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È tutta colpa della farfalla di New York
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Conoscete la vecchia storia per cui se una farfalla batte le ali in un certo posto da un’altra parte del mondo si scatena un uragano? Bene, pare che la farfalla sia a New York, e abbia nome e cognome: Andrew Cuomo. Il governatore dello stato di New York, di solida fede democratica, figlio di di Mario (anche lui per ben tre volte governatore dello stesso stato) ha detto che non si fa. Non ora: i cinema di New York non devono riaprire. Non è il momento: troppo pericoloso, ovviamente causa pandemia ( e magari c’è anche un po’ di politica dentro, viste le imminenti pazzesche elezioni presidenziali americane. “Capiamo che qualcuno sarà scontento - ha detto - ma sapete cosa? Meglio scontenti che malati. O peggio”.

Qualcuno in effetti è scontento, molto scontento. Non solo i cinefili newyorkesi. Qualcuno di ben più influente: come ad esempio Mooky Greidinger, il CEO di Cineworld, il secondo più grande gruppo mondiale di sale cinematografiche. Che ha detto: “Ok, noi allora si chiude - temporaneamente - negli Stati Uniti e in Gran Bretagna”. Sono 537 sale negli USA e 127 in UK.

Una reazione che potrà stupire ma che non è una ripicca. E che ci coinvolge tutti. Perché le sale dello stato di New York (insieme a quelli della California) hanno un’importanza vitale sugli incassi dei film negli Stati Uniti. E questi trainano a loro volta quelli mondiali. Senza New York a fare da apripista gli studios si guarderanno bene dal lanciare i loro prodotti migliori: li tengono semplicemente nei cassetti, possono aspettare. E senza quei film le sale in tutto il mondo semplicemente non ce la fanno (anzi no: non in tutto il mondo, dopo lo vedremo meglio).

È così: Dune doveva uscire il 18 dicembre e passa all’1 ottobre 2021. The Batman finisce al 2022 con The Flash e Matrix 4. 007 No Time to Die slitta ancora e passa al 2 aprile 2021. Al momento - tra i grossi titoli - per il 2020 restano in corsa solo Soul della Pixar (in uscita il 20 novembre) e Wonder Woman 1984 (in uscita il 26 dicembre nel mondo e il 14 gennaio da noi).

Quanto potrà durare? Quanto reggerà il sistema cinema? Analisi lucide ci invitano all’attenzione: non sono tutti nella stessa barca. Gli studios hanno le spalle grosse: sono abituati a giocare e perdere, per poi vincere ancora. Trattenere il fiato a loro non costa molto e se hanno cavalli su cui hanno speso molto semplicemente non li mandano in pista. Correranno poi, dopo. Mandarli ora per vederli azzopparsi malamente è inutile. Non è la stessa cosa però per le sale: quelle non hanno tutta questa resistenza. La mossa del CEO di Cineworld (seguita subito dalle sale del circuito britannico Odeon) sta a significarlo. Loro tremano, per davvero. Magari reggono - chissà - qualche altro mese, ma poi vanno a gambe all’aria.

Ma - viene subito da pensare - se i grandi circuiti crollano, poi la cosa non si ritorce anche contro gli studios? Non è una filiera che si interrompe? Non è affatto detto, e questa è la scommessa. Le sale possono essere vendute a chi poi le fa ripartire: la lista di chi ha tanti soldi in tasca è lunga. Pensate ad Amazon, Apple, Google… tutti soggetti che hanno già un piede nell’industria dell’entertainment e che potrebbero fare affari d’oro entrando in un mercato in crisi.

È un mondo grande, complicato e in questo momento assai incerto e anche sorprendente: pensate che intanto in Cina tutto è ripartito e che le sale stanno facendo grandi incassi, con prodotti locali (a proposito del fatto che non in tutto il mondo cose viaggiano sugli stessi binari).

In questo quadro globale restiamo però fuori noi, piccolo vaso di coccio. Che ne sarà delle nostre sale? Cosa faranno i grandi circuiti nostrani - UCI Cinemas, The Space Cinema? E tutto il resto? tutte le altre sale consorziate in altri circuiti o che corrono da sole? Mentre scrivo mi arriva il comunicato del MIBACT: lo stanziamento di altri 20 milioni di euro alle sale italiane. Si arriva così a 60 milioni contando la quota parte già assegnata di 40 milioni di euro del fondo emergenza spettacolo e cinema, istituito dal Decreto Legge Cura Italia. Sono 20 mila euro di quota fissa a ciascuna sala, ai quali si aggiungerà il contributo variabile in base ai mancati guadagni.

 

Sono sufficienti? Basteranno? È improbabile. Una cosa è certa: blockbuster americani non se ne vedranno per un po’. Manco a Natale. Piange il cuore vedere che non siamo la Cina: la nostra produzione, che in questo momento potrebbe davvero giovarsi dell’assenza di competitors e avere grandi numeri di sale disponibili, semplicemente non ha il prodotto. Peccato, come ogni situazione negativa anche questa potrebbe/avrebbe potuto venire ribaltata con abilità. Ma un po’ di questo dipende anche da noi. Se Andrew Cuomo è una farfalla chi lo ha detto che qui non potrebbero esserci almeno delle api operaie?

Nei cinema sinora non è infettato nessuno, ha fatto notare qualcuno. E allora, pieni di speranza nelle nostre alucce, che magari non scatenano tempeste ma potrebbero sollevare brezzoline rinfrescanti, rilanciamo il messaggio della campagna dei cugini di FilmTv rivista. Andateci al cinema. Se potete, andateci. Anche se c’è poco, andarci ora è l’unico modo per far sì che ci sia qualcosa d’altro presto.

 

 

 

PS: è notizia di oggi 9-10 che Soul non uscirà nelle sale. Andrà direttamente il giorno di Natale su Disney+. 

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