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Da Hans Landa a Lady Gucci
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Grazie al fatto che qualcuno, non io ovviamente, è riuscito a far vedere Pulp Fiction alla mia figlia più giovane destando così in lei un certo interesse per la filmografia di Tarantino (evento del quale io sto vilmente approfittando), ho deciso di riguardare insieme a lei Bastardi senza gloria perché avendolo visto in sala nella versione doppiata (anzi chiamiamo le cose con il loro nome: adattata) in italiano non ho mai avuto modo/tempo/voglia di vederlo in versione originale.


Un grave errore, o perlomeno una leggerezza di cui anche vergognarsi un po', perché il semplice concetto di doppiaggio applicato al settimo lungometraggio di Tarantino è privo di qualsiasi senso. E no, non vorrei che questa riflessione alimentasse in alcun modo la diatriba doppiaggio sì/no (i doppiatori italiani sono i migliori al mondo, non riesco a vedere un film con i sottotitoli, la lingua originale è l'unico modo di vedere un film d'autore, se non capisco l'inglese, il giapponese, lo swahili come faccio, ecc ecc) perché in verità la fresca visione dell'ucronìa Tarantiniana mi ha prodotto altri tipi di pensieri.

Ma iniziamo dall'inizio, ossia dalla folgorante sequenza di apertura perché è stata quella che ha ridestato in me una voglia incontenibile di rivedere il film. Mi ricordavo perfettamente che quella scena mi aveva inchiodato alla poltrona anche quando la vidi al cinema in italiano e così mentre già covavo il desiderio di ritornare su quei "maledetti bastardi" per intero, mi sono dato la mazzata finale rubando una mezz'oretta da una mattina di normale lavoro (perché no, il nostro mestiere come ben raccontato da Database nella newsletter della settimana scorsa non è guardare film tutto il giorno solo perché lavoriamo in un sito di cinema!) per riguardare il primo segmento del film. Probabilmente chi di voi lo ha visto si ricorda bene quell'apertura e forse non ci sarebbe bisogno di rievocarla, ma credo che possa aiutarmi a costruire le basi del ragionamento che voglio fare insieme a voi e prometto che sarò attento a non fare spoiler per rispetto verso chi non ha visto il film (e che potrebbe rimediare se ha Netflix o Prime Video).

Il film si apre su un campo largo di una campagna francese, seconda guerra mondiale, territori occupati dai nazisti. Un uomo spacca la legna davanti ad una umile casetta di pietra, la figlia stende i panni al sole, sullo sfondo si sentono rombi di motori, la camera si sposta lievemente e si vede in lontananza un piccolo convoglio nazista in arrivo. Sguardi di preoccupazione, piccoli movimenti nervosi, la figlia entra in casa, il padre si lava e asciuga dal sudore, il colonnello Hans Landa (Christoph Waltz, unico) lascia il piccolo drappello di soldati nei pressi dei mezzi con i quali è arrivato e si avvicina parlando un fluente francese. Stop.

Sono passati solo 120 secondi di film e, con una breve serie di inquadrature, quel bastardo di Tarantino ha già chiarito molte premesse basilari (collocazione temporale e geografica, caratterizzazione dei personaggi fondamentali del primo segmento) e ha già costruito un certo livello di tensione. Abbiamo un contadino francese dall'aspetto rude e solido ma chiaramente innervosito e un colonnello nazista dai modi affabili al quale non affideremmo neanche una piantina di basilico per il livello di fiducia che ci ispira.

Ma soprattutto abbiamo una situazione linguistica molto complicata da gestire in qualsiasi adattamento perché ci troviamo in Francia ma il colonnello nazista Hans Landa parla un francese molto ricco (sebbene con un chiaro accento tedesco) e siccome l'attore che lo interpreta è un mago della recitazione a nessuna persona dotata di un minimo di raziocinio potrebbe venire in mente di doppiare, almeno in questa prima sequenza, Hans Landa. Il punto è però che non lo si dovrebbe doppiare non solo perché l'attore è un fenomeno ma perché è necessario far capire piano piano agli spettatori che quello che abbiamo davanti non è un ordinario sadico colonnello nazista assetato di sangue ma un vero e proprio investigatore che usa tutte le armi della dialettica per arrivare al proprio obiettivo, ossia la scelta della lingua in cui Tarantino decide di farlo esprimere non è solo finalizzata a fornire gli elementi spiccioli della trama ma anche a far passare tutti gli elementi necessari per capire chi abbiamo davanti, cioè un campione di scacchi e strategia.

I problemi degli adattatori europei si trasformano in sudori freddi quando la scena si sposta all'interno della casa. La scelta (obbligata in tute le edizioni) di far proseguire per un po' la sequenza in francese sottotitolato ha l'effetto di far crescere la tensione con dettagli registici millimetrici ma ad un certo punto, quando i convenevoli sono arrivati alla fine, Landa chiede al contadino di far uscire le figlie dalla stanza e con una manovra inaspettata annuncia di aver esaurito le sue risorse linguistiche francesi e introduce il desiderio di passare all'inglese, non senza aver verificato che l'uomo che ha davanti lo parli.

Nulla è casuale nelle scelte di Tarantino esattamente come nulla è casuale nella strategia del colonnello, non è affatto vero che il suo francese non è più sufficiente per proseguire la conversazione, semplicemente aveva già deciso che sarebbe passato ad un'altra lingua per garantirsi un livello di privacy superiore e per fare in modo che quella parte della conversazione non venisse pienamente compresa da qualcuno. Da chi?

Non lo rivelo non solo per rispetto verso chi ancora non ha visto il film ma soprattutto perché questo snodo è quello dove gli adattatori italiani, francesi, tedeschi e spagnoli si arrendono (credo piangendo) alle necessità distributive e, ciascuno a suo modo, nel tentativo di semplificare la vita allo spettatore non avvezzo alla lettura dei sottotitoli, raggiunge dei risultati sconfortanti mortificando al tempo stesso un momento altissimo di scrittura cinematografica.

Nella versione originale l'annuncio del passaggio all'inglese viene eseguito ancora in francese e non è un dettaglio perché lo stratega Landa sta costruendo la sua tela con una accuratezza finissima e passare senza preavviso ad un'altra lingua sarebbe un passo falso che potrebbe compromettere il perseguimento dell'obiettivo finale. I risultati delle edizioni non originali da questo momento in avanti rasentano il ridicolo, ma non è certo colpa dei doppiatori, alla fine è colpa di Tarantino, troppa finezza.

Cosa poteva fare ad esempio chi ha curato l'edizione francese? STAVANO parlando francese e adesso dovrebbero passare all'inglese, ma ovviamente no, perché questo avrebbe implicato sottoporre gli spettatori ad un lungo dialogo sottotitolato e così CONTINUANO a parlare francese tutti e due solo che il colonnello ha tutta un'altra voce, sembra un'altra persona. Nella versione italiana, quando il colonnello dovrebbe parlare in inglese invece parla in italiano, anche qui l'effetto è che il colonnello Landa sembra aver subito una sostituzione interna, la voce è completamente diversa, ma in più gli hanno affibbiato un insopportabile e stereotipato accento francese, ma perché? Con quale logica?

Da questo momento in avanti spagnoli, tedeschi, francesi e italiani che hanno visto Inglorious Basterds nelle versioni doppiate hanno semplicemente visto un altro film perché una volta inghiottito questo già amarissimo boccone dopo i primi minuti, la componente idiomatica del film diventa sempre più marcata e quindi ingestibile. Tutta la meticolosità che è stata applicata, ad esempio, nella scelta esatta degli attori di origine tedesca che fanno parte della banda di Bastardi - soprattutto gli americani che devono fare la parte di infiltrati in Germania - viene persa completamente per strada e con essa vanno a farsi benedire tutte le finezze in termini di sceneggiatura e profondità dei personaggi e soprattutto viene sacrificata la piena comprensione e relativo godimento di certe meccaniche esplosive che si gonfiano gradualmente nel famosissimo stallo/massacro che avviene nella taverna La Louisiane anche e soprattutto grazie ai dettagli che si nascondono nelle lingue utilizzate.

È colpa del solito perfezionismo sfibrante di Tarantino o del bisogno di soddisfare audience più ampie sacrificando componenti ritenute non strettamente fondamentali rispetto al semplice dipanarsi della mera trama?

A proposito di adattamenti vi invito, qualora non ci siate già incappati, a guardare il trailer originale che anticipa l'uscita in sala di House of Gucci, in cui la parte di Patrizia Reggiani è stata affidata a Lady Gaga in virtù delle sue "radici italiane". Guardate questo trailer che ha circolato in tutto il globo e ditemi: 1. se capite qualche parola 2. se non vi viene un po' da ridere, che non credo sia il risultato auspicato considerando il registro scelto per raccontare questa pagina di cronaca nera italiana. Quel che rende questa scelta grottesca non è tanto la decisione di raccontare una storia totalmente italiana utilizzando attori non italiani (e che Ridley Scott non avesse la finezza di Tarantino nella scrittura e quindi anche lo stesso puntiglio nella selezione del cast già lo sapevamo) ma la scelta assurda è stata quella di marcare i protagonisti a fuoco con un accento che nelle intenzioni forse voleva essere italiano ma che alle mie orecchie sembra più che altro dell'est europa. Ma come si fa? Se avete deciso che Lady Gaga e Adam Driver sono gli attori giusti per quella storia almeno fateli parlare in maniera normale. Che poi, per esser fedeli alla visione di Ridley Scott, ci tocca imporre alla doppiatrice italiana di Lady Gaga di interpretare la parte di Patrizia Reggiani come se fosse una mafiosa moldava.  


Se avete altri esempi di sanguinosi sacrifici cinematografici compiuti sull'altare dell'allargamento dell'audience siete i benvenuti qui sotto. Se invece quello che davvero volete è dilettarvi con l'accento moldavo di Lady Gaga in House of Gucci, siete subito accontentati.

House of Gucci (2021): Trailer originale

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