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FATTI & RIFATTI NR. 9: Macbeth, dall'era del muto ai nostri giorni
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locandina

Macbeth (1948): locandina

 

"Venite spiriti che presiedete a pensieri di morte! Cancellate ora il mio sesso.

E riempitemi dalla testa sino ai piedi della crudeltà più truce.

Rendete denso il mio sangue.

Fermate l'accesso, il passaggio al rimorso, affinché nessuna visita dei sentimenti naturali scuota il mio proposito, o mantenga la pace tra esso e l'effetto.

Venite alle mie mammelle di donna e mutate il mio latte in fiele, voi ministri d'assassinio, che nelle vostre sostanze invisibili attendete i misfatti della natura.

Vieni densa notte, e avvolgi di nero scuro d'inferno affinché il mio coltello non veda la ferita che procura, né il cielo attraverso la coltre del buio possa gridare "ferma!...ferma!"

Francesca Annis, Jon Finch

Macbeth (1972): Francesca Annis, Jon Finch

La tragedia di Macbeth ha sempre trovato, anche al cinema, terreno fertile per stimolare registi, spesso grandi, se non grandissimi, nel tentare nuove strade o nuovi approcci atti a rappresentarne la cupissima vicenda che contraddistingue la tragedia.

Per la prima volta nell'opera del celebre drammaturgo inglese, la narrazione finisce per farsi condizionare dall'elemento magico, dalla magia che trasforma l'antitesi per la conquista del potere, in una vera e propria strage senza mezzi termini.

Il potere della profezia e delle forze del male bramano entro un luogo che per certi autori rispecchia un mondo medioevale sopraffatto da morte, distruzione e carestia, mentre per altri appare più ameno e lussureggiante, anche se non meno afflitto da uccisioni barbare frutto di trame astute quanto losche; per altri ancora invece il contesto scenografico risulta addirittura un non-luogo, che con la claustrofobia che comunica, rende ancora più pressante l'angoscia per l'elaborazione dello sciagurato piano di morte e sopraffazione dei rivali da parte del protagonista e della sua diabolica consorte. 

LA TRAMA

In una Scozia cupa ed inaridita di un Basso Medioevo che pare vittima di un grave cataclisma o una mortale carestia, i generali Macbeth e Banquo fanno ritorno a casa, dopo aver volontariamente sconfitto le forze alleate di Norvegia ed Irlanda, costringendole alla riturata.

Sulla via del ritorno, stanchi ma contenti di far ritorno alle rispettive famiglie, i due condottieri si imbattono in tre streghe orrende, che profetizzano loro un futuro imminente o non molto lontano davvero intrigante.

A Macbeth pronosticano un futuro prossimo da re di Scozia, senza tuttavia dar seguito a eredi diretti, mentre a Banquo che diventerà figlio di una futura stirpe di re. Dopo essere svanite nel nulla le streghe rimangono un ricordo fisso nella mente dei due, che si apprestano ad incontrare il re di Scozia, Duncan, desideroso di complimentarsi e premiare i due valorosi combattenti.

Quindi i re decide di soggiornare nel castello di Macbeth, che anticipa il sovrano per avvisare moglie e servitù di quella gradita ma impegnativa visita.

Lady Macbeth, venuta a conoscenza dal marito di quella strana ma allettante profezia, inizia ad instillare nel marito la tentazione di ordire un agguato notturno al sovrano, adducendo la colpa ai suoi ignari servitori, adeguatamente resi ebbri durante l'agguato di Macbeth. E tutto avviene furtivamente nella notte, fino ad arrivare al mattino successivo, con la scoperta del cadavere, e il nostro assassino che finge sconcerto e reagisce uccidendo i poveri servitori, togliendosi di dosso l'onere di doverli processare e ascoltare la difensiva di ognuno di loro.

A quel punto la torva profezia torna alla mente e l'ipotesi che Macbeth, effettivamente designato re per acclamazione dagli altri generali, sia destinato a deporre la corona a favore della discendenza di Banquo, spinge costui a tramare progetti di vendetta e risoluzione, così come induce il generale e il giovane figlio a dileguarsi in fretta, temendo attentati a tradimento.

 

Marion Cotillard, Michael Fassbender

Macbeth (2015): Marion Cotillard, Michael Fassbender

 

I sicari un po' maldestri che Macbeth ingaggia velocemente per raggiungere i fuggiaschi e giustiziarli, riescono nel loro compito solo a metà: infatti il figlio di Banquo, Fleance, sopravvive e fugge all'agguato mortale.

Il suo antagonista rimane così frustrato alla notizia che, durante i festeggiamenti per la sua incoronazione a re, l'uomo inizia ad accusare visioni misteriose del suo ex amico divenuto avversario ed ucciso poco prima, dando mostra di vaneggiamenti nei confronti dei commensali, che solo la scaltra Lady Macbeth riuscirà a placare.

La vendetta del re sempre più folle dal timore di essere detronizzato, induce l'uomo a perpetrare stragi tra i sospettati lord di Scozia, e primo fra tutti il prode Macduff, che sfugge ad un attentato e corre a cercare rinforzi, ricevendo notizie della strage di tutta la sua famiglia in vece sua. E se lady Macbeth da un lato, rosa dai sensi di colpa, trascorre notti insonni sfregandosi le mani come nel gesto vano di ripulirsi la coscienza, fino a darsi la morte nel tentativo stremo di togliersi di dosso l'angoscia che la tormenta, Macbeth si prepara allo scontro contro Macduff e i suoi nobili alleati, facendosi forte di quel finale della profezia in cui le streghe prevedevano che nessun uomo nato da donna potesse ferirlo a morte, e non sapendo che il suo avversario Macduff era nato prematuro e fu estratto prematuramente dal ventre materno, quindi tecnicamente non nato da donna. La terza profezia delle streghe si realizza con l'effetto del bosco in movimento, ovvero l'unica forza che avrebbe potuto sconfiggere la resistenza del re appena eletto.

L'armata di Macduff e Malcolm infatti maschera la propria consistenza numerica coprendo i soldati con rami di pino, dando l'idea in lontananza di una selva in movimento. La fortezza d Macbeth viene espugnata e il folle e perfido sovrano Macbeth, a seguito di un acceso duello con Macduff, verrà a soccombere fino ad essere decapitato, avvalorando anche la quarta ed ultima profezia delle tre streghe.

LE VERSIONI:

Gia nel lontanissimo 1916 il Macbeth di John Emerson, in cui figura il futuro regista Victor Fleming come direttore della fotografia, costituisce già

la settima versione cinematografica della tragedia.

E siamo solo agli albori della settima arte, e precisamente in piena epoca del cinema muto, che conta ufficialmente otto versioni del dramma di Shakespeare.

Nell'epoca del sonoro, grandissimi autori si sono lasciati tentare dalla potenza dei sentimenti e dalla ferocia delle azioni che caratterizzano la nota vicenda.

 

Orson Welles

Macbeth (1948): Orson Welles

 

WELLES (1948)

Nel 1948 tocca al giovane Orson Welles occuparsi di trasporre sul grande schermo la rappresentazione teatrale che lo stesso ha portato sulle scene.

Roccia scura come in un presepe vivente, e un contesto scenografico oscuro e tetro tutto lande deserte e roccia nera bagnata dall'acqua marina, fanno da opportuna scenografia alla più fosca e cruenta tragedia di Shakespeare.

La versione di Orson Welles datata 1948 per diversi motivi risulta strettamente legata alla versione teatrale portata sulle scene dallo stesso regista presso l'University Theatre di Salt Lake City, per pochi giorni, in occasione dello Utah Centennial Festival.

Welles è, come al solito, a corto di soldi, dato che non è riuscito a trovare altri se non un produttore minore che lo costringe ad utilizzare lo stesso cast di nomi poco noti al cinema, e scenografie al risparmio, seppur di fatto suggestive e pertinentemente tetre, in parte ricavate da quelle della manifestazione.

Il film impiega diversi mesi per essere portato a termine, come è consuetudine quando si ha a che fare col genio controverso e tutto luci ed ombre del celebre regista del Wisconsin. Il regista decide di preregistrare i dialoghi dallo spettacolo teatrale per portarsi avanti con la gestazione e girare più velocemente. La prima versione del film viene poi presentata in Concorso nel settembre del '48 al Festival di Venezia, e nell'ottobre successivo avviene la prima nelle sale americane.

Il produttore, tuttavia, non soddisfatto del forte accento scozzese della versione teatrale, decide di ritirare il film per farlo doppiare nuovamente. Con l'occasione si cerca di dare al film un taglio più veloce, attuando tagli che portano la pellicola dagli originari 102 minuti ai soli 81 della versione definitiva.

Si tratta per Welles di una delle molte battaglie che hanno funestato la lavorazione di tanti tra i suoi film , costringendo l'autore a lasciarne molti incompiuti o addirittura solo abbozzati.

Nel film comunque teso ed efficace, si apprezza la recitazione ferina e il carattere tetro che lo stesso Welles, carismatico protagonista, riesce a conferire al suo fosco ed inquieto personaggio, nella mutazione che la profezia rende alla stregua di una belva assetata di potere e disposta al più turpe degli atti di sopraffazione.

 

locandina

Il trono di sangue (1957): locandina

 

KUROSAWA (1957)

Circa trent'anni prima di realizzare il suo magnifico adattamento dal Re Lear di Shakespeare (Ran del 1985), Akira Kurosawa traspone, nel 1957 con il suo magnifico "Il trono di sangue", la tragedia di Macbeth, concentrando l'azione e le scene in tre unità di luogo distinte: la Prima Fortezza, il Castello ove si brama ed attua il crimine, e la foresta.

Kurosawa sostituisce gran parte dei monologhi originali per poter adattare con più credibilità la vicenda al contesto storico nipponico di un feudalesimo contrastato da brame di potere senza limiti.

Inoltre Kurosawa elimina le tre streghe, per sostituirle con un vecchio "yurei", ovvero un fantasma etereo e beffardo, generato dall'anima di un deceduto che ostina a non rassegnarsi alla sua fine terrena Da costui il protagonista farà poi ritorno per avere conferme sulla durata del proprio trono, per esser nuovamente beffato con la profezia della foresta in movimento.

Nel ruolo del protagonista troviamo un ferino e istrionico Toshiro Mifune, che si conferma la star prediletta del grande regista nipponico. Il film vola alto con le sue splendide scenografie che alternano interni dai grandi spazi alla foresta insidiosa e labirintica ove si celano trappole micidiali.

Inevitabilmente meno fedele delle altre trasposizioni, già a partire dal titolo, Il trono di sangue conferma la grandezza e lo spessore di uno dei più grandi cineasti di sempre.

 

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Macbeth (1972): locandina

 

POLANSKI (1972)

La versione di Roman Polanski è il primo film che il regista ha affrontato dopo la tragedia occorsa alla moglie incinta Sharon Tate e agli ospiti della sua villa, dopo l'incursione della banda di Manson e la strage che ne seguì.

Andato a monte il progetto di dirigere Il giorno del delfino, la cui direzione passò a Mike Nichols, Polanski iniziò a pensare di mettere in scena la famosa tragedia shakespeariana dopo partecipato da spettatore ad una rappresentazione teatrale in Svizzera.

Il gran regista dà vita ad una sorta di colossal che cerca negli scorci aperti e nelle vedute amene, quell'atmosfera che a teatro deve necessariamente essere sacrificata.

Ma induce soprattutto una rappresentazione sanguigna e cruenta dei fatti, senza lesinare sangue, decapitazioni e altre scene di violenza, oltre che di nudità e di sesso, che gli causano alcune importanti defezioni da parte degli attori inizialmente prescelti: tra quelle più note, si ricordano senz'altro quelle di Tuesdey Weld e Albert Finney, sostituiti dagli allora completamente sconosciuti, ma fisicamente piuttosto prestanti ed affascinanti, Francesca Annis Jon Finch.

Le scene di nudo che coinvolgono la Annis nel celebre monologo che la coinvolge da sonnambula, fecero scalpore e la stessa attrice impiegò del tempo prima di accettare di girarle.

La famosa scena del sabba delle streghe, fu un altra fonte di problemi, sia per la difficoltà di scritturare persone anziane o poco attraenti che accettassero di recitate o posare nude, sia per la lunghezza della scena, che poi indusse il regista a ridurla sensibilmente.

Il film, dalle grandi scene di massa e dalle splendide ambientazioni in esterno, risultò tuttavia un sonoro insuccesso al botteghino, e pure la critica lo snobbò parecchio, ma il suo apprezzamento migliorò nel tempo, fino ad essere considerato oggi una delle più riuscite e coraggiose trasposizioni dell'opera del grande drammaturgo.

 

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Macbeth (1982): locandina

 

TARR (1982)

Anche il grande Bela Tarr si cimenta e n una trasposizione della celebre e fosca tragedia shakespeariana, e lo stile inconfondibile del maestro ungherese già si manifesta nelle prime sequenze dedicate all'incontro delle streghe da parte dei due valorosi combattenti Banquo e Macbeth.

A parte il taglio iniziale del prologo, il film procede in un unico piano-sequenza e lunghi monologhi ove l'azione viene sostituita dal racconto.

Ecco dunque che il gran regista si attiene alla tradizione della tipica rappresentazione teatrale, spostandola su pellicola e soffermandosi velocemente sui punti essenziali della profezia, per poi raccontarne il puntuale verificarsi dei fatti nel lungo piano-sequenza.

Lo stesso a suo modo serve a Tarr dimostrare come la profezia altro non sia che il risultato di un preciso piano ordito dai due nobili per ascendere ad un potere che non è il loro, e che per impossessarsi del quale li costringe a perpetrare un massacro, a muovere eserciti, ad incrinare il futuro di una intera nazione.Per quanto spoglio ed essenziale, il film riesce a risultare affascinante anche se spoglio del meraviglioso contesto scenografico della versione di Polanski, o della cupezza ricercata della versioni di Welles e di quella spettrale, tutta chiari/scuri (anche nel confronto tra Macbeth e la sua consorte) oltre che minimalista di Joel Coen.

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CARMELO BENE (1997)

Una stanza buia con al centro un vasto letto matrimoniale, mentre attorno porte a specchi che cigolano potrebbero condurre altrove o si aprono su armadi sinistri ove si custodiscono armi e corazze.

Il Macbeth di Carmelo Bene, nella ripresa televisiva tratta da una delle sue rappresentazioni teatrali, approfitta e si avvantaggia della telecamera per concentrarsi sula espressività fuori dal comune del celebre autore ed attore, che riesce a far suo il personaggio e a rendere palpabile il delirio che lo assilla.

Una follia che lo induce a gesti inconsulti, a mimiche deformate, a timbri di voce alterati in cui recitazione dal vivo ed utilizzo di playback scientemente asincrono si intersecano rendendo ancor più inquietante la performance del grande maestro.

L'azione si è già conclusa, il fatto di sangue pure: restano le macchie di sangue che, intrise nelle bende e tra le lenzuola del letto, si rivelano dapprima in estensione, per poi sparire come miraggi.

Lady Macbeth /Silvia Pasello) affianca il marito cercando di tenere a bada la follia che lo prende, e placare il delirio che sembra quasi trasformarlo in una belva senza raziocinio che agisce per istinto, per difendere gli sviluppi di quella ormai nota profezia che, almeno in parte, lo vede emergere su tutti, e che poi lo stesso Macbeth cerca di beffare, temporeggiando sulla sua effimera permanenza al trono.

Ma il Macbeth di Bene fagocita ogni vicenda, ogni sottostoria, e si erge ad emblema di uno stato d'animo che viene direttamente gettato in pasto ad uno spettatore costretto a concentrarsi sul dolore e sul disagio del protagonista, senza potersi aggrappare a nessun altro tassello di una storia che resta molto, se non completamente in sottofondo.

In circa sessanta minuti di rappresentazione che risultano nel contempo ostici e quasi ipnotizzanti, Carmelo Bene nel suo isterico MACBETH HORROR SUITE fagocita tutto, anche quel residuo di contesto scenografico già minimale che si azzera di fronte alla recitazione totalizzante, istrionica ed addirittura invasata del grande attore.

Impossibile non uscire dalla rappresentazione con la convinzione che l'attore non abbia solo fagocitato ogni altro aspetto della scena, ma che abbia addirittura fagocitato tutto ciò che gli sta attorno, raccontando una vicenda nota e complessa, con un complesso rito di gestualità e di mimica faciale che paiono improvvisati e concepiti sul momento, e dunque impossibili da ripetere allo stesso modo in altre e successive rappresentazioni.

 

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Macbeth (2015): locandina

 

KURZEL (2015)

Dal regista dell'apprezzato Snowtown, Justin Kurzel, regista e sceneggiatore australiano classe 1974, arriva nelle sale francesi, dopo la presentazione in Concorso a Cannes 2015, una ennesima riproposizione cinematografica di una delle più cupe ed efferate tragedie shakespeariane. Una versione nobilitata da un cast superlativo che trova in Michael Fassbender e Marion Cotillard due interpreti, seppur davvero poco anglosassoni, talmente bravi ed in parte da convincerci appieno.

Cieli rosso fuoco sovrastano vallate versi smeraldo di una Scozia trascinata in fondo ad un Medioevo buio e terrificante, dove le guerre contribuiscono a sterminare chi non muore di stenti per carestie o malattie incurabili e pestilenziali.

Kurzel accentua i toni ed i colori accesi, fa scorrere il sangue come in un horror senza rinunciare alla solennità che è opportuna in una trasposizione da una tragedia shakespeariana. Le streghe tentatrici appaiono come tre zombies maliziosi ed infingardi, mentre Lady Macbeth racchiude dentro di sé il dolore di una madre inconsolabile ed il desiderio di rifarsi progettando delittuosi sogni di gloria: Marion Cotillard, col suo inglese perfetto, è stupefacente a rappresentare le due facce della follia-cattiveria, e della dolcezza e vulnerabilità di un pentimento tardivo, quando il massacro più atroce disposto ai danni dell'intera famiglia del valoroso e fedele MacDuff. Solennità ed atmosfera sanguigna e perversa, assieme a valide scene di combattimento al ralenti quasi esasperato, sono i pezzi forti e più suggestivi di una trasposizione non proprio indimenticabile, ma senz'altro glamour, ad alto tasso di erotismo e in fin dei conti piuttosto riuscita, in cui l'interpretazione virile e maschia di Michael Fassbender, possente nel fisico come nella voce, finiscono per appassionare e rendere più uomo e quindi almeno a tratti più umanamente accettabile, una figura ferina e vendicativa che in realtà nasconde dentro di sé la dannazione più esasperata e senza possibilità di redenzione.

Impeccabile pure il resto del cast, stavolta quasi tutto anglosassone doc, tra cui cito senza esitare David Thewlis nel ruolo del re Duncan, Sean Harris in quello del fedele MacDuff, e Paddy Considine in quelli del guerriero valoroso Banquo.

 

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Macbeth (2021): locandina

 

COEN (2021)

La versione dei Coen, anzi del Coen - considerato che nel progetto, prodotto dallo stesso regista assieme alla moglie e protagonista Frances McDormand, c'è solo Joel Coen, il più anziano tra i due fratelli nonché cineasti strepitosi e quasi sempre infallibili - ci stupisce ed ammalia con suo fosco, ma assai affascinante bianco e nero con cui si disegnano e prendono forma, nel modo più torvo e mortifero che si possa immaginare, le magnifiche scenografie che riescono a rendere ancora più mortifero e cupo, questo ultimo adattamento della famosa tragedia shakespeariana.

Una natura morta o attraversata da creature delle tenebre, come stormi urlanti di enormi corvi che nelle ultime sequenze invadono lo schermo. O da streghe, une e trine, avviluppate come ragni al loro stesso busto come viti intrecciate e risecchite che diventano anche visivamente la più inquietante raffigurazione di una umanità in balia delle tenebre.

E ancora alberi rinsecchiti con rami che si librano aguzzi e rapaci verso il cielo, sentieri che conducono a castelli dalle pareti spesse e dalle stanze disadorne e fredde, come è freddo ogni sentimento che si respira, e che si manifesta con frasi di circostanza magnifiche quanto costruite ad arte per architettare i diabolici piani della matura coppia desiderosa di raggiungere il gradino più alto del potere.

Coen sceglie una coppia piuttosto matura, e di razza mista, essendo qui il suo Macbeth di razza nera come Othello (lo interpreta un Denzel Washington in forma smagliante e perfettamente a suo agio con la malvagità fuori controllo del suo personaggio), e soprattutto sceglie lo stile espressionista in tile Dreyer e Murnau, ma anche di Lang per una sua visione del castello disadorno e freddo come la morte che pare una costruzione avveniristica alla Metropolis, incastonata entro una valle ove la natura pare morta e pietrificata per sempre come in seguito ad una stregoneria.

Un film magnifico in cui la cura nella regia e nei dettagli scenografici aiutano a rendere impellente i risvolti di una vicenda tutto sommato assai nota e, proprio per questo, già oggetto d svariate, spesso illustri trasposizioni, e che qui riesce a rendere palpabile il senso di perdizione di un'epoca che pare, più che un vero Medioevo, un altro universo sinistro ove vince solo chi riesce a spuntarla dal suo rivale, in un mondo dominato da forze oscure che ispirano e rendono naturale il ricorso alla forza, alla violenza, ed ancor più all'inganno.

Il cast è favoloso, ed oltre alle due star Washington e McDormand, spicca, tra i tanti, almeno l'opulento Brendan Gleeson nei panni dell'assassinato Re Duncan.

Molto valido il doppiaggio italiano, ove spicca la voce acuta ed un po' stridula ma appassionante di Francesco Pannofino, nel ruolo di Lord Macbeth, così come Antonella Giannini presta la sua bella voce a Lady Macbeth.

 

 

FATTI & RIFATTI precedenti:

 

1 - THE BEGUILED

 

2 - EVA

 

3 - DETOUR

 

4 - PAPILLON

 

5 - PICCOLE DONNE

 

6 - DUNE

 

7 - DIABOLIK

8 - WEST SIDE STORY

 

 

 

    

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