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Belle parole
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La chiusura di cinema e teatri e persino quella notturna dei ristoranti è stata stigmatizzata da molti esponenti della cultura, la più bella tra tutte le parole. Gli assessori (alla bella parola) delle principali città si sono uniti in un comunicato che contrasta vibratamente l'ultimo DPCM. Vi si leggono altre belle parole, come "i luoghi più sicuri del paese" e "uno dei più rilevanti settori produttivi italiani", ma tutto questo sfoggio, questa retorica che pure riveste certe buone intenzioni, è stato già sorpassato dagli eventi perché è chiaro che a livello europeo stiamo andando incontro ad un ulteriore lockdown (anzi ad un "chiusone", per dirla con un italianissimo, espressivo neologismo).

Quel che ieri sembrava legittimo, caldo, accorato, persino giusto, oggi rischia di diventare un semplice prurito. Parlare della salvaguardia della cultura dall'interno di una cultura che è diventata quella del virus mi sembra una battaglia impari, persa in partenza. Paginate di giornali, ore ed ore di programmazione televisiva, montagne di dati e vagonate di virologi. In mezzo a questa cultura che senso avrebbe tenere aperti cinema, teatri e musei? Anche ammesso che si possa considerare una deroga per questi settori, quale pubblico li frequenterebbe?

Le chiusure di Francia e Germania dimostrano che l'unica strategia che i governi europei sono in grado di mettere in atto è tesa a limitare i contatti tra le persone e se il messaggio che passa è che diminuire il contatto tra la persone è l'unico mezzo a disposizione per combattere questo virus, allora sarebbe quantomeno strano tenere aperti luoghi che per definizione, anzi nel loro stesso DNA, hanno nell'aggregazione di pubblico, nel riavvicinamento sociale e nella condivisione i loro principali motivi di essere.

Sul versante opposto di questa riflessione, quella che appartiene al mondo dell'ideale, certamente sarebbe bello abitare un luogo in cui le scuole, i musei, le biblioteche, i teatri, i cinema restano aperti qualsiasi sia lo scenario, perché sarebbe l'espressione di un mondo che antepone la condivisione della cultura e le economie ad essa collegate. Un mondo in cui si passa un segnale che dice "Ragazzi, le cose non vanno affatto bene e siamo ancora nella merda ma sappiate che nell'apprendimento, nei libri, nella musica, nel cinema e nel teatro ci sono immensi valori e piaceri. Quindi, rispettando le misure di sicurezza (e se vi becchiamo senza mascherina o a passarvi la borraccia, vi leviamo la pelle), facciamo di tutto per tenerli sempre aperti per voi". Sarebbe un segnale estremamente potente, sicuro. Ma quale governo potrebbe, oggi, sostenere una posizione così radicale senza cadere sotto i colpi delle strumentalizzazioni delle opposizioni dando luogo a faide, scissioni, rimpasti o crisi istituzionali?

Quindi non ci resta che lavorare su altre possibilità, sul nostro singolo bagaglio, sulla nostra personale volontà di crescere, sulla nostra capacità di diventare, noi stessi, tanti significativi, per quanto minimi, snodi culturali. Svolgendo, anche su piccola scala, la nostra funzione di condivisione. In fondo, qui, è quello che facciamo tutti insieme da più di diciotto anni. È quello che volevamo fare quando abbiamo creato questo luogo: un piccolo centro di smistamento di passione e cultura. Non possiamo frequentare sale, teatri, musei? Okay, ce ne facciamo una (dolorosa) ragione. La cultura, oltre ad essere una bellissima parola, è fatta soprattutto di tanti piccoli appezzamenti di terreno regolati dalle pratiche del seminare, innaffiare, nutrire. E dal saper attendere.

Nell'attesa, appunto, di momenti migliori, da qualche giorno abbiamo rimesso mano alla nostra homepage che solitamente riporta le uscite in sala della settimana e che sono state sostituite da liste di film o serie tv da vedere in streaming. Una piccola pratica che cercheremo di portare avanti a cadenza settimanale, nella speranza che non diventino troppe (le settimane).

State bene, state su, stiamo insieme.

 

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