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Venezia 2020: Giorno 6
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Giro di boa per la Mostra del Cinema di Venezia: l'impressione al momento è che tutto stia procedendo nella norma. Del resto, l'atmosfera surreale legata al Covid-19 non lascia molto spazio per tutto ciò che non è cinema. Certo, capiti che sui quotidiani si preferisca parlare della fidanzata con l'etichetta al vestito, della sorella di Belen o dell'influencer con i brufoli. Per trovare la recensione di un film o un'intervista che non sia solo una dichiarazione d'intenti bisogna fare i salti mortali. Come dite? Gà, nulla è cambiato rispetto agli anni precedenti. Si parla molto degli assenti e poco dei presenti, come se su questo festival aleggi sempre il pensiero su quello che avrebbe potuto essere e che non è stato. Forse occorre il supereroe umano di Never Gonna Snow Again di Szumowska ed Eglert a riequilibrare le cose.

Agli antipodi i film in concorso oggi, si va dal bianco e nero di Konchalovsky alla notte movimentata di Gitai, due registi che molto hanno dato in passato ma che sembrano aver esaurito le cose da dire. Chissà come andrà con i loro nuovi lavori. Occhi puntati invece sul fuori concorso con due perle: l'esordio alla regia di Regina King e il documentario Hopper / Welles, straordinaria testimonianza di una lunga conversazione tra due geni lassoluti.

La regista Malgorzata Szumowska in sala

 

 

Proiezioni odierne: Concorso

CARI COMPAGNI

Sinossi: URSS, Novocherkassk, 1962. Lyudmila è un membro del partito comunista locale, una convinta militante che nutre un’incrollabile fiducia negli ideali comunisti e un profondo disprezzo per ogni forma di dissidenza. Durante una manifestazione operaia in una fabbrica di locomotive, la donna assiste a una sparatoria sui dimostranti ordinata dal governo per reprimere lo sciopero: un evento che cambierà per sempre la sua visione del mondo. Molti i feriti e numerosi i dispersi, la città è sconvolta dagli arresti, da condanne sommarie e dal coprifuoco. E in quei giorni la figlia di Lyudmila scompare nel nulla. Per la donna inizia così un'affannosa, quanto rischiosa, ricerca senza sosta e senza quartiere - a dispetto del blocco della città, degli arresti e dei tentativi di insabbiamento da parte delle autorità.

EXCL. Approfondimento

Commento del regista Andrei Konchalovsky: «Con Cari Compagni volevo fare un film sulla generazione dei miei genitori, quella che ha combattuto ed è sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale con la certezza che si potesse morire "per la Patria, per Stalin" e con una fiducia incondizionata negli ideali del comunismo: milioni di persone che cercavano di fondare una nuova società. Ho voluto ricostruire con la massima accuratezza un fatto realmente accaduto e un'epoca in cui la storia rivela l'incolmabile divario fra gli ideali del comunismo e la drammatica realtà dei fatti. Questo film è un tributo alla purezza di questa generazione, ai suoi sacrifici e alla tragedia che ha vissuto nel veder crollare i propri miti e traditi i propri ideali».

Cari Compagni è basato su una storia vera che si è svolta l'1 e il 2 giugno del 1962 a Novocherkassk e che è stata secretata fino agli anni '90. La prima inchiesta ufficiale risale al 1992, trent'anni dopo i fatti. Nel giugno 1992 Yuri Bagraev, che al tempo era Assistente del Capo della Procura Militare, venne nominato a capo della squadra di investigatori incaricati di chiarire le ragioni e le circostanze degli omicidi durante gli eventi di Novocherkassk e di individuare i resti delle vittime. In quel momento Bagrayev era uno degli investigatori più esperti e rispettati nel paese. L'obiettivo dell'inchiesta era quello di scoprire le ragioni e le dinamiche degli eventi ed esprimere un parere legale riguardo le azioni compiute dagli ufficiali. Il caso fu chiuso nel Settembre 1994. I principali responsabili, già morti a quel tempo, non vennero mai condannati.

Sessant'anni dopo il massacro di Novocherkassk, il Maggiore Generale Yuri Bagraev ha collaborato come consulente alla stesura della sceneggiatura. Ha a proposito dichiarato: «Inizialmente, ho reagito con una certa diffidenza alla proposta di Andrei Konchalovsky di diventare consulente per un film sugli eventi di Novocherkassk del 1962. In effetti in quel periodo avevo già partecipato a diversi programmi televisivi su questi eventi e il risultato, per usare un eufemismo, non mi soddisfaceva a causa della scarsità e talvolta della tendenziosità del materiale presentato al pubblico. Tuttavia, in una conversazione con Konchalovsky, ho subito sentito il suo sincero interesse a scoprire cosa è realmente accaduto a Novocherkassk, così come il suo desiderio di capire le vere ragioni delle azioni di coloro che avevano preso parte a quegli eventi. Dopo aver letto la sceneggiatura del film, mi sono reso conto che i fatti accaduti a Novocherkassk nel giugno 1962 erano rappresentati con accuratezza storica, sebbene, evidentemente, la sceneggiatura di Cari Compagni non è un riflesso della cronologia esatta di tutti gli eventi del 1 e del 2 giugno 1962, né il racconto onnicomprensivo di tutto ciò che accadde. Tuttavia, nella sceneggiatura ho visto il senso di quello che volevo trasmettere al regista nel corso del mio lavoro di consulenza: l'impotenza dei vertici del partito locale, la paura delle persone di fronte alla macchina statale della repressione e, ovviamente, la tragedia dei militari, di fronte a una scelta drammatica: eseguire ordini illegali dei vertici del partito o rifiutarsi di farlo. Il film non solo solleva tutti questi temi importanti, ma rispetta anche la verità storica, quindi, nei titoli di coda del film Cari Compagni si può scrivere senza dubbio: "Il film è basato su eventi reali"».

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Cari compagni (2020): scena

 

LAILA IN HAIFA

Sinossi: Nel corso di una notte, attraverso una serie di incontri e situazioni, si intrecciano le storie di cinque donne, che nelle loro relazioni e identità personali sfidano ogni categoria e classificazione. Con un cast corale di attori sia israeliani che palestinesi, Laila in Haifa è un film drammatico tinto di un pungente umorismo ambientato in una notte in un locale della città portuale di Haifa. Il film presenta una fotografia-verità della vita contemporanea in uno degli ultimi spazi rimasti in cui israeliani e palestinesi si ritrovano per impegnarsi in rapporti faccia a faccia. Lo stesso club ha un ruolo di vitale importanza per il tessuto del film. Con questo lungometraggio, Amos Gitai ci offre un'immagine sensibile e molto umana della vita in quell'area. Laila in Haifa è un lieu de rencontres, un luogo di incontro, un momento di dialogo, in una regione che altrimenti soffre di odio e violenza cronici. E ci pone una serie di domande: come possono le arti creare uno spazio in cui le persone siano in grado di esprimere le loro differenti identità, cercando tuttavia modi che assicurino una pacifica convivenza? Come può il linguaggio cinematografico, accostando frammenti di storie, creare un tessuto umano comune?

EXCL. Tre domande al regista Amos Gitai

1. Di cosa parla Laila in Haifa?

È un film che parla di donne e uomini che cercano la loro autonomia attraverso una serie di incontri che sfugge qualunque definizione di classe, genere, religione o identità nazionale. L'esperienza di coinvolgere i miei attori nel processo di ricerca dei significati del film, chiedendo la loro partecipazione, integrando capitoli delle loro biografie fa parte della risposta a questa domanda. Dunque quando ho cominciato a parlare con Behira Ablassi, Khawla Ibraheem e Maria Zreik, tre giovani attrici palestinesi, dei significati dei loro ruoli, ho capito che desideravano anche parlare di come si sentono in quanto donne all'interno della loro società. È il primo lungometraggio di Behira, mentre Maria e Khawla sono all'inizio della loro carriera. Recitano accanto ad attrici e attori di esperienza e questo insieme di autenticità e professionismo ha nutrito il film. È stata anche la prima volta che ho lavorato con Naama Preis, attrice e ballerina israeliana.

2. Per quale ragione ha scelto cinque figure femminili come protagoniste?

Il Medio Oriente è totalmente dominato da personaggi maschili che in molti casi promuovono guerre e conflitti, quindi fin dai miei primi lavori 35 anni fa, ho scelto di concentrarmi sui ruoli femminili che sono centrali nei film Esther (1985), Berlin Jerusalem (1989), Kadosh (1999), Free Zone (2004), Terra promessa (2005). Queste opere sono un luogo d'incontro tra attrici di grande esperienza come Jeanne Moreau, Juliette Binoche, Rosamund Pike, Annie Lennox, Anne Parillaud, Hanna Shygulla, Yael Abecassis, Ronit Elkabetz, Hana Laslo, Hiam Abbass, Natalie Portman, Le?a Seydoux, accanto ad attrici esordienti come Diana Bespechni, Behira Ablassi, Simona Benyamini e altre. Il fatto stesso di mettere un ruolo femminile al centro di un film equivale di per sé a mettere in discussione l'organizzazione sociale nella società in cui viviamo.

3. Da dove trae origine la storia?

Sono andato a visitare questo particolare locale con una delle mie attrici, un'attrice palestinese del mio film precedente, A Tramway in Jerusalem. Voleva mostrarmi la vita notturna ad Haifa e siamo stati in tutti i club più frequentati e di tendenza. Al Fattoush ho trovato un miscuglio di ebrei e arabi, israeliani e palestinesi, eterosessuali e gay. Questo locale è una specie di rifugio per persone di origini diverse ed è piuttosto insolito in un paese in cui quando leggiamo le notizie sentiamo parlare solo di ostilità, conflitto, guerra, uccisioni. Quella serata al Fattoush mi ha dato una sensazione di scambi umani tra persone che si confrontano in modo non violento, pur non trovandosi sempre d'accordo. Ho adorato quella sera passata nel locale e mi sono detto "bene, a partire da questo momento comincio a scrivere una storia su questo microcosmo e ambienterò tutto il film in questo bar". Mi piaceva molto la location, accanto alla ferrovia, e il fatto che la narrazione del film sia costantemente costellata dal laconico intervento del treno.

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Laila in Haifa (2020): scena

 

Proiezioni odierne: fuori concorso

ONE NIGHT IN MIAMI

Commento della regista Regina King: «Questo film è una lettera d'amore dedicata all’esperienza vissuta dagli uomini di colore in America. Avendo io stessa un figlio, ho ritenuto importante mostrare al mondo cosa significhi. È stata un’opportunità per mostrare queste icone prima di tutto come uomini e fratelli. Amici che possono parlare liberamente e dichiarare che il momento del cambiamento è ora. Questo messaggio incentrato sul cambiamento riecheggia ancora oggi a distanza di decenni. Purtroppo, la recente uccisione di George Floyd e Breonna Taylor ci ha mostrato che la lotta per l'uguaglianza razziale è lungi dall’essere arrivata a conclusione. Abbiamo più che mai bisogno l'uno dell'altro, dobbiamo alzare le nostre voci all'unisono così che non possano essere ignorate, e far sì che queste voci siano finalmente sentite».

Prossimamente su Amazon Prime Video.

Kingsley Ben-Adir, Aldis Hodge, Leslie Odom Jr., Eli Goree

One Night in Miami (2020): Kingsley Ben-Adir, Aldis Hodge, Leslie Odom Jr., Eli Goree

 

HOPPER/WELLES

Presentato per la prima volta alla 77. Mostra del Cinema di Venezia, Hopper/Welles è una conversazione intima e rivelatrice del 1970 tra due giganti del cinema, Dennis Hopper, all’epoca sulla cresta dell’onda grazie al grandissimo successo di Easy Rider, e Orson Welles, da sempre un iconoclasta e un intervistatore dall’autorita? inquisitoria. Entrambi erano emersi dalla notorietà per cambiare il volto del cinema. Appare del tutto naturale che si siano incontrati – come fecero – nel corso di una lunga, vivace cena. Registrato durante le riprese movimentate del film di Welles The Other Side of the Wind – dalla lunga e travagliata realizzazione – e durante il difficile montaggio di The Last Movie (Fuga da Hollywood) di Hopper, lo scambio di battute evidenzia due personaggi dalla somiglianza affascinante: il più anziano un leone d’inverno, il più giovane una testa calda destinata all’insuccesso. Gli argomenti che affrontano sono moltissimi e le domande profonde. Un regista è un "dio" o un "mago"? L’America sopravviverà alla propria violenza? Il sesso, la liberazione, i radical chic e l’onestà politica: la loro chiacchierata è più attuale che mai. Hopper/Welles è un pezzo essenziale della storia del cinema, che si colloca in uno snodo fondamentale di un’industria in via di trasformazione, con le voci di due dei più radicali creatori di cinema.

 

Orson Welles

Hopper/Welles (2020): Orson Welles

 

PRINCESSE EUROPE

Commento del regista Camille Lotteau: «Dopo aver diretto alcuni film collettivi e alcuni miei, mi confronto qui con l'esercizio del film-vincolo. Incontro il mio vincolo per caso in Libia e poi lo seguo in Iraq. Il suo nome è Bernard-Henri Levy, è esuberante, eccessivo. Cerco di realizzare un ritratto di questa Europa che lo ossessiona. Tre mesi di viaggio, un migliaio di incontri, il soggetto fatica. Utilizzo la mia chiave che moltiplica le facce e le voci. Lui usa la sua, più grande, e mi guida nell'anticamera di tutti i castelli... Il problema si complica, riesco solo a capire che è necessario ascoltare le persone e le forze e da lì cercare di rappresentare almeno una parte dei movimenti che agitano il nostro continente».

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Princesse Europe (2020): scena

 

Proiezioni odierne: Orizzonti

CARELESS CRIME

Commento del regista Shahram Mokri: «Quarant'anni fa, durante la rivolta per rovesciare il regime dello Scià in Iran, i dimostranti diedero fuoco alle sale cinematografiche in segno di protesta contro la cultura occidentale. Molti cinema furono dati alle fiamme. In un tragico episodio, venne bruciato un cinema con quattrocento persone all’interno, la maggior parte delle quali furono arse vive. Sono passati quarant’anni e, nell’Iran dei nostri giorni, quattro individui decidono a loro volta di dar fuoco a un cinema. Il loro obiettivo è una sala in cui si proietta un film su un missile dissotterrato e inesploso. Il passato e il presente si incontreranno? Lo sconsiderato atto criminale tenta di ricreare degli eventi storici significativi. Ma questo film non tenta di rievocare la storia: piuttosto è un film sul Cinema stesso».

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Careless Crime (2020): scena

 

LISTEN

Commento della regista Ana Rocha de Sousa: «Ho sentito la necessità di realizzare Listen non solo come cineasta, ma anche come madre. Le forme e le sfumature dei diversi lati di una storia, come una sorta di danza tra giusto e sbagliato, mi interessano molto. La cultura e la vita ci strutturano per farci comportare correttamente e rientrare in determinate categorie, ma nulla è esattamente ciò che sembra. Non è così semplice. La capacità di entrare nei panni di qualcun altro può favorire un cambiamento. Valutare in modo astratto spesso dà adito a errori. La separazione come misura preventiva è un punto interrogativo per le mie convinzioni. L’unione, il sostegno e la compassione possono far ottenere risultati migliori. Questo film per me è una dolorosa esplorazione del modo in cui vediamo, di ciò che giudichiamo o crediamo e di cosa è effettivamente vero».

Lúcia Moniz

Listen (2020): Lúcia Moniz

 

Proiezioni odierne: Eventi speciali

REVENGE ROOM

EXCL. Revenge Room è un progetto innovativo, pensato per parlare a spettatori di target diversi, in particolare Generazione Z, Millennials e genitori. Una storia dalla forte valenza sociale che prende vita attraverso tre contenuti diversi, ognuno pensato per un differente canale di distribuzione. Revenge Room è stato realizzato come:

1. cortometraggio lineare diretto da Diego Botta, presentato come evento speciale alla 77. Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia e disponibile in contemporanea su RaiPlay;

2. cortometraggio in Virtual Reality 360° diretto da Gennaro Coppola da presentare a settembre a Roma nel programma di Videocittà, il Festival della Visione, e in contemporanea sulla App Rai Cinema Channel VR;

3. video mapping narrativo realizzato dal Rufa in collaborazione con la società di VFX Direct 2 BRAIN, che sarà visibile in autunno in una piazza di Roma, nell'ambito di un evento legato al revenge porn.

La storia affronta una tematica di grande attualità, il revenge porn (in italiano "vendetta porno"): è la diffusione sul web, con sistemi di messaggistica online di immagini e/o video privati a sfondo sessuale a scopi vendicativi e senza il consenso della persona ritratta. Le immagini sono spesso accompagnate da informazioni sufficienti per identificare il soggetto, i nomi o le posizioni geografiche, e possono anche includere collegamenti a profili social, indirizzi delle abitazioni o del posto di lavoro. Si tratta di un fenomeno che in molti casi ha portato addirittura al suicidio di chi ne è stato vittima.

Un recente studio della European Women's Lobby stima che negli Stati Uniti una persona su 25 è stata vittima di revenge porn , nel Regno Unito e in Australia una persona su 3 e in Europa circa 9 milioni di ragazze hanno subito una qualche forma di violenza online prima dei 15 anni. Nei mesi di lockdown dovuti alla pandemia si è registrato in tutto il mondo un netto aumento dei casi di "vendetta porno". Si stima che ogni giorno 53mila iscritti a chat si scambino immagini intime di migliaia di ragazze, anche minorenni, senza il loro consenso, con commenti denigratori, sessisti e umilianti, materiale pedo-pornografico, incitazione allo stupro e legittimazione del femminicidio. Secondo una ricerca che Amnesty International ha commissionato nel 2017 all'Istituto IPSOS MORI coinvolgendo circa 4000 donne di età compresa tra i 18 e i 55 anni di 8 Paesi diversi (Danimarca, Italia, Nuova Zelanda, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Stati Uniti), 911 donne hanno risposto di aver subito molestie o minacce online, 688 delle quali sui social media. Per quanto riguarda l'Italia, su 501 donne intervistate, 81 hanno subito molestie o minacce online, 62 delle quali sui social media.

Oltre il 59 per cento delle donne intervistate ha detto che le molestie o le minacce arrivavano da perfetti sconosciuti. L’impatto psicologico di tutto questo può essere devastante: il 61 per cento delle donne che ha subito molestie o minacce online ha provato diminuzione dell'autostima e della fiducia in se stesse; oltre la metà (il 55 per cento) ha provato stress e ansia e ha avuto attacchi di panico; complessivamente il 63 per cento ha riferito disturbi del sonno; oltre la metà (il 56 per cento) ha avuto difficoltà di concentrazione per lunghi periodi di tempo. Il problema non è Internet o i social media: la condivisione non consensuale di materiale intimo è un concetto molto vicino alla violenza sessuale, quindi il revenge porn è una vera e propria violenza, anche se non provoca lesioni fisiche può fare altrettanto male a chi ne è vittima.

La traccia musicale che accompagna Revenge Room è Sogni d'oro e di platino di Baby K , l'unica artista italiana ad aver raggiunto un miliardo di visualizzazioni sul suo canale YouTube.

In streaming su RaiPlay.

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Revenge Room (2020): scena

 

Proiezioni odierne: Giornate degli Autori

EXTRALISCIO - PUNK DA BALERA

Commento della regista Elisabetta Sgarbi: «Extraliscio è energia, amore per la musica, per il fare musica e per fare ballare, estro, improvvisazione e studio, malinconia e gioia, liscio e punk. Ho scoperto gli Extraliscio, grazie a Ermanno Cavazzoni, e ho scoperto di averli sempre avuti dentro di me, di averli sempre ballati, come un suono, o un palloncino, che insegui una vita, senza sapere perché».

Moreno il Biondo, Mirco Mariani

Si ballerà finché entra la luce. Extraliscio - Punk da balera (2020): Moreno il Biondo, Mirco Mariani

 

NILDE IOTTI, IL TEMPO DELLE DONNE

La parola al regista Peter Marcias

«Alla base del progetto cinematografico Nilde Iotti, il tempo delle donne c'è la volontà di raccontare una grande donna del Novecento italiano, attingendo dai numerosi repertori dai quali emerge la sua passione politica e il suo grande senso civile. Ho maturato l'idea di raccontare più che la figura politica la "donna e il suo tempo": Nilde Iotti e la grande capacità di motivare l'universo femminile e renderlo protagonista dal dopo guerra fino ad oggi e soprattutto con l'obiettivo di consegnare alle donne contemporanee le motivazioni per un futuro che riconosca pienamente diritti e valori. Sono partito dalle testimonianze delle amiche d'infanzia di Reggio Emilia: Ione Bartoli, Loretta Giaroni e Eletta Bertani. "Cinema di osservazione" in primis e interviste dirette per raccontare la giovane Iotti e la Resistenza che si fondono con un'attrice italiana come Paola Cortellesi, che interpretando se stessa si troverà a "comunicare", attraverso il suo viaggio in Emilia Romagna, con le parole e i pensieri della Iotti. Fondamentali i ricordi e le osservazioni di illustri personaggi della vita politica italiana di quegli anni (Giorgio Napolitano in primis e l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella), e personaggi della cultura, teatro, cinema, quali Piera Degli Esposti, Cecilia Mangini, Edda Billi e altri che direttamente o indirettamente hanno avuto a che fare con la Iotti. Il cinema del reale che incontra il presente del nostro paese, un racconto tutto al femminile per testimoniare l'Italia del cambiamento».

EXCL: Il ricordo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

«Un grande senso delle istituzioni, di rispetto delle istituzioni da non piegare mai a interesse di parte qualunque fosse l'interesse qualunque fosse il momento. Un secondo elemento è il rispetto della Costituzione, la tutela della Costituzione intesa, come fu detto all'assemblea costituente, come casa comune, in cui ti trovarsi tutti rispettandola. Il terzo elemento è quello del ruolo della donna nella Repubblica, nella società, e nelle istituzioni».

Prossimamente in sale per I Wonder Pictures.

scena

Nilde Iotti, il tempo delle donne (2020): scena

 

SAY AMEN, SOMEBODY

Commento del regista George T. Nierenberg: Dopo aver girato il film sulla tap dance afroamericana, No Map on My Taps, ho iniziato a provare attrazione per le radici della cultura americana andando, perciò, alla ricerca di un'altra idea. Una sera a cena, Ry Cooder, il musicista premiato con diversi Grammy Award, mi dice: "dovresti occuparti della musica Gospel. Quei 'felini' sono davvero eccezionali!"...e così è nato Say Amen, Somebody. Prima di dare vita al progetto, sapevo poco della musica Gospel, e questo mi ha permesso di sperimentare un nuovo mondo libero da preconcetti».

scena

Say Amen, Somebody (1983): scena

Proiezioni odierne: Settimana della critica

TOPSIDE

EXCL. Commento dei registi Logan George e Celine Held: «La sceneggiatura è stata scritta da Celine tra il 2012 e il 2014. Logan è stato attratto dall'idea della comunità che vive e prospera sottoterra. Cinematograficamente, è qualcosa che non è mai stato raccontato prima. Nel momento in cui abbiamo deciso di trasformare la storia in film, abbiamo cominciato a scendere tra i tunnel sotto Manhattan. La prima volta, Celine è scesa da sola e non ha trovato più nessuno: i cunicoli erano oramai disabitati. Tuttavia, è stata arrestate per violazione di proprietà. Ha potuto però vedere ciò che hanno lasciato lì le comunità che vi hanno vissuto tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Tra le gallerie sotterranee che abbiamo visitato insieme vi è anche il Freedon Tunnel, che scorre dalla 125ma Strada alla 72ma, attualmente utilizzato dai tremi Amtrak. In abbandono dagli anni Ottanta, è stato popolato da centinaia di persone che sono entrate in una comunità prima di essere sfrattate. Adesso è illegale andarci ma confessiamo di esserci stati un paio di volte. Grande aiuto per la vericidità della storia ci è venuto dai graffiti di Chris Pape, meglio noto come Freedom. Incontrando lui, siamo riusciti a riscreare le giuste atmosfere».

scena

Topside (2020): scena

 

FINIS TERRAE

Commento del regista Tommaso Frangini: «Finis Terrae è il mio cortometraggio di diploma presso la CalArts – California Institute of the Arts, dove ho conseguito un Master in Film Directing. Questo cortometraggio racconta la storia di Travis e Peter, due ragazzi amici dall'infanzia, che decidono di andare a campeggiare insieme prima che Travis parta per cominciare un Master universitario. Davanti a loro si aprono due destini competamente differenti: Travis sta per iniziare, lontano da casa, una nuova vita ricca di opportunità; Peter è invece costretto a rimanere nella sua città natale ed è molto scoraggiato al pensiero che il suo miglior amico possa defilarsi dalla sua vita. L'asperità e la desolazione del paesaggio che li circonda li porteranno a un viaggio introspettivo, dove il tempo trascorrerà senza un preciso scopo e dove avranno difficoltà a comprendersi e comunicare tra loro. Finis Terrae è l'espressione latina che indica "la fine del mondo conosciuto". Ho cercato di raccontare quel fenomeno, largamente diffuso presso i giovani che hanno da poco scavalcato i vent'anni, che è quella fisiologica crisi (la mid-twenties crisis) che tocca le loro vite nel momento in cui sono costretti a pianificare il futuro corso delle loro esistenze. Questo progetto ha anche una componente personale, dal momento in cui, in prima persona, mi sono trovato a dover affrontare il tema dell'allontanamento dalle persone amiche e a me care in occasione del mio trasferimento negli USA per frequentare la CalArts».

 

Ryan Masson, Micah Flamm

Finis Terrae (2020): Ryan Masson, Micah Flamm

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RECENSIONI

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Il regista Luca Guadagnino in sala.

 

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Venezia 2020: Giorno 5

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