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Venezia 2020: Giorno 4
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Il Festival di Venezia prosegue la sua corsa presentando il secondo film italiano in concorso: Miss Marx di Susanna Nicchiarelli. Con una battuta, potremmo dire che Matteo Salvini, il leader della Lega che in un solo giorno è riuscito a trasformare anche la Mostra in affare politico, ha sbagliato proiezione: chissà cosa sarebbe successo se anziché PadreNostro (accolto piuttosto scetticamente dalla critica) la sua compagna avesse scelto il film della Nicchiarelli basato sulla vita della figlia di Karl Marx, padre del comunismo.

Tra i tanti eventi in cartellone, menzione meritano i due lavori di Luca Guadagnino che, in pieno fermento creativo e in attesa che debutto la sua serie su Sky a ottobre, propone il cortometraggio Fiori, Fiori, Fiori (sullo sfondo della Sicilia in lockdown) e il documentario Salvatore, dedicato a Ferragamo e prontamente acquistato da LuckyRed per la distribuzione in sala. Le Giornate degli Autori, invece, rendono omaggio alla parabola musicale di James Senese con il documentario James e la Settimana della Critica offre l'unico titolo italiano in competizione, Non odiare di Mauro Mancini, che siamo certi farà discutere.

Spazio, al momento solo per la stampa, anche per il duo RezzaMastrella che presentea Samp, film che, concepito e girato 19 anni fa, stupisce per modernità e lungimiranza dei temi trattati. Possiamo già annunciarvi che i due saranno protagonisti di un'interessante intervista che troverete sul sito la prossima settimana.

Proiezioni odierne: Concorso

MISS MARX

Sinossi: Brillante, colta, libera e appassionata, Eleanor è la figlia più piccola di Karl Marx: tra le prime donne ad avvicinare i temi del femminismo e del socialismo, partecipa alle lotte operaie, combatte per i diritti delle donne e l’abolizione del lavoro minorile. Quando, nel 1883, incontra Edward Aveling, la sua vita cambia per sempre, travolta da un amore appassionato ma dal destino tragico. EXCL. La parola alla regista Susanna NicchiarellI

«La storia di Eleanor Marx, con la sua apparente incongruenza tra dimensione pubblica e privata, apre un abisso sulla complessità dell'animo umano, sulla fragilità delle illusioni e sulla tossicità di certe relazioni sentimentali. Raccontare la vita di Eleanor vuol dire parlare di temi talmente moderni da essere ancora oggi, oltre un secolo dopo, rivoluzionari. In un momento in cui la questione dell'emancipazione è più che mai centrale, la vicenda di Eleanor ne delinea tutte le difficoltà e le contraddizioni: contraddizioni, credo, più che mai attuali per cercare di "afferrare" alcuni tratti dell'epoca che stiamo vivendo.

È per via dell'attualità di questa storia che ho cercato di allontanarmi dai film di tradizionale ambientazione ottocentesca. La mia idea era di affrontare il genere del film storico e in costume lavorando sui cliché di queste narrazioni fino a capovolgerli. Nei contenuti, volevo raccontare tutto tranne la storia positiva ed edificante di un'emancipazione: volevo invece decostruire le contraddizioni profonde di questa narrazione. Nella forma, a partire dall'uso della musica, volevo "tradire" la rappresentazione del XIX secolo a cui siamo abituati. A cominciare, per esempio, dall'immagine stereotipata del "povero" ottocentesco, sempre un po’ fasulla e rassicurante. Ho cercato di tenere le immagini degli operai come uno sfondo sfocato e confuso, tranne in alcune rarissime occasioni in cui Eleanor vede veramente la tragedia collettiva che le si consuma attorno. Le maggior parte delle immagini della povertà che richiamano la tragedia che si consumava nelle fabbriche di quegli anni (tragedia che si consuma ancora oggi, con modalità molti simili anche se in luoghi diversi) sono quelle d’archivio, e quindi reali.

Ho cercato di fare un film di personaggi, non di folle. Nonostante si parli anche del movimento operaio, ho voluto tenermi lontana dalle scene di massa e da un certo moralismo. Il mio riferimento principale è stato Adèle H., una storia di volti, di ossessioni, di pensieri, e ho cercato di insistere, negli esterni come negli interni, sulla solitudine e la desolazione dei personaggi.

L'Ottocento che vediamo nel film è fatto di case arredate con pochi oggetti, abiti consumati e capelli disordinati: le immagini fotografiche del XIX secolo hanno influenzato spesso l’immaginario cinematografico, ma purtroppo risultano estremamente fuorvianti. Per le foto allora ci si preparava e ci si acconciava come per le grandi occasioni, perciò nulla è più distante dalla effettiva quotidianità; e i colori dei costumi naturalmente si perdono nel bianco e nero o nel seppiato. È per allontanarmi dall'immagine più consueta, desaturata e monocromatica, troppo spesso usata per raccontare quell'epoca, che ho scelto invece, assieme alla direttrice della fotografia (Crystel Fournier), al costumista (Massimo Cantini Parrini) e allo scenografo (Alessandro Vannucci), di guardare alla pittura di quegli anni: gli Impressionisti per esempio sono stati una fonte inesauribile per il racconto della quotidianità, dai colori dei costumi agli arredi, fino al realismo con cui ritraggono i capelli, che invece nelle fotografie sono sempre rigidamente acconciati. Altre fonti preziosissime sono state i dipinti dei Preraffaelliti: per quanto i soggetti fossero spesso di fantasia, le acconciature e i colori ci raccontano bene a cosa doveva somigliare quel mondo di rivoluzionari cui appartenevano Eleanor, la sua famiglia e i suoi amici. Dal modo in cui la vera Eleanor Marx portava i capelli anche nelle foto, infatti, ai vestiti che indossava o all'assenza di gioielli e fronzoli, è evidente che il suo abbigliamento e quello delle persone che frequentava erano di una semplicità trasgressiva, nella vita di ogni giorno sicuramente ancor più che nelle fotografie a cui abbiamo accesso oggi.

La musica è stata sostanziale per l'individuazione del tono del film. Come già in precedenza, ho fatto le mie scelte musicali in fase di scrittura, scegliendo per alcune situazioni di usare la musica dei Downtown Boys, un gruppo punk rock americano contemporaneo che si definisce "comunista" (un loro album si intitola proprio Full Communism): ho pensato che la trasgressività di questa band avrebbe aiutato a potenziare le immagini astraendole dal tempo dell'ambientazione e avrebbe portato all'occorrenza anche un distacco ironico dalle vicende più drammatiche. I Downtown Boys hanno arrangiato per il film anche una loro versione de L'Internazionale in francese. Ho inserito anche brani di musica classica, prevalentemente Chopin ma anche Liszt, che servivano da commento romantico ma anche ironico delle vicende sentimentali, rifatti dai Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo, il gruppo con cui lavoro fin dai tempi di Cosmonauta. Come sempre accade con le persone reali, i personaggi che non sono stati inventati, ma che hanno vissuto davvero, non sono mai coerenti come i personaggi di finzione. Ai miei occhi Eleanor impersona la contraddizione tra ragione e sentimento, anima e corpo, emozioni e controllo, romanticismo e positivismo, femminilità e mascolinità. Le sue contraddizioni sono le stesse della vita vera e, come tali, non possono che restare irrisolte e irrisolvibili. Con il film, in ogni suo aspetto, ho cercato di mettere in scena proprio queste contraddizioni».

In sala dal 17 settembre per 01 Distribution.

Miss Marx (2020): Trailer ufficiale

 

SUN CHILDREN

Sinossi: Il dodicenne Ali e i tre amici insieme cercano di sopravvivere e sostenere le loro famiglie, tra lavoretti in un garage e piccoli crimini per trovare in fretta del denaro. In un colpo di scena che ha del miracoloso, ad Ali viene affidato il compito di ritrovare un tesoro nascosto sottoterra. Ali chiede aiuto alla sua banda, ma per poter avere accesso al tunnel è necessario iscriversi alla Scuola del Sole: un’associazione di beneficenza che cerca di educare bambini che vivono in strada o sono costretti a lavorare, la cui sede è vicina al luogo in cui si trova il tesoro.

EXCL. Tre domande al regista Majid Majidi

1. Il mondo dei bambini è sempre stato al centro dei suoi lavori. Perché lo trova così d'ispirazione?

Sono stato affascinato dal sorprendente universo dell'infanzia: è inconfutabilmente sincero e accattivante. Non si tratta di un mezzo per attirarsi i favori del pubblico: sono semplicemente attratto dalla passione, dall'originalità, dall'immaginazione e dalla libertà che i bambini e i ragazzi hanno nel vivere la loro quotidianità e le loro avventure. Sono in grado di vedere ciò che gli adulti non notano nemmeno più e di dimostrare un coraggio che i grandi hanno dimenticato. Non mi stancherò mai di filmarli e di divertirmi con loro sul set. La loro sensibilità e delicatezza nei legami interpersonali mi portano a rispettarli più di chiunque altro. Spesso, si ottiene molto dai bambini quando si chiede loro di far cose che gli stanno a cuore.

2. Come ha trovato gli attori protagonisti, in particolare Rouhollah (Ali nel film) e Shamila (Zahra)?

Per tutti i miei film, il casting è la parte che richiede più tempo: è un processo difficile, lungo e complicato. Eliminare degli aspiranti attori è sempre doloroso e mi lacera il cuore. Occorrono tatto ed empatia, soprattutto per non distruggere i sogni dei più piccoli. Si tratta di una grossa responsabilità. Per questo film, ho tenuto circa 3 mila provini in quattro mesi prima di trovare gli attori giusti. Alcuni di loro sono veri bambini di strada, come nel caso di Shamila e di suo fratello Aboulfazl: sono immigranti afghani sia in scena sia nella vita reale. Come loro, anche Rouhollah è alla sua prima prova da attore: genuino, è dotato di un'energia che lo spinge a recitare con determinazione, desiderio e intensità. Sin da subito, si è rivelato il protagonista perfetto.

3. Il suo film è dedicato ai ragazzi di strada. Quale messaggio desidera che arrivi al pubblico?

Come si dice all'inizio del film, secondo le statistiche nel mondo ci sono 250 milioni di bambini nel mondo del qiauli 152 milioni costretti a lavorare in condizioni estreme e pericolose. Si tratta di un numero che può decrescere solo con l'intervento delle istituzioni e delle numerose associazioni che operano in oltre 190 nazioni. Rimane però un numero troppo alto. Dobbiamo imparare a considerare questi bambini come nostri figli e capire che se finiscono nelle mani sbagliate siamo tutti noi a soffrirne. I bambini non devono essere privati del dono dell'infanzia e non devono crescere in fretta. Occorre proteggerli e tutelare la loro dignità. Mi auguro che il mio lavoro serva anche a questo.

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Sun Children (2020): scena

 

Proiezioni odierne: fuori concorso

MANDIBLES

Commento del regista Quentin Dupieux: «Finito di montare Deerskin, mi sono reso conto che tutti i miei film sono commedie segnate dalla morte. I miei lavori saranno sempre permeati dalle stesse ossessioni. La stessa "firma", lo stesso humour. Sin dall'inizio, sentivo che stavo scavando un solco interamente mio: realtà deformate, rapporti umani infinitamente contorti, ritratti surrealisti della società, fantasie profonde e infantili... Con Mandibles, che si inserisce perfettamente in questo solco, abbandono per sempre la morte per concentrarmi sulla vita. Mandibles è soprattutto una commedia sincera e genuina sull'amicizia. Grazie alla presenza di una mosca gigantesca nel cuore della storia, è anche un film fantastico».

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Mandibles (2020): scena

 

 

FIORI, FIORI, FIORI!

Commento del regista Luca Guadagnino: «Obbligato dall'inerzia dettata dal lockdown, ho cominciato a ripensare profondamente ai luoghi della mia formazione, alla mia Sicilia, fino a cercare di trovare nel paesaggio mutante della primavera il significato delle mie radici e il senso del mio presente».

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Fiori, fiori, fiori (2020): scena

 

 

SALVATORE - SHOEMAKER OF DREAMS

Commento del regista Luca Guadagnino: «Il mistero e il fascino di una figura importante, articolata e complessa come quella di Salvatore Ferragamo ha portato a raccontare una storia umana, artistica e imprenditoriale da diversi punti di vista. Molte persone considerano la sua vita come qualcosa di meraviglioso: per alcuni un miracolo, per altri una fiaba. In realtà, anche se straordinaria, la vita di Ferragamo ha poco a che fare con la fortuna o il caso. È piuttosto il risultato dell’incontro di molti elementi diversi: carattere, determinazione, istinto, genio, inventiva, curiosità e, ultimo ma non meno importante, la sua incredibile intuizione. Cos'è il genio? Come nasce un sistema, che sia il cinema o la moda? E l’ossessione furiosa di una ricerca costante di idee e di creazione come si sposa con la tradizione e i valori della famiglia? Salvatore Ferragamo (1898-1960), protagonista e testimone del ventesimo secolo, è la risposta a queste domande».

Prossimamente in sala per LuckyRed.

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Salvatore - Shoemaker of Dreams (2020): scena

Proiezioni odierne: Orizzonti

THE THIRD WAR

Commento del regista Giovanni Aloi: «Alcuni anni fa, la Francia ha “dichiarato guerra” al terrorismo. Dopo l’instaurazione dello stato di emergenza, ci siamo abituati a vedere nelle strade delle nostre città pattuglie di soldati con i mitra imbracciati, come si vedono nelle nazioni in guerra. Dire che ci siamo abituati è una bugia. Io non mi ci sono abituato. The Third War è la guerra che forse stiamo già combattendo a nostra insaputa. Un tipo nuovo di guerra, non piu? di posizione, ma di potere. Una guerra che forse non è più quella che conosciamo, bensì una fantasia di guerra. La tensione del film deriva da questa consapevolezza: nessuno sa come effettivamente sia una guerra. Tutti abbiamo visto immagini di guerra, ma qual è la “vera” immagine della guerra?»

Prossimamente in sala per I Wonders Pictures.

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The Third War (2020): scena

 

ZANKA CONTACT

Commento del regista Ismaël el Iraki: «Nella mia mente, Zanka Contact non è un film, ma un incendio incontrollato. Il desiderio di fare questo film mi ha consumato come una fiamma che divora tutto al suo passaggio. Tutto ciò che amo: le rock band marocchine degli anni Settanta, i western italiani, gli anelli d’argento a forma di teschio, le donne dal carattere forte, il sogno di musica live in Cinemascope 35mm e la poesia della strada nello slang di Casablanca. Il fuoco si è nutrito anche di tutto quello che mi fa paura, mescolando ogni cosa in un cocktail fiammeggiante, agitato da un racconto squinternato. Per me, l'emozione è l'unica realtà. Da regista africano, rivendico il diritto alla finzione, all'immaginazione, a un territorio di rado occupato da film girati nella mia terra. Il cinema non è l'argomento, né la storia. È un incantesimo di cui diventiamo prigionieri: significa credere nella magia. Questa, per me, è la linea politica di Zanka Contact: rivendicare un ruolo in questo sogno condiviso, non per l'argomento, ma per la sua magia».

scena

Zanka Contact (2020): scena

Proiezioni odierne: Giornate degli Autori

JAMES

Commento del regista Andrea Della Monica: «Quando ho detto a James che avrei fatto un film su di lui, mi ha risposto: "tieni presente che non sono mica morto!" L'ho fatto. Il film non è un'agiografia, né un tentativo di assicurare a James un posto nel firmamento della musica. È piuttosto la fotografia di qualcosa di vivo, a cui ho scelto di mantenermi più vicino possibile. Nella ricerca di ciò che ha influenzato e reso unica la sua musica, ho lasciato parte del contesto ai libri di storia. Se si ritrova Napoli nel film, lo si fa attraverso ciò che James stesso chiama ‘o sentimento. Ho cercato di coglierne un barlume e ora non vedo l'ora di condividerlo con il pubblico».

James Senese

James (2020): James Senese

 

MAMA

Commento della regista Li Dongmei: «Mia madre è morta il 29 agosto 1992 quando avevo dodici anni. Ventisette anni dopo, la mia memoria è tornata su quei momenti legati alla sua scomparsa e alla vita quotidiana nel villaggio. Attorno a quel lutto, mi sono tornati in mente una serie di eventi accaduti in una settimana, su cui scrivere. Io e la mia terza sorella eravamo appena tornate da scuola quando vedemmo il corpo di nostra madre disteso su una stuoia in un angolo della stanza principale. Ci inginocchiammo e iniziammo a piangere. Alle estremità degli occhi c'erano ancora le lacrime nonostante l'ospedale ne avesse dichiarato il decesso da ore. In ogni caso, non volevo credere che la madre che avevo visto solo cinque giorni prima ora fosse morta. E dopo tutti questi anni, mi sembra ancora irreale. [...] Ho usato il film per riconciliarmi con quella ragazza di 12 anni e con mia madre che non ho potuto salutare. Mi sono vista terrorizzata e indifesa mentre affrontavo la morte di mia madre. Ho visto mia nonna costretta ad affrontare il dolore della perdita di sua figlia. Ho visto mio padre pieno di sensi di colpa, in ginocchio davanti alla tomba che piangeva, ma ancora lamentandosi con il destino ingrato che non gli aveva dato un figlio. Il film racconta la memoria di quell'estate. Ho cercato di rappresentare quei ricordi nel modo più semplice e conciso. Emozioni e sentimenti sono contenuti proprio come un disegno senza alcuna manipolazione o rendering. Come le persone che ho conosciuto, i personaggi del mio film mangiano, camminano e dormono ogni giorno e poi improvvisamente affrontano quella linea sottile tra la nascita e la morte».

scena

Mama (2020): scena

 

 

SAMP

Commento dei registi Flavia Mastrella e Antonio Rezza: «Samp è un film con l'andatura del viaggio e la dinamica della performance, è girato in Puglia, terra densa di tradizioni arcaiche, messapiche e greche mescolate a una modernità inflitta con la violenza dal potere economico. La passione compulsiva affiora quando non c'è possibilità di metabolizzare i motivi di un cambiamento. Samp è una metafora dello sgretolamento culturale senza prospettiva che da sempre attraversiamo, un film on the road che frantuma la sceneggiatura, coglie al volo le location e gli attori. Le riprese sono iniziate diciannove anni fa e terminate nel 2020, i personaggi invecchiano con gli autori, la vivacità delle immagini è castigata nel fotogramma che palpita sullo schermo».

Antonio Rezza

Samp (2020): Antonio Rezza

Proiezioni odierne: Settimana della critica

NON ODIARE

La parola al regista Mauro Mancini

«In Italia, nel novembre 2019, alla senatrice a vita Liliana Segre - 89 anni, reduce dei campi di concentramento, sopravvissuta allo sterminio nazista - a 74 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale - viene assegnata una scorta a seguito delle numerose minacce ricevute. Questa è solo una delle ultime, gravi, notizie di una lunghissima lista che purtroppo è destinata ad allungarsi sempre di più, non solo in Italia. Solo per citarne un'altra, in Francia a dicembre dello stesso anno, il ministro Castaner annuncia la creazione di un "ufficio nazionale di lotta contro l'odio". La decisione è stata presa dopo che in Alsazia sono state vandalizzate oltre cento tombe con delle svastiche. Ci troviamo di fronte a un'escalation di eventi e proclami allarmante, inquietante, pericolosa. Non è vero che la storia si ripete - le condizioni non sono mai identiche - ciò che si ripete è l'esperienza del male e dell'odio. E a questi semi nocivi basta un po' di vuoto per germogliare. Un vuoto di significato, di comunicazione, di memoria.

Non odiare parla del fatto che l'odio produce onde che si protraggono nel tempo, lente, ma sempre implacabili e violente. Onde che investono inevitabilmente tutti, anche individui che nulla hanno a che fare con quel male originario e che ne hanno letto solo nei libri di storia. Un seme del male talmente profondo che ne basta la sola evocazione per attraversare il tempo e contagiare anche individui comuni, miti e onesti. E farli diventare, a loro volta, una sorta di nuovi carnefici. Proprio come succede a Simone Segre, medico di origine ebraica, un individuo che nel passato, durante l'Olocausto, sarebbe appartenuto alla categoria delle vittime, a chi ha dovuto subire il male. Simone, a causa di quel male, molti anni più tardi, finisce per diventare in qualche modo un carnefice a sua volta. Ribaltando tragicamente i ruoli e trasformando in vittime proprio un neonazista e i suoi figli.

Non odiare racconta cosa comporta l'eredità del male e il conseguente tentativo di riparare ai propri errori, spezzare la catena dell'odio che rischia di ridurre le nostre identità al ruolo di pedine, senza altra via d'uscita. II cognome Segre, omonimo della senatrice a vita, è una coincidenza assoluta, imprevedibile, e al contempo rivelatoria del fatto che l'odio si nutre di pregiudizi ormai riconoscibili. Proprio per questo ci turba e sgomenta vedere che invece si perpetuano ancora oggi, nel Ventunesimo secolo».

In sala dal 10 settembre per Notorious Pictures.

Non odiare (2020): Trailer ufficiale

 

WHERE THE LEAVES FALL

Commento del regista Xin Alessandro Zheng: «L'idea del film è nata da due esigenze: da una parte il voler riscoprire le radici della mia famiglia rappresentandola in un cortometraggio, dall’altra la voglia di raccontare lo spaccato identitario di un giovane italo-cinese che convive con una cultura che, crescendo, sente sempre meno sua. Il tutto è nato durante l'estate del 2019, quando tornai nella piccola città dei miei nonni, Wencheng, dopo molti anni. Nonostante l'enorme cambiamento della città e gli innumerevoli cantieri ancora in corso, il quartiere dei miei nonni era rimasto identico a come lo ricordavo: dalla mancanza di internet ai materassi duri come il marmo, fino ad arrivare al vecchio tubo catodico a otto canali che trasmetteva gli stessi cartoni animati di dieci anni prima. Per la prima volta in vita mia ho provato veramente nostalgia e da questa emozione è nato in me il desiderio di immortalare quel luogo in un film, spaventato dall'idea che quella potesse essere l’ultima volta che avrei rivisto quella città come la ricordavo».

scena

Where the Leaves Fall (2020): scena

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RECENSIONI

Quo vadis, Aida: Recensione di AlanSmithee

Apples: Recensione di Obyone

The Disciple: Recensione di AlanSmithee // Recensione di PortCros // Recensione di EightAndHalf

iSola: Recensione di Spaggy

PadreNostro: Recensione di EightAndHalf // Recensione di AlanSmithee

Bad Roads: Recensione di EightAndHalf

The Duke: Recensione di AlanSmithee

Mainstream: Recensione di PortCros

Night of Paradise: Recensione di AlanSmithee

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Numeri precedenti

Venezia 2020: Giorno 0

Venezia 2020: Giorno 1

Venezia 2020: Giorno 2

Venezia 2020: Giorno 3

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4. Continua

 

 

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