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Venezia 2021: Giorno 1
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Parte oggi l’edizione numero 78 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Tre sono i nostri utenti “ufficiali” scesi quest’anno in campo per raccontare dei film visti al Lido. Giorno dopo giorno, arriveranno le loro recensioni, che finiranno puntualmente raccolte nel nostro post diario, un piccolo “catalogo” virtuale dove troverete approfondimenti sui film proposti dalle varie sezioni. Spesso troverete materiale in anteprima, commenti in esclusiva o interviste inedite.

Come ogni anno, seguiremo il calendario delle proiezioni stampa, coprendo Selezione ufficiale (Concorso, Fuori Concorso, Proiezioni Speciali, Orizzonti e Biennale Cinema), Settimana della Critica e Giornate degli Autori.

Le danze saranno aperte da Madres parallelas, nuovo lavoro di Pedro Almodovar.

 

Concorso

MADRES PARALELAS

EXCL. LA PAROLA A PEDRO ALMODOVAR

“Il film inizia con Janis che cerca un modo per aprire la tomba dove giace il suo bisnonno, assassinato durante la guerra civile spagnola, e termina tre anni dopo con l'apertura della tomba stessa.

Al centro, il rapporto tra tre donne che si incontrano in una stanza d'ospedale prima che due di loro partoriscano. Janis, una donna di mezza età, è felice ed emozionata prima del parto; Ana, un'adolescente, è spaventata e traumatizzata dalla sua futura maternità; e Teresa, la madre di Ana.

Quando restano sole, Janis cerca di trasmettere ad Ana tutto il suo entusiasmo e la sua gioia. Entrambe sono in una gravidanza non attesa, e saranno delle madri single. Quando Janis le dice che "non se ne pente", Ana invece le confessa che le dispiace e solo mesi dopo le spiegherà il perché.

Madres paralelas parla degli antenati e dei discendenti. Della verità sul passato storico e della verità più intima dei personaggi. Parla dell'identità e della passione materna attraverso tre madri molto diverse tra loro: Janis, Ana e la madre di Ana, una madre egoista, priva di istinto materno, come lei stessa confesserà.

Come narratore, in questo momento sono le madri imperfette quelle che più mi ispirano. Sono madri molto diverse da quelle che sono apparse finora nella mia filmografia”.

Penélope Cruz, Milena Smit

Madres paralelas (2021): Penélope Cruz, Milena Smit

 

IL POTERE DEL CANE

EXCL. LA PAROLA A JANE CAMPION

Il potere del cane è l'adattamento dell'omonimo romanzo di Thomas Savage del 1967, ambientato in un ranch del Montana negli anni Venti. La storia mi ha affascinato per diverse ragioni: facevo fatica a intuire cosa sarebbe accaduto, la narrazione è incredibilmente dettagliata e avevo l'impressione che lo scrittore avesse vissuto quelle esperienze in prima persona. Non è solo una storia di cowboy in un ranch del 1925, ma un'esperienza vissuta e proprio per questo credibile. Sono rimasta colpita dal modo in cui Savage esplora la mascolinità e racconta persino un amore segreto.

La frase "il potere del cane" viene dai Salmi 22:20: Libera l'anima mia dalla spada e il mio amore dal potere del cane. Il lato più straordinario del salmo è la sua violenza e brutalità. Sono versi feroci che parlano della passione in modo viscerale e animalesco. Il potere del cane è legato a questo tipo di passione, a un istinto animale sessuale, feroce, potente e pericoloso. Personaggio complesso, brillante ma crudele, Phil Burbank è un allevatore ipervirile e uno dei più grandi personaggi della narrativa americana: è una persona complicata e crudele, ma per quanto meschino e ostile, è un uomo tormentato e solitario, che si sente al sicuro solo nel ricordo di un sentimento ormai passato. Vive la situazione impossibile di un maschio alfa omofobo e allo stesso tempo omosessuale. Tutto è incredibilmente doloroso e complicato. Phil mi ha commossa e la sua relazione misteriosa con il ragazzo mi ha incuriosita e soddisfatta.

Benedict Cumberbatch

Il potere del cane (2021): Benedict Cumberbatch

 

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Fuori concorso

SCENE DA UN MATRIMONIO

Scene da un matrimonio, di Ingmar Bergman, è decisamente l’opera d’arte che più mi ha influenzato. Lo vidi casualmente per la prima volta a diciotto anni, quando ero un giovane, devoto ragazzo ebreo, che viveva in un villaggio remoto e non sapeva nulla di cinema, relazioni o sesso. Ricordo che pensai tra me e me, scioccato: Quindi, questa è arte! La sua brutale onestà, il suo minimalismo radicale, il suo totale affidarsi al testo e alla performance sono stati dei punti di riferimento per tutta la mia produzione successiva. Più tardi, quest’opera è diventata ancora più personale per me.
Se Bergman, quasi cinquant’anni fa, voleva fare una dichiarazione sul prezzo del matrimonio, io sentivo che era giunto il momento di parlare anche del prezzo del divorzio. In un’epoca in cui la società consumistica e narcisista ci spinge a cercare costantemente l’autorealizzazione e una libertà superficiale, vale anche la pena ricordare quanto, solitamente, sia traumatica una separazione nel corso della vita umana.

Si tratta, comunque, di una storia d’amore. Due persone che si sono salvate a vicenda quando si sono incontrate, sono morte insieme quando hanno vissuto insieme, e non possono rinunciare l’uno all’altra, anche quando toccano il fondo”. (Hagai Levi)

Nicole Beharie, Jessica Chastain, Corey Stoll, Oscar Isaac

Scene da un matrimonio (US) (2021): Nicole Beharie, Jessica Chastain, Corey Stoll, Oscar Isaac

 

HALLELUJAH: LEONARD COHEN, A JOURNEY, A SONG

“Questo progetto ha mosso i primi passi con l’intento di esplorare Hallelujah e il suo impatto a livello internazionale. Quando abbiamo iniziato le riprese nel 2016, la nostra attenzione era rivolta alle persone coinvolte nella registrazione e nell’interpretazione del pezzo. E se da un lato le interviste iniziali hanno dimostrato che ci stavamo cimentando con una storia interessante, dall’altro lato hanno messo in luce aspetti più profondi di Hallelujah e dell’uomo che l’aveva scritta. È stato così che abbiamo deciso di ampliare i nostri orizzonti includendo le persone più vicine a Leonard Cohen: le sue guide spirituali, gli amici e i collaboratori di vecchia data, gli avversari intellettuali. Le persone intervistate parlano approfonditamente dell’attenzione che nel corso della sua vita Cohen ha sempre avuto nei confronti della condizione umana, consentendo al film di addentrarsi nelle questioni più profonde della fede e dei costrutti psicologici che ci sostengono e ci ostacolano nella vita. Come direbbe Leonard Cohen: “l’Hallelujah spezzato””. (Daniel Geller e Dayna Goldfine)

Leonard Cohen

Hallelujah: Leonard Cohen, A Journey, A Song (2021): Leonard Cohen

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Orizzonti

LES PROMESSES

EXCL. TRE DOMANDE AL REGISTA

In Les promesses, torna a parlare nuovamente della meccanica della politica locale e nazionale.

Dallo spionaggio alla politica, mi piace, senza dubbio, mostrare come funzionano le cose da dentro. Dopo le elezioni presidenziali francesi del 2017, volevo esplorare il coraggio politico. Mi sembrava che la gente avesse fiducia nella politica solo a livello locale, anche se il mio film attraversa tutto lo spettro della sfera politica. Ho incontrato Jean-Baptiste Delafon, il co-creatore della serie Baron noir che stava lavorando a un ritratto di un sindaco di periferia. Aveva già raccolto materiale e abbiamo continuato insieme a incontrare sindaci ed esponenti del settore associativo, scoprendo che c'era molto interesse, umano e sociale, intorno al problema dei condomini degradati e delle baraccopoli. In comune con il mio primo film, c'è la relazione tra l'individuo e il sistema. In La meccanica delle ombre era più apertamente kafkiana. Qui, invece, percepiamo come, nella cartografia della vita politica, ci siano più livelli di decisione con cui gli individui devono fare i conti. Il sindaco occupa un posto speciale: è il legame tra il popolo e lo Stato. Sa il nome dei suoi elettori e allo stesso tempo deve relazionarsi con lo Stato centrale, sperimentando sia la freddezza e il disprezzo che vengono dall'alto sia la rabbia, l'impazienza e la perdita di fiducia che nascono dal basso. La gente spesso pensa che abbia molto più potere di quello che effettivamente detiene.

Com'è stato il processo di sceneggiatura?

Ci sono state molte versioni della storia, ci ho lavorato per quasi tre anni. Ammiro coloro che riescono a fare più in fretta. Il mio è stato un lavoro di esplorazione che si è arricchito in continuazione con gli incontri portati avanti. Sin dall'inizio, la storia si focalizzava sulla relazione tra Clémence, il sindaco, e Yazid, il suo capo dello staff. Formano un vero duo: la loro è una forte amicizia professionale, fatta di un'ammirazione reciproca i cui confini tra lavoro e vita privata non sono così netti. Vivono fasi diverse delle loro carriere e sono gli umani che fanno da spina dorsale a tutto il film.

Per Clémence ha tratto ispirazione dai sindaci che avete incontrato?

Non direttamente. Alla periferia di Parigi, abbiamo incontrato sindaci dalle diverse personalità e dai diversi credo politici che combattevano la stessa battaglia per salvare i complessi residenziali in rovina. Ma quello che mi interessava, come detto prima, era le doppie fila che tenevano: da un lato con i cittadini e dall'altro con i superiori. Anche il sindaco di un comune di 50 mila abitanti riceve i cittadini e ne ascolta le lamentele. Potrei dire che Clémence è la somma di vari sindaci di provincia. Impavido sindaco, vive l'ultima fase della sua carriera politica e insieme al fedele braccio destro Yazid ha combattuto a lungo per vincere povertà, disoccupazione e degrado. Tuttavia, quando si paventa l'ipotesi di diventare Ministro, Clémence vede le sue ambizioni crescere, mettendo in dubbio la sua devozione e il suo impegno. Potranno mai la sua integrità e le sue promesse elettorali avere la meglio sull'ambizione da poco emersa?

Reda Kateb, Isabelle Huppert

Les promesses (2021): Reda Kateb, Isabelle Huppert

 

107 MOTHERS

“Tra le numerose storie di donne recluse nella Colonia 74, quella che mi ha ispirato maggiormente riguarda una donna che, dopo avere assassinato il marito per gelosia, è arrivata in carcere incinta.
Abbiamo trascorso diversi anni in una prigione reale con carcerati veri cercando di avvicinarli e riprenderli come soggetti attivi piuttosto che come oggetti passivi. Poiché la maggior parte delle detenute era in attesa della libertà condizionata o avrebbe potuto essere trasferita in un altro carcere in qualsiasi momento, ho deciso di scritturare un’attrice professionista per impersonare Lesya, sapendo che non potevo rischiare di perdere la mia protagonista. Maryna ha partecipato a tutti i colloqui preliminari e ha trascorso molto tempo con le detenute. Non volevo che si limitasse a imitare i loro comportamenti: volevo che le ascoltasse e provasse a comprenderle. Inoltre, volevo che il film rappresentasse una testimonianza autentica e collettiva delle madri recluse non solo attraverso i loro dialoghi con Iryna; ma anche attraverso le scene silenziose: la solitudine che queste donne vivono e provano quando si vedono portare via i propri figli e finiscono la loro torta di compleanno in preda alla disperazione; i rari barlumi di felicità che le donne vivono quando dimenticano, anche solo per un breve momento, di essere in prigione. Visivamente, queste scene sono trattate quasi al pari di una fotografia: il ricordo di un momento al di fuori della dimensione spazio-temporale” (Peter Kerekes).

scena

107 Mothers (2021): scena

 

ATLANTIDE

Atlantide è un film nato senza sceneggiatura. I dialoghi sono rubati dalla vita reale, e la storia si è sviluppata in divenire durante un'osservazione di circa quattro anni, seguendo la vita dei ragazzi. Questo metodo di lavoro mi ha dato la possibilità di superare il limite di progettazione tradizionale nel cinema: prima la scrittura e poi la realizzazione. Così il film ha potuto registrare in maniera reattiva questo momento di grande cambiamento di Venezia e della laguna, da un punto di vista difficile da percepire, attento allo sguardo degli adolescenti. Il desiderio di vivere così da vicino le loro vite, dentro i loro barchini, ha reso possibile tutto il resto: Il film si è lentamente costruito da solo” (Yuri Ancarani).

scena

Atlantide (2021): scena

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Biennale College

THE CATHEDRAL

“È un film che in qualche modo mi ossessionava dall’età di diciannove anni, quando partecipai al funerale della mia bisnonna materna e vidi due sorelle addolorarsi in modi molto diversi per la morte della loro madre, incapaci di riconciliarsi dopo tanti anni di ostilità. Questo fatto accadde nel 2006, all’incirca nel periodo in cui avevo lasciato la casa della mia infanzia a Long Island per frequentare il primo anno di college, e mi sembrò appropriato che la prima occasione in cui maturai un nuovo punto di vista sulla mia famiglia coincidesse con questa circostanza relativamente sobria, che parve segnare un momento particolarmente vuoto e deprimente nella storia della mia famiglia.
Sempre in questo periodo cominciarono a formarsi anche le mie convinzioni politiche, e qualunque nuovo punto di vista avessi maturato sulla storia della mia famiglia durante il funerale della mia bisnonna, questo si stava sviluppando insieme a una crescente consapevolezza dei cambiamenti ideologici avvenuti negli Stati Uniti da quando ero nato, sul finire degli anni Ottanta.
The Cathedral deriva da queste nozioni di storia personale e politica in costante evoluzione. È un tentativo di commemorare un tempo della mia vita – e più in generale, credo, della vita degli Stati Uniti – che inevitabilmente genera sentimenti di ogni tipo, alcuni dei quali sono più dolorosi e confusi di altri. Non ho mai pensato di fare un film che raccontasse i dissidi e le anomalie della mia famiglia, ma, piuttosto, di attingere al senso di solitudine e curiosità di un bambino solitario e ansioso che guardava fuori dalla finestra di camera sua.
Il risultato è un collage di immagini e suoni, legati ai ricordi di un ragazzo, che ritrae un quadro triste e anaffettivo di una famiglia ridimensionata, in un momento storico segnato da attese ridimensionate” (Ricky D’Ambrose).

Robert Levey II

The Cathedral (2021): Robert Levey II

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Settimana della Critica

KARMALINK

EXCL. LA PAROLA A JAKE WATCHELL

“La Cambogia è proiettata nel futuro. Fertile ma perennemente trascurata, è terreno fertile per una storia di fantascienza. Ma in che modo il rapido sviluppo che sta vivendo condiziona l’individui, la cultura e i valori? Ho riflettuto su questa domanda durante il mio anno di insegnamento ai bambini di Tralop Bek, un quartiere costruito intorno ai binari della ferrovia che taglia in due Phnom Penh. In questa brulicante metropoli, quella di Tralop Bek è una piccola comunità che, caratterizzata da un’atmosfera tradizionale, è minacciata da tutte le parti. Questa è una storia di collisioni che si verificano durante il processo di sviluppo: tradizione contro modernità, scienza contro religione, Oriente contro Occidente. In altre parole, la storia è un chiaro invito a mostrare più empatia e comprensione per coloro che non hanno nulla mentre andiamo a velocità elevata verso un futuro sempre più omogeneo, consumista e connesso”.

Leng Heng Prak

Karmalink (2021): Leng Heng Prak

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Giornate degli Autori

DUSK STONE

“Il rapporto con la nostra infanzia e con il tempo che passa. La capacità di convivere con le convinzioni dell'altro e la tenerezza di quel patto. Per realizzare il film in modo plastico e dargli un'aria da pellicola anni Cinquanta, con un'atmosfera più "realistica", quasi documentaria, ho concepito un doppio movimento: da un lato gli elementi quotidiani generano il fantastico; dall'altro quello stesso fantastico, come un catalizzatore, mette al riparo quelle emozioni che altrimenti, se affrontate in maniera diretta, scomparirebbero. Cerco di costruire una storia personale con risonanze più universali”. (Iván Fund).

 

MADELEINE COLLINS

EXCL. TRE DOMANDE AD ANTOINE BARRAUD

Da dove nasce l’idea del film?

L'idea era quella di raccontantare di una donna capace di nascondere la sua tormentata vita privata attraverso il lavoro. Pensavo alle dinamiche scatenate da questo espediente. Una donna costantemente in movimento che viaggia avanti e indietro. Un volo di linea. Nel cinema, la storia di un uomo che conduce una doppia vita è abbastanza comune, non è un tema così esplorato, invece, quando si tratta di un personaggio femminile. Perché la questione dei figli, se ce ne sono, salta subito fuori... Mi interessava sapere se si potesse davvero tenere segreta una gravidanza. Se fosse plausibile. Sin dalla scrittura della sceneggiatura ho avuto presente questa sfida. Una questione che non si sarebbe posta se il protagonista fosse stato un uomo. Ricordo Danièle Dubroux, la regista del meraviglioso film Border Line, che sosteneva di voler sempre "difendere l'indifendibile". Nel personaggio di Judith troviamo un po' questo: difende sempre ciò che a ragione dovrebbe essere indifendibile.

Qual’è la prima scena che ha immaginato?

Era una sequenza in cui Judith va in un nightclub e viene avvicinata da un playboy fin troppo insistente. Per la prima volta, Judith mente sulla sua identità. La scena non è più nel film ma è quella che ha gettato le basi dell’idea stessa su cui poggia il film. L’ho messa da parte perché volevo che tutto iniziasse in un momento della sua esistenza in cui sarebbe stato per lei difficile gestire una doppia vita. Scrivere questo film mi ha richiesto molto tempo e fatica. Occorreva una sceneggiatura con una struttura molto rigida, dalla quale era difficile togliere elementi senza compromettere il tutto. Quando è sorta la domanda sulle scene che avrei potuto tagliare o rimuovere per risparmiare sui costi (come spesso accade con i film indipendenti, il budget era limitato), non è stato facile: era complicato tagliare perché per me contava ogni dettaglio o informazione.

In che momento il film è diventato un thriller che fornisce continuamente indizi allo spettatore?

Mi sono reso conto abbastanza presto che avrebbe avuto quella che io definisco una “struttura a lumaca”: inizi dalla Z e arrivi alla A. La cosa mi ha un po’ spaventato. Per me, è facile scrivere ma sono abituato a un tipo di struttura più lineare. Qui, sapevo di aver bisogno di un meccanismo cinetico inarrestabile. Ogni scena girata doveva aggiungere qualcosa in più ma solo una, in modo che la narrazione rimanesse digeribile e aggiungesse elementi utili. Mi piace tenere lo spettatore sveglio, coinvolgerlo e lasciarlo con il fiato sospeso. Mi piace l’idea di vedere un film che richiede partecipazione. Lo spettatore deve stare sempre attento alla protagonista: mentire è un lavoro duro, estenuante e a tempo pieno. Richiede una mappa mentale complessa e non si può sbagliare. Essere un bugiardo è come essere uno scrittore, per forza di cose. Judith inventa continuamente storie. A volte, non ne ha il tempo e sembra con le spalle al muro: presa dal panico, inventa comunque qualcosa, e le sue bugie sono sempre sul filo del rasoio e possono farle perdere tutto.

Virginie Efira, Quim Gutiérrez

Madeleine Collins (2021): Virginie Efira, Quim Gutiérrez

 

SHEN KONG

“Ambiente, solitudine, libertà, salvezza e ideologia straripano in questa storia, e non c'è modo di trasformarli. "Devo adottare una nuova strategia, scegliere un altro punto di vista. Devo trovare una logica diversa e un nuovo modo di riconoscermi e identificarmi con il mondo", mi sono detto. Mi rifiuto di stare in silenzio e subire il peso della realtà. Voglio invece che i miei personaggi danzino con il vero desiderio. Non faccio altro che citare i loro versi e rendere autentica ogni loro parola”. (Chen Guan).

scena

Shen kong (2021): scena

 

THE FORGOTTEN ONES

“Il film sarà un viaggio intimista in quelle città israeliane di frontiera del tutto sconosciute e lontane dai soliti stereotipi. Sarà anche un viaggio nel tempo, all'epoca della costruzione dello stato di Israele, quando la ripartizione geografica tra le "città dello sviluppo" e il centro ha contribuito a creare un divario sociale tra Mizrahim e Ashkenazim. Il film, inoltre, passerà da un'ambientazione all'altra. Proprio perché la storia della famiglia è composta dai viaggi tra Israele e Francia, la narrazione si svilupperà attraverso uno sguardo complesso segnato dall'esilio. Questo road movie è un'esplorazione nella periferia sbiadita di una nazione. È il ritorno alle origini di una regista esiliata che ha sempre enfatizzato le terre perdute dell'infanzia e che si cimenta con una realtà che non ha mai voluto affrontare”. (Michale Boganim).

scena

The Forgotten Ones (2021): scena

 

AL GARIB

“L'occupazione israeliana dei territori del Golan siriano nel 1967 è un evento caduto nel dimenticatoio. A più di cinquant'anni da quell'evento, sono in pochi a conoscere le condizioni della popolazione siriana. Ho scritto e diretto il film nella mia terra natia, sentendo i suoni della guerra che riecheggiavano lontani, dietro le colline e quel confine aberrante con la Siria. Dove sono queste guerre? Sono oltre il confine stabilito dall'occupazione? O all'interno, nel mio paese natale? Di chi è questa guerra? Qual è la funzione di queste frontiere e dei loro fili spinati? [...] Il film racconta la storia di Adnan che, senza successo, vuole una vita diversa da quella che suo padre ha cercato di imporgli. In un certo senso, attraverso la sua vicenda, possiamo osservare le vittime delle società patriarcali. Con le donne che, nel film come nella realtà, interpretano il ruolo della speranza”. (Ameer Fakher Eldin).

scena

The Stranger (2021): scena

 

WELCOME VENICE

"A dieci anni esatti da io sono Li torno con un film di laguna alle Giornate degli Autori e il caso ha voluto che sia proprio questo mio film a inaugurare Sala Laguna, la nuova sala delle Giornate, dedicata a Valentina Pedicini, compagna di viaggio nel cinema indipendente e documentario. Un cinema dove i luoghi e i loro abitanti hanno un ruolo fondamentale per costruire insieme poetiche e significati. Un cinema aperto e plurale, sempre alla ricerca di sfide e dialoghi. Come è stato il progetto da cui è nato Welcome Venice, immerso nelle calli e nelle acque di una Venezia che si sente scomparire, che non sa dove andare, ma trova ancora la forza di esistere e di parlare, a sé e al mondo.

Una Venezia che rischia di essere consumata dalla sua stessa bellezza e fama, una città simbolo di urgenze e cambiamenti globali che coinvolgono tutti noi, una città che ha bisogno di vite, di cittadini, di spazi, come quello di una sala cinematografica rinnovata e restituita alla città stessa. In un’epoca difficile come questa di pandemie e chiusure, sono felice che questo mio nuovo film di laguna possa aiutare a celebrare una nuova apertura, una nuova strada di dialogo tra il cinema e la città, tra il cinema e il mondo" (Andrea Segre)

 

Paolo Pierobon, Sara Lazzaro

Welcome Venice (2021): Paolo Pierobon, Sara Lazzaro

 

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