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Le cose belle
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Ok, passi la pandemia (da leggersi anche come imperativo: “Passi la pandemia!), ma la guerra? La mia difficoltà oggi è tangibile: scrivere indirizzando le mie parole a tante persone è una responsabilità che mi sorpassa. Ma voi non volete che la newsletter di un sito di cinema sia un pasticcio di piccola retorica sulla pace: è d’obbligo risparmiarvelo. Ma di cosa posso parlare, dopo questo risveglio, con le notizie che leggo e leggete tutti?

Sarebbe bello tacere: una newsletter di silenzio, in piedi. Sarebbe comodo fingere e voltarsi altrove, finché si può. Ma siamo testimoni, e non solo di ciò che fanno gli altri. Siamo testimoni anche delle nostre azioni, così come delle nostre mancanze.

Appartengo a una generazione che quando voleva testimoniare scendeva in piazza. Sembra che oggi la cosa sia superata. Può darsi: non lo dico con nostalgia, anche se staccarsi dalla forza espressiva dei corpi riuniti sembra una rinuncia. Ma resta il bisogno di dire, di comunicare. Quale è ora la nostra piazza? E soprattutto: ha ancora senso trovarne una e recarsi lì per esprimere lì il dissenso? Al di là della sua utilità, al di là dell’effetto, davvero dobbiamo ancora ricordare cosa sia la guerra? L’assenza di senso è quasi paralizzante. E viene da pensare: ma chi la vuole questa cosa? Se nel mondo si potesse votare, tutti insieme ora per il sì o per il no, cosa voteremmo?

Per “uscire dalle fila degli uccisori” come si augurava Kafka, ci resta l’azione singola, anzi ci resta il senso che noi affidiamo alle nostre azioni, singolarmente e nel loro insieme.

Kafka nei suoi diari parlava della scrittura come consolazione salvifica. Ma questa è una newsletter di cinema e allora pensiamo alla nostra azione possibile. A me ne viene in mente una: portiamo un ragazzo al cinema (anche eventualmente il ragazzo che è in ciascuno di noi, in mancanza di figli e nipoti). Non a vedere un film di supereroi, che ci va già da solo. Non a vedere un film sull’orrore della guerra, per educarlo: non basta, non è bastato fin qui.

Portiamolo a vedere un film sulle cose belle della vita.

Nelle sale ce n’è uno che va bene a questo scopo. È Ennio, il documentario di Tornatore su Morricone. Non parla certo di guerra: racconta della vita e della carriera - folgorante, appassionata - di un artista. Parla di musica e di cinema. E fa venire voglia di vedere tanto altro cinema e di sentire tanta altra musica.

È ovvio. Non c’entra niente con la guerra. Ma almeno musica e cinema sono due cose belle. E soprattutto sono cose di pace.

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