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Vittorio Mezzogiorno e Werner Herzog
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 Seconda parte:

Il 19 agosto arriviamo a El Chalten (un piccolo agglonerato di non più di 9 case). E' da qui che partono le spedizioni per il Cerro Torre, ed è proprio qui che la produzione ha fatto costruire altre capanne per la troupe. Dormo su una branda, e l'isolamento è davvero totale: siamo come sospesi nel "bianco". Della montagna, invece ancora nessuna traccia, tutta avvolta com'è nelle nubi e nelle bufere, ma l'impatto è già straodinario, e ogni mia remora definitivamente accantonata: ho deciso che sarò della partita, costi quel che costi, "devo" esserci, anche se ufficialmente non ho ancora sciolto la riserva. Durante la lavorazione, succederà spesso di trovarci in situazioni atmosferiche di analoga portata e anche peggio, che ci bloccheranno senza poter girare per prolungati periodi anche di 15 giorni, ma l'assaggio è già così terrorizzante, che ho spavento della mia stessa temerarietà. E' la mattina dopo che il Cerro Torre si rivela in tutto il suo pericoloso splendore: una spericolata stalattite che termina con un fungo di ghiaccio, che io riesco ad ammirare da dentro l'elicottero che ci porterà per due volte sul ghiacciaio ai piedi della cima, dove gireremo molte scene. Mi sorprende la calma e la sicurezza assoluta di Herzog che non indaga e non pretende risposte, ma mi osserva e mi scruta come se volesse penetrarmi l'anima. Il 23 agosto ritorno in Italia, e la decisione è già presa con definitiva baldanza: interpreterò Roccia, costi quel che costi. Non sono un suicida, ma per nulla al mondo rinuncerei a mettermi alla prova. Opto così definitivamente per il sì.

Il 12 settembre, di nuovo a El Chalten, inizia la lavorazione e sono eccitato e impaurito  come un bambino, ma allo stesso tempo anche protetto dalla forza granita e inossidabile di Herzog... tanto che il 16 settembre mi trovo ad annotare sul mio taccuino di viaggio la testimonianza diretta del mio primo vero "impatto" con la cima con amore e riverenza: "Oggi sono stato sul Cerro Torre. Con Herzog e Osvaldo Santin, la mia controfigura  assunta più per rassicurarmi che con la volontà certa di impiegarla davvero: Herzog me lo ha detto e ripetuto, vuole me lassù, non la mia controfigura. Siamo saliti in elicottero ad osservare da vicino il fungo di ghiaccio. Terrore, sudore freddo: questo è ciò che ho provato e avvertito, mentre una parte inascoltata di me, mi esortava a tornare casa. La cima cambia spesso, contro questa montagna si spezzano tutti i venti del Pacifico. In alto, quasi alla sommità, scorgo una lunga crepa che mi spaventa. Quelli che 'sanno come vanno le cose sulle montagne' comunque mi rassicurano affermando che non c'è alcun effettivo pericolo, perchè il crollo  può avvenire solo dalla parte opposta al punto in cui è previsto l'atterraggio. Io sono ormai completamente nelle mani di Herzog, e so che sarà dura: spero solo di avere una resistenza adeguata ".

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