine dei numeri primi e quanti ancora! Per non parlare di Baricco…

 

C’è, invece, un film che si sta girando o che è entrato in produzione che hai già voglia di vedere?

Boh, sono sempre così disinformata di quello che succede in giro! So di certo che non mi sfuggirà il prossimo Kore-eda.

 

Come sai, qui vogliono il sangue e di conseguenza mi faccio un po’ di fattacci tuoi. Parlaci della tua giornata tipo o di quanto conti l’influenza culturale nell'approccio all'analisi di un film, senza dimenticare ovviamente i tuoi progetti.

Se mi metto a parlare della mia giornata tipo perdo tutto l’aplomb così faticosamente costruito, sorvoliamo...

Scherzo, il fatto è che non amo parlare del mio privato in pubblico, se non per brevi flash di riferimento e poi… dubito che Plutarco avrebbe scelto la mia biografia per completare la sua opera!

 

Analisi di un film: non seguo uno schema, se nel mio background culturale trovo riferimenti con quello che ho visto sono ben felice di servirmene, e ne trovo spesso, anzi a volte è una vera ricerca che arriva a mettere in contatto mondi a prima vista lontani e allora annodo fili, tesso nuove trame.

Mi piace far rivivere la cultura classica, e magari in prospettive stranianti, non è snobismo, come molti hanno pensato e pensano, cose del genere non si fanno per snobismo, è solo una cosa molto bella e intensa da fare per chi la fa, stop.

Una cosa che ho scoperto di me è che tendo all’opera omnia, se m’innamoro di un regista non c’è verso di staccarmene finché non l’ho spolpato fino in fondo o fin dove riesco ad arrivare, viste le note ristrettezze della distribuzione.

Riflessi condizionanti della scuola e dell’Università, se vuoi capire un autore te lo devi fare tutto, magari partendo dalle opere minori, quelle scritte a caratteri piccoli piccoli in fondo in fondo, così, quando arrivi all’apice…beh, vi assicuro, è come aver passato una vacanza insieme in un lungo, meraviglioso viaggio.

Progetti? Ne ho sempre fatti, molti sono falliti, qualcosa ho realizzato, ma il progetto dei progetti deve aspettare, ho ancora tanto da studiare e tanta strada da fare.

 

 L’universo di FilmTv.it. Esistono paure o timori nel relazionarsi con gli altri utenti? Mai avvertita la cosiddetta ansia da prestazione? E poi… Cosa spinge a creare rapporti con un utente piuttosto che con un altro? Chi ti è piaciuto "conoscere bene”, andando anche oltre il virtuale?

Parto dalla fine.

Sì, con qualcuno è accaduto, siamo amici, ci si vede una o due volte l’anno, è stato bello constatare quanto corrispondevamo all’immaginazione reciproca.

Amici on-line? può accadere, la scrittura rivela molto e a lungo andare è come vedere dietro il monitor, mi aspetto reazioni come dal vivo, di rado sbaglio su questo.

Il rischio di fraintendimenti è alto, ma non più che nella vita reale, anzi, il filtro della comunicazione on-line è spietato, devi imparare per forza e a tue spese. Da tre anni sono qui, l’iniziazione è stata dura, lunga e faticosa. Ora raccolgo i frutti in termini di serenità personale.

Chi è rimasto dei tanti incontrati sulla strada? (vedi? la strada torna sempre, anche on line)

E’ rimasto chi ho imparato a stimare perché leale, capace di onestà intellettuale, se mi loda so che lo fa perché lo pensa davvero, se mi rimprovera lo ringrazio perché mi aiuta a migliorare.

A volte m’incazzo con qualcuno, ma chi ha capito come sono mi perdona.

Ansia da prestazione? C’è stata, non più di quanto succeda ad altri, solo che io ero così cretina da darlo a vedere, altri no.

Ad ogni modo, terapie psicanalitiche appropriate a cui mi sono sottoposta di recente per rimuovere il tarlo stanno dando esito positivo, non dispero in una guarigione totale.

Paura nel relazionarmi con gli utenti di FilmTv? Ma è una cosa simpaticissima, perché paura?

 

Ma, se cammino per strada, come riconosco Yume?

Ah, mi riconosceresti dovunque, ho una Y tatuata sulla fronte!

Beh, facile… e, se non ti incontrano per strada, per cosa vorresti essere ricordata dagli utenti di FilmTv.it? Ti spingo io a peccare: qual è il tuo valore aggiunto?

Credo che a molti piacerebbe dimenticarmi, se però il fatto di saper far dolci può servire, ecco, quello è il mio valore aggiunto

  

Una cosa io non la scordo di sicuro: l'impegno per "Heimat", "Shoah" e "Cose turche". Nel ringraziarti e salutarci, svelaci almeno cosa ti piacerebbe farci conoscere ancora e cosa, invece, ritieni possa essere utile aggiungere a CR…

 

Heimat e Shoah (e TSAHAL no? lì mi sono addirittura improvvisata subber!) mi hanno fatto attraversare bene autunno e inverno, Cose turche la primavera. Ora me ne vado al mare, difficile che sul bagnasciuga succeda qualcosa, ma sai mai!

CR? cosa aggiungere? Mon dieu, è perfetta così, no?

 

 

 

 

 

 

 

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